Musella (Riferimenti): “Papa Francesco dia direttive severe al clero sulla criminalità organizzta”

Calabria Attualità
Adriana Musella

Adriana Musella, Presidente del Coordinamento Nazionale Antimafia "Riferimenti" , con una lettera, sottopone a Papa Francesco la necessità di direttive ferree da impartire a Vescovi e Sacerdoti nelle zone ad alto rischio di criminalità organizzata, soffermandosi soprattutto sulla grave situazione calabrese.

Per tale iniziativa La Musella è stata chiamata nei giorni scorsi ai microfoni della Radio vaticana.

Di seguito il testo della lettera al Papa.

"Carissimo Papa Francesco,

mi chiamo Adriana Musella e sono figlia di una vittima di mafia.

Mio padre Gennaro Musella è stato disintegrato dalla ‘ndrangheta calabrese, saltando in aria con la sua autovettura a Reggio Calabria.

Era il 3 maggio 1982; quel giorno non è stato soltanto ucciso un uomo o ridotto un corpo a brandelli ma un’ intera famiglia.

E come la mia famiglia, ce ne sono tante, troppe, come troppe sono le vittime della criminalità organizzata.

Da allora, non ho mai smesso di cercare verità e giustizia e ho voluto dare un senso a quella morte e alla mia stessa vita, dedicandomi alla costruzione di una società diversa, alla prevenzione e al recupero dei minori.

Ho cercato di non rendere sterile il mio dolore ma di trasformarlo in impegno.

Oggi presiedo il Coordinamento Nazionale Antimafia della “Gerbera Gialla”.

Vent’ anni fa abbiamo scelto un fiore come simbolo della lotta alla mafia , un fiore che trasmette non soltanto un messaggio di memoria ma, soprattutto di vita, rinascita e speranza.

Questo fiore ha creato coscienze in una terra dove si negava anche l’esistenza del fenomeno mafioso.

E’ stato distribuito a migliaia e migliaia di ragazzi che oggi si riconoscono in quel simbolo, consapevoli che la lotta al male e alla violenza, alla sopraffazione e all’odio, implica la responsabilità di ciascuno di noi, in quanto forze distruttive.

La “Gerbera Gialla” è un simbolo che sopravviverà a noi e sappiamo che i simboli non muoiono, per quanto forte il vento possa soffiare, come le montagne, non si piegheranno mai

Ho deciso di scriverLe per richiamare la Sua attenzione sull’importanza che l’opera della Chiesa può avere nel contrasto alla violenza criminale.

Ricordiamo, ancora, le parole di Giovanni Paolo II ad Agrigento.

Caro Papa Francesco io vorrei, e come me tanti, che, come avvenuto per lo IOR e per la pedofilia, nell’ambito delle Diocesi e delle Parrocchie si effettuasse una seria azione di bonifica per quel che riguarda la lotta alla mafia.

Ci sono Vescovi e Vescovi, Sacerdoti e Sacerdoti.

Forte è la condanna, dell’ Arcivescovo di Napoli, come quella di Monsignore Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale, che con un decreto stabilisce che sia privato delle esequie ecclesiastiche, in tutta la Diocesi, chi è stato condannato penalmente per reati di mafia con sentenza definitiva, se prima della morte non abbia dato nessun segno di pentimento.

La stessa cosa, purtroppo, non possiamo dire per tanti altri.

In una terra, come la Calabria, per esempio, al di la della parole , non si è mai giunti a provvedimenti concreti di condanna e punizione nei riguardi della criminalità organizzata.

Calabria terra infestata dalla ‘ndrangheta, la criminalità piu’ agguerrita e potente.

Sono lontani i tempi in cui Monsignore Agostino, Arcivescovo di Cosenza, chiese la scomunica per i mafiosi, privando loro dei Sacramenti proibendo di seguire le Processioni.

In questa Regione, invece, c’è chi consente i Sacramenti ai criminali, Parrocchie che da costoro vengono sovvenzionate, malavitosi che sorreggono Santi e Madonne nelle Processioni (cosiddetti Portatori della Stanga) che, si tramandano di generazione in generazione il diritto di portare sulla propria spalla l’Immagine Sacra con l’assegnazione di un posto stabile e intoccabile.

Il problema è che spesse volte quel “posto” viene occupato e tramandato da devoti con molteplici precedenti penali.

Possiamo citare degli esempi come Polsi, Reggio Calabria, o Sant’ Onofrio con la famosa "Affruntata".

Santuari come quello di Polsi, dove, invece di chiuderle, si aprono le porte del Tempio alle famiglie di ‘ndrangheta, senza esprimere alcuna condanna nei riguardi delle loro azioni criminali.

C’è da dire che in questo Santuario si venera la Madonna della Montagna, ritenuta dagli uomini di ‘ndrangheta la loro protettrice, perché Polsi è ritenuta per tradizione storica luogo dove avvengono le affiliazioni, le nomine e le riunioni dei Capi.

Noi sappiamo, invece, che la Madonna non potrà mai essere protettrice di chi uccide e questo va ribadito, se è vero che esiste un Comandamento che vieta di uccidere.

I Vescovi calabresi hanno fatto, in passato, anche un documento; ma non ci si può limitare a questo.

Santità, la ‘ndrangheta calabrese è capofila, insieme ai cartelli colombiani, del traffico internazionale di stupefacenti.

Il sangue e i lutti provocati sono immensi, la ferocia, la violenza e la sopraffazione di cui fa uso, indescrivibili.

Le chiediamo una condanna ferma per quel che riguarda il fenomeno della mafia; delle regole precise e ferree per cui la loro fede pagana non si mescoli con quella Cristiana.

Le chiediamo, inoltre, una verifica per quel che riguarda la condotta di Parroci e Vescovi.

Nell’abbracciarLa e ringraziarLa per quel che sta dando alla Chiesa e al Mondo, Le inviamo un caro saluto"