La Creatura prediletta. Il 25 aprile, in prima nazionale, a Polistena lo spettacolo di Dracma

Reggio Calabria Tempo Libero

La prima nazionale del nuovo spettacolo della Compagnia Dracma “La Creatura prediletta. Calabria d’amore e d’abbandono”si terrà il 25 aprile prossimo alle ore 21,30 presso l’Auditorium comunale di Polistena, nell’ambito del progetto di Residenza Etica Teatrale della Piana, e in replica il 26 aprile presso il teatro comunale di Cassano allo Ionio.

Ispirandosi al famoso testo di Leonida Répaci "Quando fu il giorno della Calabria", lo spettacolo compie attraverso i versi più alti dei poeti Costabile, Calogero e Argiroffi, un suggestivo affresco di una terra di grandi contraddizioni, teatro del dramma perpetuo della cosiddetta “razza maledetta”, luogo mitico la cui ricchezza continua ad essere oscurata.

Lo spettacolo di teatro canzone, per la regia del direttore artistico Andrea Naso, è costruito sulla recitazione degli attori Paolo Cutuli e Daniela D’Agostino, e dello stesso Naso, che si intreccia col repertorio e con le musiche inedite del maestro cantautore Nino Forestieri: una sovrapposizione armonica tra teatro, musica ed espressione corporea che vedrà protagonisti anche i musicisti Rosario Columbro e Tato Barresi.

Il famoso testo di Répaci, che descrive bellezze e miserie della Calabria, è il punto di partenza di un lavoro che intende indagare, attraverso la poesia e il mito, la Calabria come “parto divino” ma anche come “creatura luciferina”: alla bellezza dei luoghi, dice Répaci, si aggiunsero le dominazioni, il terremoto, la malaria, il latifondo, le fiumare, le alluvioni, …, l’Onorata Società, la vendetta, l’omertà, la violenza, la falsa testimonianza, la miseria, l’emigrazione.

La Calabria come l’hanno vista i suoi poeti più rappresentativi, ma anche come è stata percepita dagli altri, terra di briganti, mafiosi, terra “infame” che non può essere redenta, e come tale “perduta”, e quindi ancora oggi terra di abbandono e di emigrazione.

«La teoria della "razza maledetta" – sostiene il regista Andrea Naso - fu denunciata da numerosi meridionalisti come romanzo antropologico dell’inferiorità meridionale e una comoda scorciatoia per spiegare le differenze tra Nord e Sud, sulla scia di alcune teorie di fine ottocento. Questa narrazione finì col generare un sentire comune e diffuso, all'origine di stereotipi ancor oggi operanti. Attraverso la poesia, dunque, vogliamo guardare a questa terra con occhi nuovi, incontrarla; perché solo la poesia assomma leggenda e realtà, suggestioni e sapori, senso di libertà e costrizione di un luogo che, saputo vivere, può divenire luogo dell’anima ed esperienza irripetibile».

Il secondo punto fermo dello spettacolo, e conclusivo, è dato da “Il canto dei nuovi migranti” di Franco Costabile, potente, crudo e attualissimo come attualissimo è ad oggi il fenomeno dell’emigrazione dei calabresi.

Parola e musica, poesia e nenia, dialetto e parola colta, corpo e voce, presente e passato, insieme.