PASOLINI DA BOLOGNA A CUTRO. Viaggio nel paese del boss Grande Aracri senza accorgersi che c’era la ‘ndrangheta

di VITO BARRESI
Cambio Quotidiano Online
Social Change Daily Online


L’Italia disse, un giorno qualche anno fa, il ministro dell’argine ferrarese Dario Franceschini, ha il dovere di ricordare Pasolini e di trasmettere l’attualità del suo messaggio di ricerca e di denuncia. Profferì tanto bene nell’occasione della costituzione della commissione tecnico-scientifica con il compito di promuovere le iniziative culturali per le celebrazioni del quarantennale della scomparsa, che non si dovrebbe neanche un poco dimenticare ne obliare anche quel giorno in cui il celebre ma ancora controverso poeta, letterato, cineasta, giornalista Pier Paolo Pasolini andò, niente poco di meno che, proprio a Cutro, allora piccolo borgo del latifondo calabrese in provincia di Catanzaro e poi di Crotone. Un comune citato a proposito, e talvolta purtroppo anche a sproposito, nel corso del processo summa contro la ‘Ndrangheta al Nord, divulgativamente conosciuto per i media e la stampa con il titolo ‘Aemilia’, da mesi entrato in dibattimento a Bologna. Lo stesso paese, non solo dei banditi letterariamente descritti dallo scrittore bolognese, ma più odiernamente patria e luogo identitario del boss dei boss Nicolino Grande Aracri, altrimenti noto col nomignolo ‘mano di gomma’, costantemente al centro della teatralizzazione giudiziaria nordista. Come è capitato all’attuale vicepresidente del Consiglio Del Rio che, forse repentinamente obnubilato dalle virtù taumaturgiche del bellissimo Crocifisso ligneo che si venera in terra cutrese ogni maggio, non vide il resto del brullo paesaggio socio antropologico locale, anche i membri dell’insigne commissione ministeriale, che si auspica per l’alto fine non equipaggiata dei soliti dobloni versati a seduta, composta da blasonati e fini intellettuali quali Dacia Mariani, Walter Veltroni, Lidia Ravera, Emanuele Trevi, Fabrizio Giffuni, non abbiano a cadere nella svista o se si vuole nella rimozione forzata, evitando di rileggere e indagare, pur dunque asciugare, quelle pagine del Pasolini scritte a margine, d’impulso e poi di riflessione, su Paese Sera, quotidiano di Roma, quandò andò inviato di Successo nel paese dove vivessero gli avi e forse in quegli anni anche l'imberbe Grande Aracri, senza accorgersi che invece di entrare nel mondo delle fate e delle fiabe a lui raccontate e sussurrate da Ninetto Davoli ed Enzo Siciliano, stava invece culturalmente attraversando, e materialmente calpestando, il campo minato dove all’epoca erano in piena disputa non il palio da creta senese ma le macabre quanto leggendarie per la malavita, faide storiche tra le ‘ndrine di quell’angolo del Sud, le guerre di mafia e le vendette armate tra clan familistici e gruppi di criminali in piena ascesa per via del contrabbando e della politica democristiana, e che si cimentavano nel tiro al bersaglio sia ai simboli dello stato che a quelli umani della comunità. Un Pasolini tanto più da rivisitare e comprendere da questo versante meridiano, alla luce dei deflagranti eventi e mutamenti della criminalità organizzata cutrese e calabrese, forse fin troppo prigioniero di un strano quanto ambiguizzante pregiudizio ideologico che lo indusse nell’errore di analisi e nello sbaglio di valutazione a tal punto che invece di descrivere forme, modi e luoghi delle formazioni ‘ndranghetistiche, confuse i picciotti di giornata e i loro sergio capi travisandoli per banditi, nel mentre i cattivi maestri che fecero scuola e dettero esempio al giovane Nicolino e ad altri capi bastone del territorio, si videro liricizzati, fino a rendere le loro nefaste azioni in sembianze cinematografiche che con pistole e wincester irrompevano sparando all’impazzata nella augusta letteratura italiana contemporanea. All’insegna non degli spaghetti ma dei più nostrani ‘cavatelli’.



Ma quando Pasolini arrivò a Cutro, il paese del capo 'ndrangheta Nicola Grande Aracri, perchè invece di parlare delle 'ndrine disse solo che c'erano i banditi? Come mai il mostro sacro della sinistra intellettuale italiana non riuscì a comprendere i termini veri della questione criminale nazionale perdendo una buona occasione per denunciare misfatti e distorsione generati dalla malavita?

A Bologna, dove di celebrazioni se ne intendono almeno tanto quanto il ministro della Cultura Dario Franceschini, dove si è appena concluso un lungo ‘viaggio alla scoperta creativa di uno dei più importanti intellettuali del Novecento, con un progetto speciale dedicato alla sua opera di poeta, narratore, saggista, cineasta e drammaturgo' per onor del vero nessuno si è accorto che pure ci stava, e come se tutto si tiene, quella ‘terribile’ e altrimenti ‘indicibile’ connessione tra Pier Paolo Pasolini, strano gioco a sei e più gradi di separazione, tra il ‘più moderno di ogni moderno’ e il paese nativo, brodo primordiale della formazione giovanile di un esemplare eccellente di capo criminale, il disprezzato e abbietto boss della ‘ndrangheta, in questi stessi mesi alla sbarra nell’aula bunker della Fiera, l’accusato numero uno nel processo ‘Aemila’, Nicolino Grande Aracri.

Eppure di tutto si è esposto, discettato, visitato e guidato, compaginando in modo innovativo la mappa cognitiva dell’opera magna di Pasolini, tranne che di quell’articolo in cui il bolognese illustre cadde apertamente nella trappola della confusione di genere, sovrapponendo (in verità seguendo un classico scritto di Erich Hobsbawam proprio sulla questione del crimine in Calabria ove l’irraggiungibile storico inglese parlò del connubio tra il glorioso PCI togliattiano, amendoliano, napolitaniano ecc. e l’Onorata Società di un tempo) alla cruda realtà della ‘ndrangheta locale quella molto ma molto più addomesticata e blanda del banditismo nemmeno di tipo sardo, per dipingerlo alla De Seta, con una sorta di revival cinematografico delle grandi pagine western di Sergio Leone.

Cosa scrisse di preciso Pasolini quando più volte si recò in quel di Cutro anche per girare ampie scene di Vangelo Secondo Matteo è presto qui riassunto, non per polemica quanto per punto di vista critico.

E cioè per meglio capire oggi come smaccatamente Pasolini non vide il germe della mala pianta e non aiutò, anzi al contrario, negandone visuale e aspetti del dettaglio, impedì la comprensione anche intuitiva di un pericolo che altrove tra Roma, Bologna, Milano e Torino nell’Italia del boom e dello sviluppo economico dualista, considerarono inesistente.

Oggi, invece, comparando testo a fronte quel paese che già Carlo Betocchi aveva così ben narrato, con il dato di fatto che proprio lì nasce, cresce e si ramifica il potere del clan di Grande Aracri, tutto questa vicenda potrebbe gettare nuova e diversa luce sulle cause e la genetica territoriale di un fenomeno che si è espanso in scala geografica nazionale, mettendo in evidenza quanto grave già fosse in fasce una sottovalutata minaccia della criminalità organizzata.

Purtroppo per lunghi decenni lasciata libera come i banditi dei film westerns a galloppare nelle praterie della violenza, dei traffici illeciti, della compromissione con la politica anche di sinistra. Tra patti scellerati e oscuri intrighi con apparati dello Stato e pezzi di sistema politico che ancora oggi sconcertano e fanno paura.


THE JOURNEY OF PASOLINI IN THE COUNTRY OF THE BOSS OF 'NDRANGHETA - Italy said, one day a few years ago, the minister Ferrara embankment Dario Franceschini, has a duty to remember Pasolini and transmit the relevance of its search message and of denunciation. He uttered so well on the occasion of the establishment of technical-scientific commission with the task of promoting cultural initiatives for the celebration of the fortieth anniversary of the disappearance, that you should forget about it even a little even obliterate the day when the famous but controversial poet , writer, filmmaker, journalist Pier Paolo Pasolini went to none other than that just in Cutro, then small village of large estates in the Calabrian province of Catanzaro and then Crotone, a town mentioned by the way, and sometimes unfortunately also in error, during summa process against the 'Ndrangheta in the North, divulgativamente known to the media and the press under the title' Aemilia 'for months entered in court in Bologna, the same country not only of literary bandits described from Friuli but more odiernamente identity of the boss of the home Big boss Nicolino Aracri otherwise known as 'rubber hand', constantly at the center of judicial dramatization. As has happened to the current vice president of the Del Rio Council, perhaps suddenly it clouded by the miraculous virtues of the beautiful wooden crucifix which is venerated on earth cutrese every May, did not see the rest of the bleak local socio anthropological landscape even members of the illustrious ministerial commission it is hoped that at the high end of the usual not equipped doubloons paid per session, composed of noble purposes and intellectuals such as Dacia Mariani, Walter Veltroni, Lidia Ravera, Emanuele Trevi, Fabrizio Giffuni, do not have to fall into the mistake or if you want to forced removal by not re-read and investigate, even then, to dry, those pgine of Pasolini written impulsively margin, and reflection on Paese Sera newspaper in Rome, when he went sent to Success in the land where their ancestors lived and maybe even the same Great young Aracri, without realizing that instead of entering the world of fairies and fairy tales told to him and whispered to Ninetto Davoli and Enzo Siciliano, was rather culturally through, and materially treading the minefield where at that time were in full dispute the prize by the Sienese clay but macramé as legendary for the underworld, historical feuding between the 'ndrine the South that corner, mafia wars and armed revenge familistic between clans and criminal groups on the rise because of smuggling and Democrat policy that competed in shooting both state symbols to those of the human community. A Pasolini especially to revisit and understand in light of the explosive events and changes of organized crime cutrese, perhaps too much a prisoner of a strange how ambiguizzante chje ideological bias led him into the error of analysis and evaluation in the wrong to the point that instead of describe forms, ways and places of the formations' ndranghetistiche, confused picciotti of the day and their leaders sergio travisandoli for bandits, while the bad teachers who made school and gave example to the infant Nicollino and other leaders of the territory stick, they saw liricizzati , to make their nefarious actions in film form than with guns and Winchester stormed firing wildly in augusta contemporary Italian literature, not in the name of the spaghetti but our own 'cavatelli' western. VITO BARRESI Cambio Quotidiano Social


UNA LETTERA SULLA CALABRIA
Di Pier Paolo Pasolini


Caro direttore,
con un pò di ritardo, magari mi vorrei spiegare e sfogare sulle colonne del suo giornale. Ho qui, solo ora, sotto gli occhi dei fogli calabresi di cui mi era stato dato un vago allarme: e su cui sono oggetto di una profonda indignazione. Ho fatto come lo struzzo: non ho voluto saperne di più. Ma adesso quei giornali mi sono capitati fisicamente davanti: e ho dovuto tirar fuori dalla sabbia la testa. Niente di grave né ho passate di ben peggiori, in quest’annata letteraria. Ancora una volta sono stato dichiarato nemico della patria: stavolta perché ho dato dei “banditi” ai calabresi. Veramente, le cose stanno così: ho fatto quest’estate un giro per le spiagge italiane, da Ventimiglia a Trieste, per incarico della rivista Successo, e qui, in tre puntate, ho pubblicato le mie impressioni. Un piccolissimo, stenografato reisebilder: in cui sono andato non oltre la prima cute. Tra le altre spiagge ho visto quelle calabresi: stupende nel versante tirrenico fino a Maratea (e l’ho scritto: stupende); incantate nella parte occidentale dello Jonio (e anche questo l’ho scritto); tremende nella zona di Cutro. Tremende non in quanto spiagge ma in quanto luoghi appartenenti a una fra le più depresse delle aree depresse italiane. Non ho potuto affrontare in una sede come quella di Successo la cosa in termini sociologici, e nemmeno veramente letterari: e così ho un pò scherzato, linguisticamente, come in tutto il resto del mio servizio. Dicendo che la zona di Cutro è quella che mi ha più impressionato in tutto il mio viaggio, ho detto la verità: chiamandola poi zona di “banditi”, ho usato la parola: 1) nel suo etimo; 2) nel significato che essa ha nei film westerns, ossia in un significato puramente coloristico; 3) con profonda simpatia. Fin da bambino, ho sempre tenuto per i banditi contro i poliziotti: figurarsi in questo caso. Ora, purtroppo, alcune persone hanno finto di essersi offese per queste mie innocenti parole: non so perché l’abbiano finto: per ragioni di tattica elettorale, suppongo… E così che si creano i pretesti, le speculazioni politiche, i rancori teologici e magari si armano le mani, oltre che le bocche… non vogliono ammettere che in realtà in Calabria i “banditi” ci sono. E precisiamo questa storia dei “banditi”. Anzitutto, a Cutro, sia ben chiaro, prima di ogni ulteriore considerazione, il quaranta per cento della popolazione è stata privata del diritto al voto perché condannata per furto: questo furto consiste, poi, nell’aver fatto legna nei boschi della tenuta del barone Luigi Barracco. Ora vorrei sapere che cos’altro è questa povera gente se non “bandita” dalla società italiana, che è dalla parte del barone e dei suoi servi politici… la storia della Calabria implica necessariamente il banditismo: se da due millenni essa è una terra dominata, sottogovernata, depressa. Paternalismo e tirannia, dai Bizantini agli Spagnoli, dai Borboni ai fascisti, che cos’altro poteva produrre se non una popolazione nei cui caratteri sociali si mescolano una dolorosa arretratezza e un fiero spirito di rivolta?