La Dia sequestra 8 milioni di euro all’imprenditore lametino Franceso Cianflone

Catanzaro Cronaca

Nel corso della mattinata di oggi, gli uomini della Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro hanno avviato l’esecuzione di un decreto di sequestro del patrimonio riconducibile al cinquantanovenne Francesco Cianflone, imprenditore edile tratto in arresto a maggio dello scorso anno, nell’ambito dell’operazione “Piana”, per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Il provvedimento di sequestro, disposto dal Tribunale di Catanzaro, trae origine da un’articolata proposta avanzata ai sensi del codice antimafia (decreto legislativo n.159/11) dal Direttore della Direzione Investigativa Antimafia, Arturo De Felice, nella quale sono confluiti gli esiti di capillari indagini patrimoniali svolte dagli uomini della Sezione Operativa di Catanzaro e che hanno interessato un arco temporale compreso tra il 1996 ed il 2012.

Il complesso dei beni interessati dal provvedimento di sequestro, del valore stimato di circa otto milioni di euro, comprende: l’“Azienda Agricola di Cianflone Francesco”, di Amato (CZ); il capitale sociale ed intero compendio aziendale della “Costruzioni s.r.l.” sempre di Amato; il capitale sociale e l’intero compendio aziendale della “Moviterra s.r.l.”, attiva a Lamezia Terme ed operante nel settore edilizio; 15 immobili; 40 beni mobili registrati; 35 rapporti finanziari.

Con l’operazione Piana, conclusa nella primavera dello scorso anno, gli uomini della Dia di Catanzaro avevano ricostruito, mediante l’analisi delle dichiarazioni rese da noti collaboratori di giustizia del comprensorio lametino, dissociatisi dopo il loro arresto proprio dal clan mafioso Giampà, la fitta rete dei torbidi interessi economici che hanno legato certa imprenditoria agli ambienti della criminalità organizzata locale. Il quadro investigativo emerso a seguito dei riscontri effettuati avrebbe evidenziato una dirompente anomalia, consistente nel rivolgersi ad un referente mafioso operante su di un determinato territorio per ottenere l’aiuto necessario per sbaragliare eventuali concorrenti.

Così, attraverso quello che gli investigatori definiscono “un patto scellerato”, l’associazione ‘ndranghetistica dei Giampà, egemone sul territorio di Nicastro, sarebbe riuscita a penetrare il tessuto economico cittadino, estromettendo dal mercato tutte quelle realtà imprenditoriali sane, evidentemente indisponibili a scendere a compromessi con un regime monopolistico di chiaro stampo mafioso. L’operazione avrebbe evidenziato anche come Cianflone, insieme ad altri imprenditori, anch’essi ritenuti “vicini” alla cosca Giampà, avesse messo le proprie aziende a disposizione dell’organizzazione mafiosa di riferimento, “stringendo con la stessa – spiegano ancora gli investigatori - illeciti patti per sfruttare a proprio vantaggio i poteri di intimidazione dell’organizzazione, ritenendoli un valido metodo per conquistare una posizione di egemonia e per conseguire il proprio successo imprenditoriale ai danni di tutte quelle imprese sane che di fatto vengono estromesse dal mercato”.

Gli esiti investigativi dell’operazione Piana avevano indotto il Gip distrettuale catanzarese a disporre, tra l’altro, il sequestro preventivo delle quote societarie e dell’intero compendio aziendale della "Costruzioni s.r.l." e della “Moviterra S.n.c.”. Più recentemente a Cianflone, indagato per turbata libertà degli incanti (art. 353, II comma, c.p.) nell’ambito dell’Operazione Ceralacca 2, è stata notificata la misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal Tribunale di Reggio Calabria il 9 gennaio scorso.