Operazione Eldorado: chiesto il rinvio a giudizio per i presunti affiliati alla ‘ndrangheta di Gallicianò

Reggio Calabria Cronaca

È stato chiesto dal sostituto procuratore antimafia, Antonio De Bernardo, il rinvio a giudizio per le 21 persone arrestate nell'ambito dell' operazione “Eldorado”. Lo scorso 6 maggio furono i Carabinieri ad eseguire gli arresti in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.

Il pm ha chiesto oggi il processo per Antonino Casili, Alberto Corso, Augusto Corso, Domenico Foti, Concetto Manti, Tommaso Mesiano, Antonio Nucera,di 59 anni, Antonio Nucera, di 73 ann, Bruno Nucera, Carmelo Nucera, Carmelo Nucera, Diego Nucera, Domenico Nucera, Francesco Nucera, Giuseppe Nucera, Raffaele Nucera, di 51 anni, Raffaele Nucera, di 41 anni, Roberto Raso, Pietro Rodà, Domenico Vitale e Girolamo Zindato.

Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, riciclaggio aggravato dalle modalità mafiose e detenzione illegale di armi. Secondo la Procura antimafia il locale di Gallicianò, piccolo borgo dell'area Grecanica, ha un'importanza particolare e si distinguerebbe da quello di Condofuri. Con l'inchiesta “Eldorado” gli inquirenti avrebbero individuato le precise delimitazioni territoriali e le competenze dei rispettivi locali. Infatti, la località Acquapendente dividerebbe il confine del locale di Gallicianò con quello di San Carlo di Condofuri.

Alla guida del locale oggetto delle indagini ci sarebbe la famiglia Nucera e in posizione sovraordinata vi sarebbero Giuseppe e Antonio Nucera, i quali - secondo la Procura- dirigevano ed organizzavano la cosca, assumendo le decisioni più rilevanti, impartendo disposizioni o camminando sanzioni agli altri associati a loro subordinati, decidendo e partecipando ai riti di affiliazione, attribuendo "cariche" di tipo 'ndranghetistico ad altri affiliati. I due avrebbero anche curato i rapporti con le altre cosche, dirimendo contrasti interni o esterni al sodalizio, alternandosi nella carica di "capo locale" anche in considerazione dei periodi di detenzione da ciascuno patiti. Inoltre, le risultanze investigative avrebbero consentito di appurare la creazione di un sistema di riciclaggio di denaro sporco che, partendo dalla Calabria, passava per il Lazio attraverso alcune ditte per poi ritornare in provincia di Reggio Calabria sui conti correnti di alcuni esponenti proprio della famiglia Nucera.

Un riciclaggio che, stando alle indagini, avrebbe visto la partecipazione anche di Domenico Vitale, ritenuto il tramite tra la famiglia Nucera e quello che gli inquirenti ritengono essere il boss della montagna ossia Rocco Musolino che comunque non è coinvolto in questo procedimento. Recentemente però, quest'ultima convinzione della Procura Antimafia è stata messa fortemente in discussione dal Tribunale del Riesame che ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere proprio per questi fatti e rimesso quindi in libertà il Vitale.