“Banca” della ‘ndrangheta per finanziare imprenditori. 17 arresti

Reggio Calabria Cronaca

I carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria, in collaborazione con la Dia, stanno eseguendo nelle province di Reggio e Milano, 17 arresti nei confronti di altrettante persone indagate per associazione di tipo mafioso, usura, estorsione, esercizio abusivo dell'attività creditizia e intestazione fittizia di beni, aggravati dalle finalità mafiose. Nel corso dell’operazione, denominata “Ndrangheta banking”, disposto anche il sequestro di aziende e quote societarie del valore di 8 milioni di euro.

Secondo gli investigatori vi sarebbero delle “sinergie criminali” tra le cosche di ‘ndrangheta reggine e di Rosarno il cui scopo sarebbe stata la gestione delle risorse finanziarie provenienti dalle attività illecite. In pratica un vero e proprio "sistema creditizio parallelo", come lo hanno definito gli inquirenti, mediante il quale i clan avrebbero erogavano presiti a tassi usurari a imprenditori calabresi e lombardi che si trovavano in difficoltà finanziarie.

14:00 | GLI ARRESTATI | Francesco Buda (40 anni); Giuseppe Codispoti (49); Domenico Condello (42); Francesco CONDELLO (32); Gianluca Ciro Domenico Favara (47); Francesco Foti (56); Fortunato Danilo Paonessa (40); Vincenzo Pesce (62); Pasquale Rappoccio (58); Carmelo Vardè (28). AI DOMICILIARI | Carlo Avallone (59); Antonino Cotroneo (71); Biagio Francesco Maduli (51); Paolo Pizzimenti (26); Maria Grazia Polimeni (37); Giacinto Polimeni (62); Mario Donato Ria (67);

I PROVVEDIMENTI scaturiscono da un’attività investigativa, avviata dal Raggruppamento in prosecuzione dell’indagine “Meta” del 2010, nei confronti delle più qualificate articolazioni ‘ndranghetiste del capoluogo reggino. In particolare, le investigazioni, condotte sotto la direzione della Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, avrebbero evidenziato le sinergie criminali instauratesi tra le cosche Condello e “Imerti” del capoluogo reggino e quelle rosarnesi dei “Pesce” e dei “Bellocco”, per la gestione delle risorse finanziarie provenienti dalle attività illecite, attraverso la realizzazione di un sistema creditizio parallelo, anche a tassi usurari, a favore di imprenditori del territorio calabrese e lombardo.

In questo contesto, è stata documentata la centralità dell’indagato rosarnese Gianluca Domenico Ciro Favara, “emerso – spiegano gli inquirenti - quale collettore degli interessi anche delle cosche reggine, cui faceva capo un gruppo di soggetti dediti all’individuazione di imprenditori in contingenti difficoltà finanziarie, ai quali concedere crediti, applicando interessi usurari pari al 20% mensile, abbinati ad ulteriori garanzie vessatorie, quali cessioni di quote societarie e trasferimenti della titolarità di immobili, anche di pregio”. In caso di inadempienza, le vittime venivano sottoposte a ritorsioni, anche mediante il ricorso alla violenza fisica.

Tra gli indagati incaricati di individuare le vittime dell’attività usuraria sarebbe emersa anche la figura dell’imprenditore Pasquale Rappoccio, già arrestato insieme Favara, nell’ambito dell’operazione “Reggio Nord”, conclusa dal Ros nell’ottobre 2011 con l’esecuzione di un provvedimento cautelare nei confronti di 18 indagati per associazione di tipo mafioso, procurata inosservanza della pena, favoreggiamento personale ed intestazione fittizia di beni, aggravati dalle finalità mafiose. Quest’ultima indagine avrebbe consentito, in particolare, di individuare un circuito criminale di riferimento di Domenico Condello, costituito da soggetti preposti a favorirne la latitanza ed alla gestione degli interessi economici dell’omonima cosca.

Nel procedimento reggino sono confluite anche le acquisizioni di un diverso procedimento penale, avviato dalla Procura Distrettuale milanese nei confronti di 3 dei destinatari del provvedimento restrittivo. In tale ambito, il Ros e la Dia avrebbero accertato come un’articolazione territoriale della cosche Pesce e Bellocco di Rosarno sia stata in grado di attuare un lento e graduale processo di "aggressione" del patrimonio mobiliare ed immobiliare di soggetti appartenenti all'imprenditoria milanese, “agendo – spiegano sempre gli inquirenti - con condotte estorsive ed usurarie” e come Favara ed i suoi sodali “abbiano sfruttato – aggiungono - anche altre realtà associative già radicate nel territorio lombardo, sia 'ndranghetiste, come la locale di Lonate-Pozzolo, sia gruppi appartenenti alla criminalità cosiddetta comune”.

L’intervento confermerebbe, sul piano associativo, l’esistenza di consolidate dinamiche di interazione in chiave unitaria tra le articolazioni territoriali della ‘ndrangheta reggina e quella lombarda per il perseguimento di obiettivi illeciti condivisi. Contestualmente è stato eseguito anche il decreto di sequestro preventivo, funzionale alla confisca, di beni aziendali e quote societarie, per un valore complessivo - secondo una stima prudenziale - di otto milioni di euro. Gli interventi hanno interessato le province di Reggio Calabria e Milano.