Messa del Crisma: l’omelia tenuta da Mons. Morosini

Reggio Calabria Attualità

Di seguito il testo completo dell'omelia tenuta da Mons. Morosini in occasione della Messa del Crisma.

"Ci ha costituiti sacerdoti per il suo Dio e Padre. Carissimi sacerdoti,

Con questa frase del libro dell’Apocalisse, si apre la liturgia della messa del Crisma, con il diretto riferimento al mistero del nostro Sacerdozio ministeriale.

Sin dall’inizio di questa Santa Messa il nostro sacerdozio è proiettato nel suo rapporto con Dio, che ci ha chiamati, ci ha consacrati, ci ha inviati per la missione; così come avvenne in Gesù. Il richiamo a Dio, fonte e radice del nostro sacerdozio, non viene fatto solo per ricordare il fondamento teologico del nostro sacerdozio, ma anche dare un orientamento morale alla nostra vita e anche un senso alla nostra missione pastorale, che deve rivelare anzitutto la nostra comunione con Dio.

Abbiamo letto, perciò, nella prima lettura: Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del Signore sarete detti … Coloro che li vedranno riconosceranno che essi sono la stirpe benedetta del Signore.

Ripensando al dono del nostro Sacerdozio e rinnovando fra poco i nostri impegni sacerdotali, quelli giurati al momento della nostra ordinazione, noi ci interroghiamo se riusciamo a far percepire nella nostra missione il nostro legame con il Signore, la fondazione del nostro essere in lui.

A che servirebbe il nostro sacerdozio se fosse solo una serie di azioni, che definiamo pastorali, senza un profondo colloquio con il Signore, che si alimenta della preghiera perseverante e pura, cioè non disturbata né da cause esterne (silenzio esteriore), né da cause interne (la dissipazione del cuore). Ricordiamo che il primo impegno che rinnoveremo sarà proprio l’unione intima con il Signore. Fra poco, infatti, vi chiederò: Volete unirvi intimamente al Signore Gesù? (sottolineate la forza dell’avverbio). E mentre voi risponderete, anche io mi interrogherò sulla qualità della mia comunione con il Signore. La nostra intimità con Dio in alcuni momenti della vita dovrà essere necessariamente più intensa; di una intensità del tipo di quella che Gesù richiese dai suoi discepoli dopo la missione svolta: Venite con me in un luogo appartato e riposate un poco. O come quella più drammatica del Getsemani: Vegliate e pregate … Non avete potuto vegliare un’ora sola con me. Sappiamo che era abitudine per Gesù ritirarsi in luoghi solitari per prepgare e stare in intimità con il Padre.

Il libro dell’Apocalisse, ancora, parla dell’amore di Gesù verso di Dio, della sua azione di liberazione dai nostri peccati, di lui che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre. Ancora una volta l’invito a focalizzare in Dio il senso del nostro sacerdozio, ancor prima dell’orientazione all’azione pastorale.

Miei cari, non perdiamo mai di vista nella nostra vita il rapporto fondante con Dio, che deve essere alimentato con una degna condotta di vita, con la quale dobbiamo far risplendere il fulgore del nostro sacerdozio, tutto rivolto alla liberazione delle persone, che il Signore ci ha affidati. Ma noi non libereremo nessuno, se non siamo a nostra volta liberati. E ciò solo la comunione con Dio potrà renderlo possibile.

Nella rinnovazione delle promesse sacerdotali faremo riferimento ad alcuni elementi di una degna condotta di vita: anzitutto La rinunzia a noi stessi e fedeltà agli impegni assunti; e poi nel ministero non lasciarsi guidare da interessi umani, ma dall’amore ai fratelli.

Due cose, quindi, ci vengono chieste per rinnovare i nostro impegno verso il Signore:

* La rinunzia a noi stessi e la riaffermazione del dono della vita, che noi intendiamo offrire agli altri, forti dell’amore oblativo di Dio nei nostri confronti. Per questa rinunzia, il nostro ministero non può essere una semplice professione di vita, un impiego regolato da leggi sindacali. Siamo a tempo pieno nel ministero perché noi non ci apparteniamo, ma apparteniamo a lui.

* Ci viene chiesto poi il rinnegamento di ogni interesse umano nell’esercizio del ministero.

* Ci viene chiesto ancora l’amore verso i fratelli, e lo dimostreremo servendoli.

Il nostro ministero, quindi, non è un lavoro prezzolato, una scalata verso un potere, o il graduae raggiungimento di una carriera, ma servizio nell’ottica del dono amorevole della vita, per cui non c’è risparmio, ma solo dono, puro dono. Vi chiedo di ricordarcene tutti, soprattutto nei momenti cruciali, quando si prospettano cambiamenti nell’organico diocesano.

Nell’impegno di svolgere un sacerdozio secondo il cuore di Dio, viene posta davanti a noi la figura di Gesù, che vive il suo sacerdozio costantemente rivolto al Padre. Pregheremo fra poco: tu proponi loro come modello il Cristo, perché, donando la vita per te e per i fratelli, si sforzino di conformarsi all’immagine del tuo Figlio e rendano testimonianza di fedeltà e di amore generoso.

Miei cari, non deflettiamo mai dalla strada della fedeltà a quanto abbiamo promesso; come Gesù siamo sempre orientati verso il Padre per fare la sua volontà. La missione che ci ha affidato sia la luce che ci guida ed orienta le scelte, che siamo chiamati a fare.

Il crisma che fra poco benediremo è lo stesso olio con il quale siamo stati consacrati presbiteri e siamo stati in un certo senso scelti e separati per il Signore e per la sua missione di salvezza. Facciamo nostre, pertanto, le parole della preghiera di benedizione, che fra poco leggerò: Questa unzione li penetri e li santifichi, perché liberi dalla nativa corruzione e consacrati tempio della tua gloria, spandano il profumo di una vita santa. Si compia in essi il disegno del tuo amore e la loro vita integra e pura sia in tutto conforme alla grande dignità che li riveste come re, sacerdoti e profeti. Riguarda tutti i credenti unti del crisma, ma soprattutto noi, a cui è stata riservata da Dio l’unzione per il ministero sacerdotale.

Miei cari sacerdoti la consacrazione esige da noi profonda adesione, nel senso che le esigenze dello spirito devono prevalere su quelle del mondo. Nella preghiera che Gesù eleva al Padre per gli apostoli dopo l’ultima cena, chiede proprio questo: che quanti lui ha scelti siano preservati dal mondo e dal dominio del maligno. Sentiamoci anche noi oggetto di questa preghiera e consentiamo a Dio con la buona volontà di preservarci dalla mondanità. S. Francesco di Paola esortava così: che la temporalità non prevalga sulla spiritualità.

Siate uniti, miei fratelli nel sacerdozio. Siate uniti e vogliamoci bene. Stimatevi a vicenda nella carità. Sostenetevi nella preghiera. Non permettiamo a nessuno di chiudersi nella propria solitudine: sarebbe la fine per noi. Permettiamo a qualche confratello di entrare nel mistero della nostra interiorità quando si accorgono che attraversiamo un periodo difficile.

Amate la Chiesa, la Diocesi, il vostro popolo. Amatelo e servitelo con pazienza e dedizione.

Ringrazio tutti voi per il lavoro che fate. Continuare, soprattutto con i giovani. Il Sinodo è una grande speranza per loro: non deludiamoli.

Grazie, carissimi sacerdoti, diocesani e religiosi; grazie di vero cuore per stare lieti e generosi sulla breccia. Grazie. Dio vene rende merito.

Ringrazio Mons. Mondello per la discrezione, l’affetto e la stima con le quali segue il ministero. Lo ringrazio per avere ereditato da lui una Chiesa vivace e laborioso.

Ringrazio i due Vicari, che mi sono stati accanto in questo avvio del mio ministero: D. Polimeni e D. Jachino.

Grazie al Capitolo, grazie agli officiali di Curia, a tutti gli impiegati della Diocesi, a tutte le Suore, a tutti i collaboratori parrocchiali, ai sagrestani, ai cori, ai catechisti, a quanti lavorano nel volontariato sociale.

A tutti, nessuno escluso, il mio grazie e il mio plauso: non potrei esercitare il mio ministero senza di voi.

Camminiamo sempre uniti e pieni di entusiasmo. Il mondo non ci farà paura, perché noi confidiamo nel Signore: Io ho vinto il mondo".