Le primarie “in house” e il partito del voto di scambio

9 marzo 2015, 13:33 100inWeb | di Vito Barresi

di Vito Barresi

E se domani mettiamo il caso le cosiddette 'primarie', per una strana eterogenesi dei fini, invece della bella bandiera messa a sventolare (dopo la falce martello e stella) sul palazzo della trasparenza, fossero niente poco di meno che il più bizzarro Cavallo di Troia del voto di scambio e del nuovo trasformismo all'italiana?

Le primarie, nuovo mostro sacro della sinistra italiana, ormai sotto evidente rischio d'inquinamento, da quando sono state politicamente istituite in casa Pd, il partito che a dire dei politologi ne ha fatto la cifra distintiva della propria identità politica, da un voto all'altro in ogni parte d'Italia, sembrano cavarsela sempre disinvoltamente passando la prova allo 'scanner' del voto pulito, forti della sbrigativa e assolutamente retorica assoluzione di quanti infine dichiarano satolli di interessata partecipazione “è stata una buona domenica per tutti coloro che credono nella partecipazione democratica”.

E di tutti colori veramente se ne vedono tanti.

Dalle truppe cammellate dei cinesi messi in fila ai gazebo, fino al Cinese italiano Sergio Cofferati umiliato a tal punto da strappare la tessera di partito davanti ai suoi ex compagni, dallo scambio di flussi segreti fra il congruo corpaccione elettorale di destra in disfacimento e quello più gracilino di sinistra in fase di irrobustimento, fino all'allarmante denuncia di Pietro Giamborino, ex consigliere regionale di Vibo Valentia, che dopo aver ottenuto 2.000 voti, sconfitto e amareggiato, ha testualmente confermato le ineguagliabili modalità competitive delle cosiddette primarie fatte in house, con una battuta secca e inequivocabile, “quel che si è consumato ha dell'assurdo, bastava dare un'occhiata per vedere chi è andato a votare”, tratteggiando a tinte fosche, ciò che al contrario per la vulgata ideologica pidiessina è sempre il fervido e appassionato clima della partecipazione democratica, in questo fulminante passaggio narrativo: “quella sera delle primarie, all'interno del Comune di Vibo, un certo avvocato ha urlato per diversi minuti, davanti a un centinaio di cittadini, in un linguaggio da Gomorra: ‘Nci tajiammu a testa, 'ncia tajiammu a tutti’. Cose da far venire i brividi. Ripeto: roba da Gomorra. E io dovrei esser lieto perché ha vinto questa gente qua?

Con prosa più affettata ed elegante lo stesso Niki Vendola, parlando a proposito di ciò che viene enfaticamente denominato popolo delle primarie, i 160 mila elettori iscritti e registrati su una lista anagrafica ed elettorale della Campania, a poco meno di cento giorni dalle vere elezioni, un po’ come dire a cento metri dal seggio, ha sviscerato col suo politichese l'inquietante opacità di simile concorso con un “noi abbiamo fatto un atto preventivo: svelare la carenza di legittimazione di primarie che sono state largamente compromesse e che chiedono regole per essere, insieme, con l'alibi della partecipazione,un'arma impropria nelle mani delle oligarchie e dei gruppi di potere”.

Quali siano poi le facce delle oligarchie e dei gruppi di potere nelle regioni a più alta intensità mafiosa, dove più grande è il numero di reati per voto di scambio e gli scioglimenti ministeriali di enti locali, al momento non è ancora dato sapere, mancandone l'identikit.

Se ci fosse stato il liberal meridionalista Gaetano Salvemini cosa avrebbe scritto? Facile risposta. Una reprimenda appuntita contro il dilagare del partito del voto di scambio. Ma così non è, almeno fino a quando non c'è prova provata dell'espandersi a macchia di leopardo di una sfuggevole area del voto del libero scambio. Anche se i capi d'accusa e i testimoni oculari adesso si infittiscono fin quasi all'inverosimile.

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