Bronzi Riace: Chizzoniti querela Sgarbi e Cruciani

Calabria Attualità
Aurelio Chizzoniti

"Quelli della Regione Calabria sono peggio della 'ndrangheta, sì naturalmente la cosa non deve essere in senso letterale ma in senso psicologico". E' questo "il contenuto delle libere esternazioni di Vittorio Sgarbi e del conduttore del programma d'attualità 'La Zanzara', il giornalista Giuseppe Cruciani, durante la trasmissione del 3 settembre" che offre al presidente della Commissione di Vigilanza e Controllo del Consiglio regionale della Calabria, Aurelio Chizzoniti, lo spunto per un'articolata querela formalizzata alla Procura della Repubblica di Milano, "perché ne verifichi la rilevanza penale". Tutto, nel contesto dell'accesa polemica sull'ipotesi di trasferimento (bocciata dalla Commissione insediata dal ministro Franceschini) dei Bronzi di Riace per l'Expo 2015. Spiega il presidente Chizzoniti: "Il 3 settembre dalla redazione di Milano è stato trasmesso un intervento di Sgarbi nel corso del programma d'attualità "La Zanzara" e, per l'ennesima volta, sia il conduttore Cruciani che il supercritico d'arte, non hanno perso l'occasione per additare al pubblico ludibrio la Calabria ed i calabresi, incitando quasi al furto dei Bronzi di Riace allo stato 'in mano agli inefficienti inetti amministratori della Calabria', com'è stato detto". Aggiunge Chizzoniti nell'esposto-querela: "I due guerrieri sono stati definiti 'prigionieri in Calabria, sono sequestrati, peggio della 'ndrangheta', addebitando ai calabresi un'azione di privatizzazione delle due opere d'arte, mentre Cruciani, 'apertis verbis', ha affermato: 'quelli della regione Calabria sono peggio della ndrangheta'; dal canto suo, Sgarbi, allineandosi all'ineffabile Cruciani, ha affermato: 'si' naturalmente la cosa non deve essere in senso letterale ma in senso psicologico', confermando l'assunto gravissimamente diffamatorio".

Fa rilevare il presidente Chizzoniti che "quelle pesantissime espressioni sono state pronunciate senza contraddittorio, offendendo la dignità di tutti i calabresi che, secondo Sgarbi, sarebbero 'mafiosi in senso psicologico', con particolare riferimento a chi esercita funzioni istituzionali con il conforto del consenso popolare. Tra l'altro, la puntualizzazione sgarbiana appare d'una eccezionale gravità, poiché criminalizza il popolo calabrese che esprime eccellenze in tutti i ruoli pubblici e privati, ritenendoli mafiosi per tendenza mentale, estendendo l'insulto anche ai riferimenti Istituzionali regionali, nei cui confronti il significato obiettivo dell'espressione ''ndranghetisti psicologici', rapportato alle peculiari condizioni ambientali della Calabria, appare estremamente grave".

Confuta categoricamente, il presidente Chizzoniti, l'idea che quanto è accaduto rientri "nella libera manifestazione del pensiero garantita dall'articolo 21 della Costituzione che, comunque, non è assoluta, tanto meno incondizionata, ma deve ritenersi limitata dall'esistenza di beni o interessi diversi che siano del pari protetti e garantiti dalla stessa Costituzione. Non si è pertanto, nel caso de quo, dinanzi all'esercizio del diritto di cronaca poiché - rimarca Chizzoniti - non esistono i tre requisiti indispensabili quali: l'interesse che i fatti narrati rivestano per l'opinione pubblica secondo il principio della pertinenza; la correttezza dell'esposizione di tali fatti in modo che siano evitate gratuite aggressioni all'altrui reputazione, secondo il principio della continenza; la corrispondenza tra i fatti accaduti e i fatti narrati secondo il principio della verità". Sulla scorta di tutto ciò, il presidente Chizzoniti considera le affermazioni di Sgarbi e Cruciani "la sintesi di una arrogante quanto supponente e livorosa reazione maturata nel contesto della vicenda dei Bronzi di Riace, nella cui ottica è emerso il disprezzo nei confronti della Sovrintendente Bonomi, rea di aver responsabilmente assunto una posizione contraria ai piano del sig. Sgarbi e dintorni, ma suffragata da pareri, studi, approfondimenti scientifici acquisiti in circa quarant'anni e tutti coralmente convergenti verso l'intrasportabilità che, infine, anche la commissione strumentalmente costituita ha dovuto confermare, nonostante il serpeggiante modus operandi di Zanardi". "Il quale - chiosa Chizzoniti - in commissione, prima non esclude i rischi connessi all'eventuale trasferimento e poi, incalzato da Sgarbi che si è ritenuto dallo stesso 'pugnalato', nelle redazioni dei giornali sostiene l'esatto contrario. A mio avviso - deduce Chizzoniti - la posizione anguillesca di Zanardi, arricchisce la base indiziaria anche per esplorare altre ipotesi di reato rispetto a quelle già devolute apparendo evidenti opachi interessi che gravitano attorno all'orbita di un sempre più evidente 'pactum sceleris' meritevole di rigorosi accertamenti investigativi.

In quest'ottica si staglia la scomposta reazione del supercritico che, attraverso un'azione degna del più intransigente squadrismo, minaccia di denunciare la commissione intera, rea di non aver realizzato la condizione di procedibilità verso il su riferito 'pactum sceleris' fortissimamente voluto a vari livelli. In questa inquietante cornice - sottolinea Chizzoniti - la già denunciata violenza privata in pregiudizio della dottoressa Bonomi appare estensibile ai componenti della Commissione, vituperati dal signor Sgarbi, che ha dovuto subire, sul terreno della legalità e della correttezza, la frantumazione delle uova nel paniere. Insomma - afferma Chizzoniti - l'inquietante consecutio temporum delle vicende indicate dimostra l'operatività di Sgarbi tesa alla realizzazione di un ben concepito programma affaristico culturale finalizzato a legittimare 'a prescindere' il trasferimento dei Bronzi attraverso un commissione istituita con il chiaro intento di depotenziare una serie di pareri mai posti in discussione in ben quarant'anni; ragion per cui le non gradite conclusioni della stessa, secondo Sgarbi, sottendono incredibilmente una vasta opera concussiva". Sul versante istruttorio, Chizzoniti sollecita il procuratore Bruti Liberati "ad individuare, fra l'altro, il titolare dell' impresa che, prima ancora della conclusione dei lavori della commissione, secondo lo Sgarbi pensiero, era già in agguato per trasportare i Bronzi a Milano, accertando eventuali parentele con i protagonisti della tenebrosa quanto sempre più sospetta vicenda". (AGI)


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