‘Ndrangheta, nel reggino sequestro e confisca per 2 milioni di euro

Reggio Calabria Cronaca
La villa di 5 mila mq sequestrata a Girolamo Magnoli

Due distinti provvedimenti, uno di sequestro e l'altro di confisca di beni, per un valore di due milioni di euro, sono stati eseguiti dalla squadra mobile di Reggio Calabria.

A GIOIA TAURO il provvedimento di sequestro - emesso dal Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Misure di Prevenzione - ha come oggetto una lussuosa villa con piscina, di circa 5 mila metri quadri, nella disponibilità di un 34enne, Girolamo Magnoli, nato a Cannes, arrestato il 1 ottobre del 2013 nel corso dell’operazione Griffe che ha riguardato 23 soggetti considerati esponenti di un’organizzazione criminale transnazionale, dedita al traffico di sostanze stupefacenti, che aveva base operativa nella piana di Gioia Tauro. In particolare Magnoli, ritenuto al vertice dell'organizzazione, oltre a promuovere, dirigere ed organizzare, l’associazione e le attività collegate, procurava in Francia lo stupefacente per poi smerciarlo in diverse regioni italiane quali Sicilia, Lazio, Puglia e Liguria. Il sequestro della villa è stato disposto, avvalorando le risultanze investigative patrimoniali che avrebbero dimostrato la provenienza illegittima del denaro utilizzato dal 34 enne per i lavori di costruzione della villa, della piscina, delle serre e di tutte le altre pertinenze dell’immobile.

LA CONFISCA ha riguardato, invece, alcuni immobili - un appartamento e due magazzini - riconducibili, secondo gli investigatori, ad un esponente della cosca di 'ndrangheta dei Tegano, Paolo Schimizzi, 38enne reggino, al quale è stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, e ritenuto autore di un attentato esplosivo ai danni di un esercizio commerciale.

Il provvedimento, dicono gli investigatori, rappresenta la naturale evoluzione dell’indagine condotta dalla Mobile e diretta dalla Procura della Repubblica, Dda, nella quale a Schimizzi veniva contestato di aver collocato e fatto esplodere un ordigno esplosivo all’interno di un noto bar pasticceria nella centralissima via S. Caterina di Reggio. Le indagini avrebbero dimostrato che la matrice dell’attentato era da ricondursi al rifiuto opposto dal titolare dell’esercizio commerciale di affidare i lavori di ristrutturazione del bar ad una ditta riconducibile al 38enne. “Questo rifiuto, opposto al prevenuto, e quindi alla cosca 'Tegano', che esercita un ruolo egemone sul rione Santa Caterina - affermano gli inquirenti - è stato fatale per le sorti dell’esercizio che, pochi giorni dopo l’inaugurazione, è stato distrutto da un attentato ispirato da una becera logica di supremazia e ritorsione mafiosa”.