MIRANDOLA IL PAESE DOVE PICO HA PERSO L’INDUSTRIA

MILVA CAVAZZA
CAMBIO QUOTIDIANO SOCIAL ONLINE


Oggi il mio lavoro temporaneo mi ha portato a ritrovare la Z.A.I. Zona Artigianale Industriale del mio paese, e una volta terminato il mio dovere, non ho potuto frenare la mia curiosità, e con grande nostalgia ho girato tutta l'area, per rivedere le numerose aziende di cui ero fornitore, per oltre venticinque anni, il mio vecchio lavoro. Ecco, se non avete voglia di pensare fermatevi qui, subito, basta la fotografia. Ovunque vedo aziende medio-piccole, ma anche molto importanti, totalmente abbandonate, l'erba alta del giardino prospiciente alta quanto me, l'immagine può aiutarvi a capire lo stato in cui l'economia locale versa, da oltre quattro anni.. molti sono gli insediamenti restaurati, dopo il sisma, e messi purtroppo in vendita, o addirittura sull'area rimasta vuota, dopo la demolizione degli immobili danneggiati, campeggiano numeri di cellulare e di immobiliari che propongono la vendita del terreno.


Quattro anni fa, nonostante la crisi che già da molti anni attanagliava la nostra regione, su quel terreno c'erano rose, erba tagliata di fresco, siepi curate e un senso di accoglienza che ben disponeva il mio spirito, mentre premevo il campanello aziendale per incontrare i miei clienti.

Adesso il vuoto.

I parcheggi abbandonati.

Le aiuole interaziendali nel più totale degrado, lo stato di abbandono si percepisce ovunque, tutti intorno.


Io non guardo le dieci aziende rinate, più belle e più forti di prima, come ha sempre sostenuto il nostro governatore, quelle per intenderci di chi le assicurazioni milionarie le aveva stipulate antesisma, o quelle i cui proprietari sono anche casualmente presidenti delle varie associazioni di categoria.


I miei occhi guardano impietriti le medie e piccole aziende, che nel sacrificio collettivo avevano stretto i denti e limato i costi per restare "competitivi" sul mercato, prima dei crolli, per poi collassare, anzi, da un collasso ci si ripiglia, per morire. Cosa ne è stato di questa fitta rete, che ho sempre considerato inossidabile, perché vedevo nello sguardo dei titolari la determinazione a difendere le loro attività oltre ogni sforzo e sacrificio, dove sono adesso tutte queste persone, e dove sono finiti i dipendenti di queste laboriose attività? Che fine hanno fatto? Che ne è stato di tutti loro?


Mi viene da piangere,
Perché mi rendo conto che dopo tanto dolore si è spenta la speranza di vivere una vita dignitosa.
Erano persone,
Sono persone,
O fantasmi.
Qualcuno di questi ancora lo incrocio, ci si scambia uno sguardo frettoloso di intesa, e si evita di porre la domanda troppo scomoda e indelicata.
Ci si sorride e si guarda avanti, ciascuno sulla propria rotaia deragliata.
Ma non dite, vi prego, che va tutto bene.
Non fatevi uccidere la dignità.


Ribellatevi.