Carceri: sit-in e conferenza stampa davanti al penitenziario di Palmi

Reggio Calabria Attualità

«Venerdì 8 agosto, come Radicali calabresi, dalle 9.00 alle 15.00, manifesteremo con un sit-in presso la Casa circondariale di Palmi (RC) per sostenere il satyagraha in corso di Marco Pannella e Rita Bernardini, quest’ultima in sciopero della fame dal 30 giugno scorso, sostenuta da oltre trecento cittadini, per chiedere al governo e al Parlamento di interrompere il massacro delle morti e dei suicidi in carcere, interrompere la “tortura democratica” del 41bis perpetrata persino con detenuti dichiarati incapaci di intendere e di volere, e garantire diritto alle cure e alla salute nelle carceri.

Alle 11,00 terremo una conferenza stampa anche per chiedere alla politica regionale di istituire il garante per i diritti delle persone private della libertà personale anche in Calabria».

È quanto si legge in una nota di Giuseppe Candido, segretario dell’associazione Non Mollare e militante del Partito Radicale Nonviolento.

I radicali chiedono, inoltre, una maggiore informazione su questi temi anche dal servizio radiotelevisivo pubblico regionale.

“Non è più tollerabile” – continua Candido nella nota – “la censura operata su questi temi. Solo per fare un esempio, basti pensare che dal 7 al 9 luglio l’Italia è stata oggetto di una visita da parte di una delegazione di rappresentanti ONU per i diritti umani guidata dal norvegese Mads Adenas che ha chiesto al nostro Paese misure straordinarie. Misure come soluzioni alternative alla detenzione per eliminare l’eccessivo ricorso alla carcerazione, protezione dei diritti dei migranti, scarcerazione quando gli standard minimi non possono essere rispettati, rispetto delle raccomandazioni ONU del 2008 e quanto statuito nella sentenza Torregiani, adozione delle raccomandazioni come quelle formulate dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nell’ottobre del 2013, incluse le proposte di indulto e amnistia.

Su tutto ciò la censura è stata totale. A gli italiani non è stato consentito di conoscere tali richiami fatti all'Italia. Come non è dato conoscere le continue e trentennali battaglie nonviolente che i Radicali portano avanti.

In Italia – continua Candido – siamo formalmente contro la pena di morte, ma tolleriamo la morte per pena inumana e degradante. Tolleriamo, cioè, la morte per suicidi di liberazione (24 dall’inizio dell’anno) e la morte per ritardo o mancanza di cure. Dall’inizio dell’anno 82 morti. Sono numeri che dovrebbero far riflettere. Satyagraha,» prosegue Candido, «in indiano significa forza e amore per la verità. Ed è con la forza della verità e l’arma della nonviolenza che – assieme a Yvonne Graf, Emilio Quintieri, Sabatino Savaglio, parenti dei detenuti e simpatizzanti del partito della nonviolenza, saremo davanti al carcere di Palmi per dare corpo, anche in Calabria, a questa battaglia di civiltà».

«Sul 41 bis, il cosiddetto “carcere duro”, vorrei solo ricordare" – insiste Candido nello spiegare le ragioni dell’iniziativa – "che questo fu introdotto con decreto-legge nel giugno del 1992 poi convertito in legge nell’agosto dello stesso anno, come risposta dello Stato alle stragi di Capaci e via D’Amelio, in cui morirono i due magistrati in prima linea nella lotta alla mafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Dopo la morte del primo fu emanato il decreto legge. E dopo quella di Borsellino il decreto venne poi convertito in legge.

Nel diritto internazionale, con il termine “tortura” – reato non ancora presente nel nostro codice penale ma che l'Europa ci chiede da anni di introdurre – indica, un “qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa ha commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o su una terza persona”. Noi – in Italia, nel paese di Cesare Beccaria – abbiamo il 41bis, il "carcere duro" anche per i malati, la “tortura democratica” , dalla quale si esce solo da pentiti. Ce lo impone il “conformismo dell’antimafia”?

L'incapacità dello Stato di rispondere con regole e certezza del diritto?L’imbarbarimento è divenuto così "istituzionale" al punto che, mentre Europa e ONU ci sanzionano per trattamenti inumani e degradanti equivalenti a torture, facciamo finta di non vedere e continuiamo a mantenere in regime di 41bis persino malati gravi come Bernardo Provenzano dichiarato da tre differenti tribunali della Repubblica persona incapace di intendere e di volere.

Che aspettiamo? Che guarisca e collabori con la Giustizia? Siamo sicuri che il fine giustifichi – sempre e comunque – i mezzi? O, invece, proprio i mezzi che si usano per condurre giuste lotte com’è certamente quella alle criminalità organizzate sono in grado di compromettere gli scopi che ci si prefigge? D'altronde anche Papa Francesco, dopo aver in un giorno solo introdotto il reato di tortura nei codici canonici, ha scomunicato i mafiosi ma ha detto, altrettanto chiaramente, che la tortura è un peccato mortale per chiunque lo commetta.