La Casa di Dorotea nel Canyon Rio Sass

PATRIZIA MUZZI | Scrittrice
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Ci sono gite, viaggi, vacanze che studi per settimane e poi ci sono avventure che ti capitano per caso e ti lasciano un segno indelebile nel cuore. A Tret, in alta Val di Non, si trova un incantevole albergo gestito da Dorotea, una donna instancabile che giorno per giorno si reinventa un modo per attirare turisti nel suo piccolissimo paese. L’accoglienza che ci dimostra, infatti, è perfetta: le camere sono profumate e linde, il cibo è ottimo e abbondante, la vista dai balconi fioriti è mozzafiato. Immersi nel silenzio totale si apprezzano il cinguettìo delle innumerevoli specie di passeriformi e il latrato di qualche cane. Pare che qui si trovino orsi, lupi e perfino gli yak. Le storie sugli orsi si sprecano e gli abitanti sono divisi tra chi li ama e chi li teme a tal punto da avvelenarli. Il giorno seguente al nostro arrivo mi sono recata a Fondo, paese limitrofo a Tret, dove da diversi anni la principale attrazione turistica è diventata il Canyon Rio Sass. Negli anni trenta il comune di Fondo rese percorribile il burrone presente nel paese che venne poi sbarrato dando vita al Lago Smeraldo. Furono restaurati i mulini e alcuni edifici che si trovavano lungo questo percorso molto amato dai paesani e dai turisti ma l’idea del geologo Armando Chini, ovvero rendere accessibile a chiunque il canyon che un tempo era esclusiva solo degli speleologi, è risultata quella vincente. L’ingresso al Canyon Rio Sass è possibile esclusivamente prenotando una guida, e ne vale davvero la pena.


L’appuntamento è nella piazzetta di Fondo dove conosciamo subito Lorenzo Abram, colui che ci accompagnerà tra le pareti di roccia: un personaggio che sembra uscito da Lo Hobbit di Tolkien.


Il percorso parte da uno degli antichi mulini restaurati ancora in funzione e visitabile anche al suo interno. Indossati lunghi k-way gialli e caschetti protettivi, varchiamo la soglia di alcune abitazioni. Il tempo si ferma. Inizia così il nostro rapidissimo viaggio a ritroso. Salutato uno scoiattolo a cui abbiamo interrotto il riposo torniamo indietro di 110 milioni di anni, anno più anno meno. A parte la voce di Lorenzo che scompare passo dopo passo davanti a me, l’unico rumore udibile è quello dell’acqua vorticosa del torrente che scorre veloce sotto i miei piedi. La luce accecante ora si riduce e filtra dall’alto sempre più debole dipingendo scenari fiabeschi. Il tempo scorre ancora all’indietro e ora siamo intorno ai 220 milioni di anni: dalla roccia che assume forme antropomorfe spuntano i denti di un gigante di pietra o forse si tratta di fossili denominati Megalodon gümbeli, chi lo sa…


Camminiamo lungo questo sentiero sospeso tra acqua e cielo opera dell’ingegnere Pierpaolo Turri e di eccezionali operai scalatori. L’aria diventa più umida, il freddo aumenta, i pollini e le foglie interrompono per un istante il percorso dei pochi raggi di sole rimasti dondolandosi lenti sopra le nostre teste. Scendiamo nella gola del canyon e Lorenzo ci mostra con la torcia i massi erratici levigati dal tempo che ricordano ippopotami e armadilli. La fantasia si scatena quando passi tante ore tra le gole buie di dolomia. Come tanti ex voto, scopriamo altri fossili lamellibranchi a forma di cuore: le Cardite, testimonianza di un antichissimo ambiente marino costiero. L’edera piove dal bosco su di noi creando collane di perle. Il muschio e le felci tappezzano la roccia. Su alcuni tratti le Rhodophyte dipingono di rosso le pareti dove i ghiri hanno lasciato i gusci delle noci. Il Canyon si riapre e giungiamo nel bosco pieno di aceri, campanule e gerani selvatici. L’acqua è cristallina e si possono vedere le trote inseguire le proprie prede mentre alcuni rospi si precipitano lontano da noi.


Durante il percorso inverso faccio amicizia con Lorenzo. Mi regala un po’ della sua storia che a sessant’anni è fatta di tanti ricordi: di amori perduti e ritrovati, di ghiaccio, di acqua, di roccia, di impegno politico e di arte perché dipinge. Alcune delle sue opere adornano i muri delle case di Fondo. ‘Hai presente gli animali che si annusano e poi capiscono se andranno d’accordo o meno?’ gli domando. ‘Noi siamo animali’ mi risponde sorridente. Ha ragione: annusati piaciuti. Usciamo dal viaggio nel tempo e ci salutiamo con la promessa di rivederci.


Che bella avventura!