‘Ndrangheta: don Pino De Masi, “ho cacciato i boss 25 anni fa”

Reggio Calabria Attualità

"Io il problema l'ho risolto 25 anni fa. Quando i mafiosi sono venuti a dirmi che volevano organizzare la processione della Madona della Catena li ho mandati via. Mi hanno pure minacciato, ma chi se ne frega". Don Pino De Masi fa il parroco a Polistena, centro della piana di Gioia Tauro ma soprattutto parte della diocesi di Oppido-Palmi, finita nella bufera per il presunto "inchino" tributato al boss Mazzagatti durante la processione di qualche giorno addietro. Don Pino, referente di "Libera", l'associazione contro le mafie, per la piana, rifiuta l'etichetta di una Chiesa piegata ai desiderata dei boss.

"Dico subito - afferma cortese e riflessivo conversando con l'Agi,- che episodi come quello di Oppido vanno condannati, riprovati e sono intollerabili. Ma si tratta di un episodio, perche la purificazione delle processioni è iniziata da tempo". Non si tratta, dice don Pino, di fatti inediti. "Sono episodi non nuovi - spiega - e un tempo frequenti. Ma c'è di positivo che sono sempre più rari. Quindi - risponde - il clamore nasce proprio dal fatto che sono sempre più rari, mentre prima erano frequenti e tollerati - spiega - perché non c'era ancora la piena consapevolezza della mafia come peccato sociale. Ma la Chiesa - sottolinea - su questo è chiara: non può esserci nessuna corrispondenza fra il vangelo e la mafia". La scomunica di Papa Bergoglio indirizzata il 21 giugno scorso proprio dalla terra di Calabria, a Cassano Ionio, dice il sacerdote, "è per noi un punto di non ritorno. Da una parte un richiamo ai mafiosi, un monito a cambiare; dall'altro un invito ala Chiesa affinché proceda su questa strada più speditamente. Serve una prassi pastorale nelle chiese. Cosa che, del resto, ci chiede la gente".

Dunque l'idea di una chiesa connivente è sbagliata? "Non bisogna fare di tutte le erbe un fascio - spiega don Pino - Il cammino è iniziato. Certo, bisogna continuare con i fatti. E i fatti sono la purificazione delle processioni, le cooperative agricole avviate sui terreni confiscati alla 'ndrangheta in tutta la piana di Gioia Tauro. Il vescovo monsignor Luciano Bux, predecessore di quello attuale - fa rilevare - ha voluto la costruzione di una chiesa su un terreno confiscato a Gioia Tauro. Così come un segno del cambiamento - prosegue - sono le colonie estive che tolgono i ragazzi dalle strade e rappresentano palestre di legalità". Le processioni organizzate dalle 'ndrine, dunque, sono un fenomeno in declino. "In alcune realtà della diocesi - dice - i comitati per le feste patronali sono stati esautorati e all'organizzazione provvede direttamente il consiglio pastorale. Occorre guardare al positivo che si sta facendo. La scomunica del Papa ai mafiosi - ripete - è un punto di non ritorno". (AGI)