La Crotone di Sculco tra ‘Bulli&Pupe’ del PD calabrese

25 settembre 2016, 13:54 Il Fatto
Vincenzo Sculco

Ad ormai quasi cinque mesi dalle elezioni amministrative che hanno consegnato la città di Crotone nella mani dell’alleanza ‘dinastico-familista’ capeggiata da Enzo Sculco è giunto il momento di effettuare un primo tagliando critico sui principali passaggi politici effettuati, in nome e per conto di una maggioranza in Consiglio Comunale che sembra essere, ma solo apparentemente, talmente granitica e variegata da aver ingoiato e digerito persino uno spezzone intero e consistente del Partito Democratico, annientando di fatto quel che restava di una folla di perdenti che, dopo aver dilapidato un giacimento elettorale storico, hanno lasciato la loro Federazione allo sbando e alla mercé del commissariamento regionale.


Per chi avesse pensato che la tela di Sculco fosse identica a quella di Penelope non c'è comunque da ricredersi. Perché l’arte in cui l’ex democristiano, ex Popolare, ex Margherita ed ex Pd, da sempre impareggiabile cultore, è quella di restare costantemente al centro della scena politica, senza mai farsi scalzare dalla ghiotta postazione, anche se siglando alleanze ad assetto variabile.

Si tratta a guardar bene di una versione casereccia, etnica che dir si voglia, insomma una sottospecie dell’antichissima e criticatissima 'politica dei due forni', espressione coniata da Giulio Andreotti, a proposito della centralità della Dc, artefice dell'idea che in quel momento il suo partito, per acquistare il pane (cioè fare la politica più congeniale ai propri interessi alleandosi con altre forze), dovesse servirsi di uno dei due forni che aveva a disposizione, a seconda delle opportunità: il forno di sinistra (socialisti), il forno di destra (liberali, eventualmente anche i missini).

Così, messo in archivio il patto che nel 2010 Enzo Sculco sottoscrisse di suo pugno, con l’allora candidato e poi Presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, in quanto gli appariva urgente "intraprendere un dialogo e un confronto proteso a conseguire sostegno e condivisione al successo della coalizione dello stesso Scopelliti per avviare in Calabria un nuovo, vitale e più efficace ciclo politico, istituzionale e sociale nei sistemi territoriali provinciali”, oggi ci ritroviamo davanti a un identico Sculco che, senza pagare nessuna spesa legale per la pratica di divorzio dal ‘centro-destra’, che è stata non una ‘fujitina’ ma un’intensissima ‘love story’ vissuta negli appartamenti dell’Assessorato Regionale all’Ambiente, insieme al suo fidato assessore Franco Pugliano e al capo della sua segreteria politica, adesso presidente del Consiglio Comunale, l’amico Serafino Mauro, si è di nuovo messo in testa di 'ammogliarsi', andando a scegliere la promessa tra ‘Bulli&Pupe’ del Partito Democratico Calabrese.

Convinti come siamo che l’amore è sempre un sentimento altissimo e legittimo, auguriamo a Sculco di convolare al più presto a giuste nozze. All’anagrafe della politica, essendo il capo fondatore di un piccolo movimento localista, in questo momento, egli risulta celibe, politicamente un ‘single' che è alla ricerca di una bella bandiera, un nuovo partito nazionale, mettiamo il Pd, dove si trovano tanti suoi amici dall’ex senatore Covello all’ex europarlamentare Mario Pirillo, ecc., in cui far confluire questa sua riluttante condizione di ‘separato in casa’.

Solo su un punto resta qualche dubbio e qualche dovuta preoccupazione. Per l’ennesima volta, come avvenne ai tempi della partitocrazia sia di sinistra, di destra e di centro, Crotone rischia di essere una mera 'merce di scambio' tra affari locali e politica regionale.

In una Regione Calabria in cui la crisi economica è sempre più forte, dove non ci sono più vacche grasse da mungere, Crotone con le sue numerose opportunità, potrebbe essere una dote molto appetibile nelle strategie politico-affaristiche, una buona 'schetta' pronta a farsi impalmare dal primo 'Duonnu Pantu'.

Tutto ovvio, normale, già visto. Ognuno sposi chi vuole ma non si metta mano alla dote collettiva, non si faccia ‘promessa’ di unione civile con in mezzo il patrimonio pubblico, non si ‘pari il letto’ con il bene comune. Ce ne va di mezzo l’avvenire di tutti, non solo l’avidità dei soliti ricchi, arroganti, politicanti e potenti.