Ventura: “Stagioni concertistiche tutte uguali”

Calabria Tempo Libero
Egidio Ventura

Riceviamo e pubblichiamo una nota di Egidio Ventura, Presidente dell'Associazione Musicale Bequadro di Lamezia Terme:

"Programmi ripetitivi, interpreti prevedibili, repertori limitati. Ormai ogni ‘stagione’ assomiglia a se stessa. Complice il potere (eccessivo) delle agenzie e di certe organizzazioni di concerto fondate sul baratto: qui suoni tu, là mio fratello. È triste pensare che ogni tanto bisogna selezionare la posta e liberare i cassetti stipati di programmi di sala, di depliant di festival, di brochure residuate da conferenze-stampa, di comunicati, di calendari di stagioni. Una volta era un lavoro necessario a fine anno (stagionale, s’intende: un giro a giugno un altro a settembre), oggi si può farlo con cadenze più ravvicinate. La ragione? La maggior parte di quel materiale patinato è inutile. Per capirlo, non occorrono ragionamenti sottili: basta sfogliare i documenti prima di “archiviarli” tra la carta da riciclare, per rendersene conto. L’infecondità è un dato di fatto, non un’opinione. E’ facilmente calcolabile sommando la ripetitività dei programmi, la prevedibilità degli interpreti, la limitazione del repertorio, la genericità delle presentazioni e (dove si possono ancora riconoscere) dei “percorsi” artistici.

Ciò detto, non si vuole sostenere che domina solo una mediocrità ordinaria, ma che ogni stagione assomiglia a se stessa e a quella del vicino di campanile o di provincia o dell’anno precedente, secondo una sorta di aurea e tranquillizzante miscela di artisti e di musiche che fanno la felicità del pubblico pigro, delle agenzie artistiche che con una paio di tournée ben piazzate occupano i propri artisti per settimane, degli organizzatori che vogliano mettere all’incasso preventivo centinaia di abbonati sicuri e dei finanziatori che esigono — senza dichiararlo, per carità — che la sala sia sempre piena e a stomaco contento. Il fenomeno ormai è capillare e non ha nulla a che fare con i progetti di cooperazione (…), si sono dedicati a più redditizio calmiere: quello del gusto del pubblico. E così, complice l’ignavia di molti responsabili artistici, si sono dedicati a firmare segretamente cartelloni unendo l’utile (…) al dilettevole (…), e contribuendo a dare un’ulteriore spallata alla credibilità di molti cartelloni, ridotti al rango di portaborse delle diverse organizzazioni di patrocinio artistico o fondati sul clientellismo più smaccato e caparbio (...). Ecco spiegata la sgradevole sensazione che ci accompagna a ogni inizio di stagione quando dietro la maggior parte dei calendari viene (…), Rachmaninov eseguito dal pianista russo e Ravel da quello francese, Puccini diretto dall’italiano e Strauss dal tedesco. Al massimo, si può svariare con una serata alternativa (dai Beatles a Piazzolla, va sempre bene) o ammiccare con il look dell’interprete di turno che faccia parlare i giornali di “svecchiamento” del pubblico e dei programmi, e pontificare gli organizzatori di “nuovi spettatori” e di “aperture”: perché la musica è senza confini. Così non si educa nessuno. Si farà piacere a qualcuno, forse: ma è triste pensare che in un tempo dominato dalle possibilità interplanetarie di ascoltare qualsiasi musica (e a ogni ora e in ogni angolo del globo), lo spettatore consapevole si debba accontentare di ciò che offre il mercato. E, soprattutto, che i direttori artistici se ne servano, invece di ‘approfittare’ della loro posizione privilegiata per orientare il pubblico, per stuzzicare i musicisti con nuovi confronti, per rianimare la storia dell’interpretazione che a giudicare da quei depliant quasi tutti uguali rischia di non superare l’attuale stato cadaverico. Per pigrizia, paura e incompetenza di chi dovrebbe garantirne il rinnovamento e invece lavora per tenere in vita con accanimento terapeutico il vecchio".


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