CamBio | Lee era morta quando tutti i miei amici citavano Eco. Mentre Nagy è ancora in prigione



Ho appreso della morte di Umberto Eco mentre ero alla toilette. Non è molto edificante come immagine, lo so: immaginavo che di lì a poco tutti avrebbero pubblicato fiumi di parole sul grande maestro, grande uomo, grande scrittore. Scrollando le immagini sul social mi appare quella di una nota libreria parigina: una copia di ‘To Kill a Mockingbird’ di Harper Lee su un reggilibro metallico in primo piano e dietro al libro un vaso di ranuncoli gialli e tulipani rossi. Harper Lee (1926 - 2016) Lee era morta. Lee era morta ma tutti i miei ‘amici’ citavano Eco. Eco imperava:‘Io ho cenato con lui una volta’; ‘Ho fatto una gara di proverbi con lui una sera’. ‘Io ho assistito alle sue lezioni’. Chi più chi meno tutti erano amici di Eco... Un po’ come quando parli di Dalla a Bologna e tutti ci hanno suonato assieme. Chi ha postato qualcosa su Lee? Tra i miei ‘amici’ solo alcune case editrici, Mucchio Selvaggio e James Franco, attore che seguo con piacere e che tempo addietro aveva pubblicato una sua foto con il libro di Elena Ferrante tra le mani. Franco deve essere uno che legge. E si vede. Ho pensato subito che come romanziera avrei dovuto attribuire un omaggio ai due scrittori. Oltretutto Eco era bolognese d’adozione. Mentre riflettevo, il pensiero di Lee spodestava quello di Eco. Il ricordo è subito andato a uno dei pochi momenti piacevoli che ho vissuto durante il periodo delle scuole medie: la lettura de ‘Il buio oltre la siepe’ (così era stato tradotto in Italia il titolo di ‘To Kill a Mockingbird’). Lo leggevamo in classe e per me era un modo per estraniarmi da quel luogo. Ricordo ancora la sensazione di paura nei confronti di Arthur Radley: chi non ha avuto un vicino misterioso da spiare quando era bambino? Rammento la rabbia e la sensazione di profonda ingiustizia nei confronti delle accuse rivolte a Tom Robinson, e il sollievo per quella bugia detta a fin di bene dallo sceriffo. Facendo il gioco di Daniele Silvestri ‘Le cose che abbiamo in comune’ a proposito di Lee e Eco, direi che siamo messi piuttosto male: scelte di vita diverse, stili diversi, sensibilità diverse. Li ha accomunati la capacità di avere scritto un romanzo best-seller mondiale e da cui sono stati tratti due film a loro volta passati alla storia: ‘Il nome della rosa’ con Sean Connery nei panni di Guglielmo da Baskerville e ‘Il buio oltre la siepe’ con Gregory Peck in quelli di Atticus Finch.


_PatriziaMuzzi@CamBioQuotidiano



Ho detto al mio direttore che avrei voluto scrivere un pezzo sui due scrittori e mi ha risposto subito ok, ma più passavano le ore e più mi sembrava irriverente. Ho pensato di non scriverlo, ho atteso: Lee e la sua faccia da anziana sorridente mi chiamavano. Mi è apparso il timido Salinger che diceva: ‘“Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.”. Hai ragione Jerome: Eco mi stava antipatico - questo ovviamente non toglie nulla alla sua bravura - però ho capito cosa mi bloccava grazie a Salinger. Basta scrivere anche un solo romanzo in tutta una vita per lasciare la sensazione nell’immaginario collettivo che un mondo sbagliato si può cambiare.

Lee ci ha raccontato d’ingiustizie regalandoci le parole per combatterle. Il suo romanzo si svolge in Alabama negli anni trenta durante la grande depressione: un nero è ingiustamente incolpato di uno stupro che non ha commesso. Tifiamo tutti per lui ma l’epilogo non sarà dei migliori. Lee s’ispirò a fatti realmente accaduti che documentò assieme all’amico Truman Capote. Il buio oltre la siepe rappresenta la paura dell’ignoto e del diverso che ci spinge al pregiudizio e a compiere azioni criminali.

Così sento il dovere di raccontare questa storia che invece si svolge in Egitto nel 2016: lo scrittore egiziano Ahmed Nagy è stato condannato a due anni di prigione dal Tribunale penale di Bulaq, che lo ha trovato colpevole di “offesa alla morale pubblica” a causa del contenuto di un capitolo del suo ultimo libro, Istikhdam al-Hayat (L’uso della vita).

Nagy è uno dei più promettenti scrittori egiziani. Il suo libro era già in vendita da più di un anno. Nel suo romanzo il protagonista è un ragazzo di 23 anni, Bassam, che vive al Cairo, fuma hashis, beve alcolici e vive relazioni libere con le ragazze: «Per tutto il tempo che vivi o ti muovi dentro al Cairo, sei costantemente denigrato. Sei destinato a incazzarti. Anche se impieghi tutte le forze della Terra non puoi cambiare questo destino. Sei soggetto in ogni momento ai pettegolezzi che ti arrivano da sopra e da sotto, da destra e da sinistra».

La censura è intervenuta: Nagy e il suo editore sono stati condannati. Su change .org è possibile firmare l’appello lanciato dal The Tahrir Institute for Middle East Policy (TIMEP) link (https://www.change.org/p/international-community-of-scholars-novalists-and-journalists-solidarity-with-ahmed-naji-egypt-prosecutes-creativity-and-freedom-of-expression).

Un usignolo sta chiedendo aiuto dall’altra parte del mare mediterraneo: "Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda. È raro vincere, in questi casi, ma qualche volta succede". Harper Lee.

Seguiremo la storia di Ahmed Nagy.



http://www.madamasr.com/opinion/culture/%E2%80%98literature%E2%80%99-trial-egypt

https://editoriaraba.wordpress.com/2016/02/21/arrestato-lo-scrittore-egiziano-ahmed-naji/

https://editoriaraba.wordpress.com/2015/11/09/egitto-scrittura-e-censura-il-caso-contro-ahmed-nagy/

http://www.dailynewsegypt.com/2016/02/21/media-publishers-decry-assault-on-freedom-of-expression-after-nagys-sentencing/