Regione. Mario Oliverio, diario semiserio dei primi 100 giorni andati ‘in bianco’

8 febbraio 2015, 19:29 100inWeb | di Vito Barresi

di Vito Barresi

E poi dicono che ci vuole orecchio, per captare quel che ora si sussurra, tra le antiche mura abbandonate dall'ex governatore, a via Sensales, Palazzo Alemanni, sito impervio in quel di Catanzaro centro a Zona Traffico Limitato, dove la luna di miele, i tanto declamati e fatidici 100 giorni dell'Era Seconda di Oliverio Presidente, si dicono trascorsi scialli e intonsi, vergini e illibati, insomma scaduti senza che il nuovo inquilino abbia dato al mondo lieta novella di essersi finalmente unito in perfetto coniugio, jus prime noctis, non tanto con la riottosa sposa Calabria ma quanto meno con sua sorella, quella smorfiosetta della signorina Regione.

Sarà perché già il titolo 'La luna di miele del nobile Maruzzu tra la signora Calabria e sua sorella la Regione' sembra preso da una fantacomica commedia di Giangurgolo, anche tra i più abbottonati e mai perfidi osservatori di regime, quelli che aprono sussidiariamente le avite porte del potere regionale, pare si colga ogni tanto, come un in flashback da film commission, l'improvviso aleggiare del dubbio, il refolo di un’ombra, riveder m'è dolce sguscianti le sembianze carnascialesche del Don Chiosciotte delle cinque Calabrie, il cavaliere inesistente Peppe Scopelliti, disarcionato con tanto di corazza dalla congiura ordita sullo Stretto dei Gano di Magonza che lo costrinsero a lasciare in Giunta i propri Sancho Panza.

I quali, seppure a scartamento ridotto, continuarono a far girare la sua bobina amministrativa, poi schiantata da sola nel 'maruzzo' dei tanti 'flatus vocis' di prima e dopo la campagna elettorale. Quella vinta da Oliverio come Pirro, praticamente a porta libera, anche con il beneficio gratuito del Google Traduttore, tecnologicamente in grado di tramutare il famoso 'Yes You Can' obamiano nel più semplice detto dialettale sangiovannese, 'si pò fare', si può fare si ma non di più.

Premiata la prima coalizione del Presidente che adora il piatto tipico 'mpacchiusu', sia i calabresi di dentro che quelli di fuori adesso corrono il realistico quanto davvero insostenibile rischio di sentir sbottare a breve Scopelliti, pronto a pronunciare ciò che prima disse la Marchesa di Pompadour, après moi le déluge! (dopo di me il diluvio). E questo in quanto, deludendo pronostici e aspettative di palingenetici mutamenti epocali, Oliverio Presidente del nuovo che è avanzato, sembra essersi totalmente impantanato in una palude di veti incrociati, guerre crociate e machiavellici progetti, che lo costringono come Penelope in attesa di Ulisse a disfare di notte la tela che tesse durante il giorno, implorando l'aiuto di un affidabile navigatore satellitare da Roma, nel frattempo bordeggiando costa con il solo ausilio di qualche vecchia bussola, nel tentativo vano e sabotato di far salpare la sua 'Nave della Sila'. Bastimento più che mai in avaria, carico di zeppe e zavorre, munito di un equipaggio di uomini e donne non sempre di nitida fedina politica, per come argomentato e denunciato ormai insistentemente dall'orchestra degli organi di stampa più engagé, le fonti giornalisticamente più altolocate come L'Espresso o quanti altri interessati ai nostri Fatti Quotidiani.

Finito in una furiosa lite di famiglia, il parto della prima Giunta Oliverio, è apparso piuttosto l'esito di una gravidanza isterica e non invece il frutto di un ragionato confronto e accordo politico tra le eterogenee parti imbarcate dal Presidente nella sua ecumenica arca elettorale. Un papocchio che ha partorito un vento di polemiche, risentimenti e pregiudizi tale da far volare stracci e carte persino tra le vette dell'Olimpo, le supreme stanze di Palazzo Chigi. A tal punto da mettere in guardia lo stesso Matteo Renzi, allertato e sospetto da suoi ben aguzzi consiglieri di Stato in trasferta reggina, sulle sempre ambiguizzanti e insicure questioni calabresi, ordinariamente munite di sotto fondi e doppi testi.

Ma quel che più colpisce è l'impressionante lentezza operativa, sia amministrativa che legislativa, di un Governatore, già politico navigato nelle acque della Fata Morgana, eppure non in grado di trovare la rotta, un preciso e non ondivago orientamento. Forse per questo, remando in difensiva, il pachiderma emerso dalla schiacciante vittoria elettorale, si è rinchiuso e arroccato nella sua ristretta cerchia, scegliendo di agire esclusivamente di rimessa, puntando soltanto sulle emergenze. Mostrando così un'evidente carenza di strategia forte, davanti a una Calabria sempre più economicamente marginalizzata e culturalmente impoverita. Quella stessa che lui dovrebbe, 'Capitano, bel Capitano', traghettare fuori dal sottosviluppo. Disincagliandola dal pesante presente del 2015 per farle segnare in mare aperto, la rotta futura del prossimo 2020.

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