Cambio | YOYO MUNDI. Evidenti Tracce di Felicità

È uscito pochi giorni fa, precisamente il 25 marzo, il nuovo album degli Yo Yo Mundi dal titolo ‘Evidenti tracce di felicità’. Lo dichiaro subito: sarò di parte. Credo che gli Yo Yo Mundi si siano trasformati nel corso della loro storia in un gruppo che definirei ‘socialmente utile’. Sì lo so, fa un po’ sorridere, ormai da anni in Italia c’è una parte di mondo musicale che viene del tutto ignorato dai network televisivi e radiofonici ma che raccoglie tantissimi estimatori e loro sono lì a ricordarcelo. Le origini del gruppo risalgono al lontano 1988 dall’idea di Paolo Enrico Archetti Maestri. Fin dagli esordi gli Yo Yo Mundi dimostrarono uno stretto legame con le proprie radici piemontesi, l’impegno politico e per la lotta ambientalista. Nel 1999 la svolta, grazie alla fortunata collaborazione con Ivano Fossati – lui scrive e suona per il loro album ‘L’Impazienza’, loro suonano sul suo ‘La disciplina della terra’ -, fino ad arrivare al 2006, anno in cui esce ‘Sciopero’ album quasi tutto strumentale grazie al quale il quotidiano The Guardian li definirà i Clash con la fisarmonica. Nel frattempo partecipano all’album ‘Io non mi sento italiano’ di Giorgio Gaber, fondano un’etichetta discografica che si propone di lanciare altri giovani artisti, collaborano con il collettivo Wu Ming, si occupano di cinema e teatro, trattano il tema della Resistenza e della moria delle api e poi ritornano alle loro radici con l’album dal titolo Munfrâ pescando nelle tradizioni e nella lingua della propria terra ma con uno sguardo sul mondo e sull’attualità.


intervista di

PATRIZIA MUZZI


Approfitto subito per dire a Paolo che di quell’album amo profondamente ‘Tè Chi T'éi?’ (Tu chi sei?), un brano cantato con Nabil Salameh dei Radiodervish. ‘Munfrâ’ è uscito prima che iniziassero le grandi immigrazioni dalla Siria verso l’Europa, prima degli attentati di Parigi e di tutte le catastrofi umanitarie che ormai siamo abituati a seguire sui media come se fossero normali. Perché in un disco che racconta della tua terra, il Monferrato, hai deciso di parlare di uno straniero che ‘cammina con le proprie illusioni’ alla ricerca di un luogo che possa accoglierlo? Come nasce questo brano che purtroppo tocca temi attualissimi?

- Quello che succede oggi è già successo altre volte, anzi è sempre successo, gli esseri viventi si muovono alla ricerca di uno spazio migliore per vivere. Sia per istinto, sia per ragioni di sopravvivenza, sia – questo più recentemente -, per un pensiero o sogno che li anima. E le genti sono come l’acqua: l’acqua non conosce confini. Ma questo è un mondo folle dove conta solo il profitto, dove per difendere il profitto si accetta – e talvolta si incentiva e promuove -, l’orrore.. L’occidente ha sfruttato l’Africa in ogni modo, ha appoggiato regimi sanguinari, fatto affari con dittatori e fondamentalisti. Le armi e le bombe puntate contro la povera gente, sia essa occidentale, araba o africana, sono prodotte in occidente e la loro vendita arricchisce qualche occidentale che le produce e le vende. Rendiamo illegale ogni vendita di armi, blocchiamo seriamente il contrabbando. In pochi mesi fermeremmo ogni guerra. Noi Yoyo abbiamo altri sogni: condividere, dividere il pane, rallentare, sorridere, tornare ad essere persone e non consumatori, cuori viaggianti e non numeri, individui, sì, ma non individualisti. In quella canzone raccontiamo un incontro tra due persone diverse, ma uguali e con quella canzone semplicemente cerchiamo di spiegare – anche a noi stessi! -, che noi siamo l’altro dell’altro, lo straniero dell’altro. E che accettare e rispettare le diversità ci rende davvero tutti fratelli, alla faccia di questa politica schiava degli interessi di pochi che vuole dividerci (così si impera molto meglio), che usa ogni trucco metterci l’uno contro l’altro (anche estremizzando religioni e leghismi), che gioca la carta del terrore per farci vivere nella paura, per dominarci meglio. Noi rispondiamo prendendoci per mano. Vinceremo noi, Patrizia, tornerà la primavera, non avranno scampo. Come si diceva alla fine degli anni ’70 (e come cantiamo in ‘Tutte le memorie scritte del mondo’), la nostra risata li seppellirà.

Avete annunciato sulla vostra pagina Facebook che ‘niente è più trasgressivo della felicità’, che cosa ci dobbiamo aspettare da questo nuovo lavoro?

- È una frase che ben descrive l’idea che anima e agita tutta questa raccolta di canzoni, in questo tempo di orrore, di crisi, di disincanto, di tristezze assortite, di noia, di invidualismo fine a se stesso, di ‘occhi fissi sul qualche schermo luminoso”, di crediti e debiti (anche a scuola, tremendo), di solitudini… Essere felici è davvero trasgressivo, esserlo tanto e tanti sarà rivoluzionario. E dunque sta a noi trovare le tracce della felicità, smetterla di sprecare tempo, di farci consumare dal rancore o dalla noia, dalla pigrizia indotta, dalla superficialità e da inutili effimeri (pseudo) piaceri, e cambiare idea di noi stessi e del mondo, cercarci, riconoscersi, andare oltre le apparenze, gli interessi, i vizi, i pregiudizi, la competitività… e semplicemente ritornare a vivere e a sorridere.

Raccontaci dei vari brani che compongono l’album.

- Si apre con ‘Sempre’, che è anche il primo singolo e videoclip (opera, anche questa, di Ivano A. Antonazzo), C’è una telecamera che indaga sugli abitanti di un quartiere o di un paese, registra senza giudizio i loro gesti quotidiani, si avvicina scopre tratti e parentele, cattura qualche intimità senza disturbare la vita dei protagonisti, che, quasi senza peso, continua a scorrere. Unica rivelazione è un accenno a una storia di amore forse perduta, forse dimenticata, ma è solo un attimo scaldato dal fiato delle stelle, poi tutto torna come prima. Brano che si conclude con una frase del registra Carlo Mazzacurati “Ogni persona che incontri, sta combattendo una battaglia, di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre.” Poi c’è ‘Ai ssùma tùrna’, infatti dopo 27 anni di carriera, ci siamo di nuovo, ci siamo ancora (ai ssùma tùrna, appunto) e il segreto di questa longevità sta proprio nel verso che apre questa canzone: “Si suona con gli occhi chiusi, si sogna con le orecchie aperte”. Questo brano è stato - in parte -, ispirato da certe serate speciali trascorse con Carlin Petrini e i ragazzi della Facoltà di Scienze Gastronomiche di Pollenzo a “cantare le uova” in giro per Langhe e Monferrato. ‘Evidenti tracce di felicità’ è la title track questa frase che la apre descrive perfettamente il mood della canzone e il suo senso profondo: Si dans toutes les larmes il y a un poème, dans chaque sourire, il y aura une révolution (se in ogni lacrima c’è una poesia, in ogni sorriso ci sarà una rivoluzione). ‘La luce del mondo quando si risveglia’ è nata improvvisamente e di getto in una mattina qualunque nel mondo, prendendo semplicemente coscienza che l’alba è un regalo per tutti gli esseri viventi, che in qualche modo in questa luce che nasce siamo tutti uguali, tutti parenti. Per dirti di ‘Cuore Femmina’, ti cito una frase: Cuore femmina, battito di ciglia, pelo di stella sul viso | Miele il riassunto del mondo | Polline sul sorriso mentre ‘Il ragazzo
che cantava il carnevale’ è una canzone scritta e dedicata a un artista acquese, Gianrico Bezzato leader del gruppo Knot Toulouse, che se ne è andato via davvero troppo presto, l’abbiamo costruita con i suoni che amava e che spesso condividevamo, abbiamo invitato tanti amici comuni a cantarla. Abbiamo fatto festa per lui, ecco. Chiedilo alle nuvole di piangere lettere per le nostre nuove parole | Chiedilo alle nuvole di ridere d’amore quando si mettono tra noi e il sole | ecco questa è !Chiedilo alle nuvole’, canzone d’amore impreziosita dalla voce bellissima di Anna Maria Stasi. ‘Tutte le memorie scritte del mondo’ è un’altra canzone d’amore che in qualche modo, ma con dolcezza e determinazione, tratta il tema della violenza sulla donna eccone un estratto: A volte le mani ricordano quel che la testa dimentica | Sulla punta delle dita la verità. ‘Ciâpapùve’ – unica canzone in dialetto della raccolta -, racconta dell’omonimo personaggio inventato di sana pianta, una specie di eroe popolare che di giorno fa l'arcaton (Nel Monferrato "arcaton" è colui che raccoglie gli oggetti che le persone buttano via). E che invece di raccogliere la roba vecchia, fa incetta della polvere che si è posata sugli oggetti. Lo fa perché è convinto che tra la polvere si conservino le storie delle persone semplici, della gente comune. ‘Ciâpapùve’ è dedicata un personaggio mitico proprio come gli eroi campesinos inventati da Manuel Scorza. Come Garabondo ha la malattia dell'invisibilità, come Hèctor Chacòn quella della nictalopia, come Raymundo Herrera quella dell'insonnia. Infatti di notte, invisibile, insonne e con lo sguardo dei gatti, si aggira nelle case del Monferrato per seminare negli occhi dei bimbi la polvere che ha raccolto. In questo modo i piccoli custodiranno un patrimonio di memorie popolari da mescolare alle nozioni scolastiche. Ed è proprio questo il suo atto eroico: regalare alle generazioni future la consapevolezza che la storia non è solo quella dei fatti e dei personaggi citati nei libri, ma l'insieme delle nostre vite, dei nostri gesti quotidiani, le minime storie vissute, tramandate e narrate che, naturalmente intrecciate tra loro, generano il respiro del mondo. ‘Reinna’ racconta la vicenda di una donna che, smarrita strada e senno, si ritrova sulla sponda del fiume Bormida. È bella, anzi bellissima, ma il vagare senza meta ha ridotto i suoi vestiti a degli stracci, resta ferma sulla riva con i suoi grandi occhi immobili a fissare il vuoto. Un pescatore la vede, si stupisce di tale bellezza, ma divorato dal timore che possa essere un pericolo per la comunità, invece di aiutarla, avverte la popolazione della sua presenza. Infatti, dopo poco, arrivano a gruppi compatti tutti gli abitanti, riuniti dal sospettoso passa parola. Alcuni hanno torce altri sono armati perché "dell'ignoto figlio è lo spavento, ti ammala di dubbi e di niente". Nel brusio si leva una voce che dice: "Quella masca del diavolo è l'amante (porterà) gelo, tempesta, malattia. Sembra un angelo, ma mente... Che se ne vada via!". Nel prepotente coro di approvazione si fa strada una voce lieve, piccola, limpida: "È una regina che si è persa - dice una bambina cieca -, ai vostri sguardi forse è diversa, come viaggio di cometa, come una bambina cieca". Insomma, una canzone sull’accoglienza e sulla cecità di certe coscienze. Annusiamo le parole prima di affondare i denti. Quello che sarebbe bello e utile fare tante volte prima di aggredire gli altri con le nostre sterili convinzioni o tracotanti pregiudizi, questa è ‘Annusiamo le parole’. E, infine, ‘Di rose, di fiume, di confine’ brano dedicato a Giovanni Rapetti (Villa del Foro 1922 – Alessandria 2014), il bardo di Villa del Foro. Ecco un frammento di una sua meravigliosa poesia: «Qui la memoria ha scritto storie folli / i sogni della gente, dei cani, l’abbaiare, le parole. / Me le hanno dette i vivi per i morti, prima di scomparire / storie del sole, della luna, dolce e amara. / Storie di pesci, uccelli, carri, zampe / di bestemmie e paternostri detti quante volte. / Storie d’un paese, del grano, della meliga / storie di Tanaro e Belbo, dell’erba, della stella».

Ho appreso con piacere che nel vostro gruppo avete incluso una ragazza, quote rosa?

- Da tre anni a questa parte Chiara Giacobbe suona con gli Yo Yo Mundi, in questo album il suo apporto artistico è stato molto importante (oltre a suonare il violino, ha arrangiato anche tutte le parti di archi), naturale che entrasse a far parte della band. Direi che il termine esatto riferito a lei potrebbe però essere ‘quota verde fucsia’, viste le tinte della sua capigliatura!

Vogliamo dire i nomi di tutti gli artisti che hanno preso parte a questo progetto?

- Pochissimi rispetto ai trentanove di ‘Munfrâ’ (per l’esattezza 39 più 1, ci piace comprendere e ricordare anche Paolo Conte che non ha suonato, ma ci ha regalato una splendida prefazione!), in questo album, oltre agli Yoyo storici e alla violinista new entry, passando per i fedelissimi e indispensabili Ivano A. Antonazzo e Dario Mecca Aleina (rispettivamente grafico e ingegnere del suono), abbiamo voluto lavorare soprattutto con persone vicine a noi, per restare caldi, per non disperdere l’idea di suono che avevamo in mente. Anzi potremmo dire che gli ospiti sono quasi tutti Yoyo ad honorem a partire da Simone Lombardo con i suoi strumenti etnici – ghironde, cornamuse, flauti -, che è in tour con noi in ogni occasione possibile, passando per le voci di Anna Maria Stasi dei CFF (che è una nostra abituale collaboratrice, nonché grande amica), Federica Addari (nostra concittadina e cantante del gruppo Lo Straniero, anche con lei abbiamo condiviso il palco diverse volte), Betti Zambruno (era la voce, meravigliosa, di ‘Rabdomantiko’ in ‘Munfrâ’ e qui interpreta una poesia in ‘Di Rose, di fiume, di confine’), per passare alle chitarre del grandissimo Paolo Bonfanti (amico fraterno con noi in Resistenza e in mille altre occasioni), le percussioni e i giocattoli di Gino Capogna (altro amico carissimo, elemento cardine della Bandarotta Fraudolenta), il contrabbasso di Rino Garzia (del nucleo storico della Chamber Folk Band di Chiara Giacobbe), ma amici cari sono anche Ludovica Valori – trombone -, Andrea Negruzzo – clavicembalo, Alan Brunetta – marimba e la giovanissima Marta Wingu – cantate della band Nubi -, che ci ha regalato un controcanto nella title track. Un discorso a parte va fatto per gli artisti che hanno impreziosito il brano “Cuore femmina”, Gianni Maroccolo (Ex CSI), Cristina Nico, il primo è stato produttore artistico degli YYM nei primi anni ’90 e con lui abbiamo voluto tornare a lavorare dopo venti anni, la seconda è una straordinaria cantautrice e cantante che abbiamo incontrato e scoperto “on the road”, da quel momento abbiamo desiderato collaborare e così è stato (cercate il suo album, Mandibole, è stupendo!).

Sai che non posso esimermi dal ricordare con te un grande artista che vi stimava, l’esigentissimo Beppe Quirici. Come nacque la vostra collaborazione?

- Nacque perché amavamo il suo modo di lavorare, abbiamo conosciuto Ivano Fossati e Beppe Quirici, insieme. E ci siamo subito voluti bene. Pensiamo sovente a lui; durante le registrazioni di questo album, ad esempio si scherzava spesso riproponendo alcune sue battute o gag, ma non di rado di fronte a un momento particolarmente difficile ci siamo domandati: E Beppe, come ne uscirebbe, Beppe? Insomma, tra i suoni e i ricordi, lui è sempre vicino agli Yoyo. Ci manca tanto, ma in qualche modo c’è ancora e ci sarà per sempre.

Gorky una volta dichiarò che lo scrittore è il portavoce emozionale del proprio paese e della propria classe. Credo che possa considerarsi valido anche per i cantautori: chi ritieni che rappresentino gli Yo Yo Mundi?

- Noi non rappresentiamo nessuno, solo noi stessi e i nostri sogni, ma le nostre canzoni viaggiano in mezzo alle persone, a volte muovono il pensiero, altre volte emozionano o innamorano. Ogni nostra canzone è portavoce emozionale. Ti riporto quel che ho scritto per i social il giorno dell’uscita dell’album: Care cari... Abbiamo messo un nastro arcobaleno sulla nostra porta perché, cinque anni dopo Munfrâ, è uscito il nostro nuovo cd "Evidenti tracce di felicità". Adesso, finalmente, è giunta l'ora che queste nostre canzoni tornino da dove sono venute... Ora risuoneranno felici in mezzo alle cose, tra le persone, nel mondo. Ascoltatele senza pregiudizi e, se vi andrà, prendetele con voi, non lasciate che sole e perse, vengano soffocate dal brusio.. E dal disincanto. Siate curiosi, perché sono canzoni curiose. E ascoltatele come si deve.. Alzate il volume, forza! Accarezzatele e lasciate che vi accarezzino.. Naso, ricordi, lingua, occhi, sogni, idee, braccia, pensiero, bocca, cuore, mani. Se avrete tempo, voglia, modo, energia e ispirazione di aprirle a una, a una.. Guardateci dentro, esplorate, scoprite e provate a cercarvi.. Perché in qualche suono, parola, respiro magari vi ritroverete. Mettetele in tasca quando avranno freddo, mettetele sul davanzale quando avranno caldo. Mettetele nella terra, perché queste canzoni sono semi da piantare. Cibatele, non vi costerà nulla, si nutrono delle vostre emozioni. E poi stropicciatele in un abbraccio, fateci festa, fateci Primavera e, soprattutto, fateci all'amore. E infine, care e cari, non tenetele solo per voi, ma offritele in dono, fate in modo che fluttuino oltre e altrove, che come api si posino sui fiori di ogni colore. Sono canzoni libere, no? Che viaggino felici. Da ora e fino a quando esisteranno il suono e il pensiero, non saranno più "le nostre canzoni", ma saranno anche vostre.. Anzi lo sono già. Abbiatene cura. Vostri Yo Yo Mundi

Sono già previsti concerti?

- Non sarà ancora il tour dell’album, ma abbiamo già fissato alcune date in aprile nelle quali suoneremo anche qualche brano nuovo, vado a memoria, il 24 al Diavolo Rosso di Asti, il 25 a Vimercate MI (al pomeriggio), il 29 a Cameri NO e, forse, il 30 a Vercelli. Ma per avere più informazioni cercate queste e le prossime date nella sezione concerti del sito www.yoyomundi.com (oppure sui social Yoyo) e poi venite a sentirci, dal vivo ci divertiremo e mai come a questo giro saremo ‘felici’ di suonare le canzoni di questo album… Il disco è appena uscito e accadranno tante cose belle, vi aspettiamo!

Per chiudere vorrei fare anche con voi il Questionario Proust. I nomi che vi piacciono di più?

- Viola perché il colore dominante di questo album e poi Miry e Carlo, due belle persone che non ci sono più, ma a loro è dedicato questo nostro lavoro.

Il più grande amore della vostra vita?

- Sarebbe facile rispondere la musica, ma noi Yoyo amiamo soprattutto la vita, il suo scorrere, i suoi racconti e per dirla con il caro Ivano Fossati, amiamo forte: il futuro che viene a darci fiato.

Il vostro attuale stato d’animo?

- Siamo determinati e felici, nonostante tutto.

E per finire: la vostra idea della felicità?

- La nostra idea di felicità è tutta nel nostro ultimo album, basterà ascoltarlo per scoprine tutti i colori e le meraviglie.

In bocca al lupo Yo Yo Mundi.

- Viva il lupo, cara Patrizia e grazie di cuore!