Abolizione delle province, Malacari: breve profilo sul Ddl Delrio

Crotone Politica

Riceviamo e pubblichiamo integralmente nota stampa diffusa dal Coordinatore RSU Provincia di Crotone, Vincenzo Malacari sull’abolizione delle province e sul Ddl Delrio:

“Il disegno di Legge sulle Province, da non confondere con quello recentemente presentato dal governo di portata costituzionale e teso alla espunzione delle Province dal dettato costituzionale, è stato presentato come una rivoluzione ordinamentale ma in realtà rientra a pieno titolo in quella serie di misure variegate e spesso disorganiche di contenimento della spesa pubblica. Questa impressione sembra essere confermata dalle dichiarazioni del Ministro o dei suoi sostenitori: in specie, tra le misure di natura ordinamentale introdotte si evidenzia il risparmio presunto concretizzato dal ddl per ciò che riguarda il contenimento dei costi della politica, pari allo 0,5 % delle spese complessive di funzionamento degli enti locali! Non è una novità! Con rapida successione, a partire dalla fine del 2007 e, soprattutto, tra la fine del 2009 ed il 2012, in Italia sotto la voce Province si sono schierati i più rapaci sostenitori di tagli ai costi della politica. Peccato che l'incidenza delle Province, per ciò che riguarda le spese complessive di funzionamento dei suoi organi, sono nettamente inferiori rispetto agli enti equi ordinati( Regioni, Comuni e Stato) e rappresentano solo il 5% dell'ammontare di gestione complessiva dell'Ente.

Affrontiamoli a viso aperto, allora, questi costi. Eliminando le province si risparmierebbero davvero i 12 miliardi come ha scritto da qualche noto giornalista? No. Le province spendono 10 miliardi per funzioni e servizi ai cittadini. Abolendole si evince che almeno otto miliardi dovrebbero essere spesi da “altri”. Sono i costi derivanti dalla manutenzione delle scuole e la formazione professionale (due miliardi), territorio, urbanistica e viabilità (due miliardi), mobilità e trasporti (un miliardo), ambiente (un miliardo), centri per l'impiego (un miliardo), cultura, sport, turismo, servizi sociali (un miliardo). I restanti due miliardi servono per il pagamento degli stipendi dei dipendenti. Non solo straccioni figli delle clientele come li ha definiti qualcuno.

Il loro costo medio è di 41.000 euro l'anno, contro i 58.000 di un dipendente regionale. Il 38% in più. E il costo della democrazia inteso come presidente, assessori e consigli provinciali? A ciascun italiano costa 1,77 euro l'anno, contro i 14,18 euro degli eletti in regione e i 9,39 euro l'anno di quelli eletti nei comuni. Facendo due calcoli si scopre che l'incidenza sulla spesa pubblica di presidente, assessori e consiglieri provinciali (105 milioni) è dello 0,01%. Un altro parallelo interessante è il versante della spesa dove lo Stato vince a mani basse con un ammontare di 562 miliardi, seguito dalle regioni, 163 miliardi e dai Comuni 66 miliardi.In tutto questo le province spendono “solo” 10,1 miliardi.

Sfatato il mito dei costi, resta da sciogliere l'altro mistero: l'irrilevanza dell'Ente secondo la tesi degli abolizionisti. la presenza di un ente intermedio di area vasta è dato su cui tutti sono concordi, mentre la materia del contendere è la coincidenza di tale presenza con quella provinciale. Se facciamo un'analisi comparata nei paesi europei è facile constatare che questi presentano una struttura dei poteri locali a tre livelli. Solo alcune nazioni con densità e estensione territoriale ridotta hanno due livelli istituzionali. In alcuni di questi paesi i due livelli sono rappresentati dal governo municipale e dal governo regionale. In altri (Repubblica Ceca, Irlanda, Slovacchia, Lettonia e Portogallo) sono presenti invece due livelli di governo locale, uno comunale e un governo locale intermedio.

Gli altri paesi hanno un’organizzazione territoriale a tre livelli, con notevoli differenze al loro interno, ma tutti hanno un diffuso e consolidato rapporto di governance diretta, ovvero livelli di elezione diretta e rappresentativa degli organi locali. Esaurite e smentite le due certezze su cui si basa il ddl ( contenimento dei costi e irrilevanza della Provincia) si deve affrontare il tema delle incostituzionalità di tale disegno di legge. Come noto e secondo il Ministro, la grande novità del ddl è quella di sostituire la presenza di un ente intermedio con funzioni di area vasta con le unioni tra comuni, instaurando il duplice effetto di un contenimento dei costi della politica e di una razionalizzazione dei livelli di governo locale. Appurato che sia sui costi che sulla riorganizzazione in termini efficientistici si nutrono forti dubbi in ragione della modesta incidenza erariale e della esplosione dei centri decisionali, L' aspetto più grave resta quello della trasformazione del governo di area vasta da diretto a indiretto.

Il ddl stabilisce che organi delle unioni sono solo il Consiglio, composto dai sindaci dei comuni superi ai 15 mila abitanti e dai rappresentati delle unioni avvenute tra i comuni di piccola densità, e dal Presidente dell'Unione. Su tale disciplina si possono avanzare seri problemi di costituzionalità. Vero è che in Costituzione non c'è alcun vincolo circa l'elezione diretta degli organi degli enti territoriali, tuttavia è pur certo che le Province sono qualificate come enti territoriali , esponenziali e rappresentativi della popolazione locale e non come espressione associativa di comuni. Un dato di non poco conto che incide sulla rilevanza costituzionale dell'elettorato passivo e sui gradi di uniformità elettorale di enti costituzionalmente e gerarchicamente paritetici. Non si avrebbe più una rappresentanza territoriale ed esponenziale ma solo una rappresentanza, peraltro differenziata tra comuni in base alla densità ( altro profilo di illegittimità), tra Comuni. Nei sistemi federali una rappresentanza di secondo grado si ha quando i grandi elettori scelgono liberamente i loro delegati, mentre in tal caso si avrebbe una rappresentanza non esponenziale ma associativa.

Un consiglio composto da rappresentati dei comuni con più di 15 mila abitanti e da quelli delle unioni paleserebbe una grave violazione sia del principio di esponenzialita' dell'Ente locale , sia di trattamento rappresentativo equale. in quest'ultimo caso, infatti, per i piccoli comuni si attuerebbe una terza rappresentanza ( i delegati dei delegati delle Unioni dei piccoli comuni). In tal modo si creerebbero gravi vulnerazioni sul diritto di voto di ogni cittadino, non solo esponente politico. Un diritto che ha caratteristiche estensive e non limitative e che trova legittimità in un ente di rappresentanza ancora costituzionalmente rilevante.

Quanto poi al Presidente, dovendo essere scelto tra i componenti del consiglio, vanterebbe un potere di rappresentanza di terzo grado e non esponenziale essendo eleggibile tra i soli rappresentanti delegati del consiglio. Infine, Non è' ancora chiaro il livello dislocazione delle funzioni amministrative e i criteri di allocazione tra Regione e Comuni. Un ultimo dato: le unioni tra comuni sotto i 5000 abitanti restano spesso solo esperimenti nominalistici la cui efficacia è' ancora da sperimentare ( il termine di obbligo è stato slittato al 2014), in tal caso il livello di approssimazione nella gestione delle funzioni amministrative sarebbe doppiamente amplificato.

In sintesi la scelta di un ddl, dopo la presentazione di un disegno costituzionale e dopo la sentenza importante della Consulta, sembra essere esclusivamente finalizzata al blocco delle elezioni nelle province commissariate. Constata l'impossibilità di una riforma costituzionale in un tempo ragionevole, visti i rilievi della Corte, alla luce della non reiterabilità del prolungamento dei commissariamenti ( disciplinati dalla legge di stabilità, art. 1, comma 115), il Governo ha pensato ad una legge ordinaria transitoria di trasformazione in Unioni comunali delle Province ( modello Crocetta) senza alcuna ponderazione riguardo al grado di intensificazione dei costi e della policentricita' dei luoghi di decisione.

Un disegno approssimativo che elude il problema del riassetto degli enti locali, pone da parte la questione della Carta delle autonomie e allontana il vero problema che è' quello delle funzioni. Un ddl figlio delle stagioni approssimative e disorganiche in materia di Enti locali il cui unico scopo resta quello di sacrificare all'altare della demagogia il prezioso principio dei costi della democrazia!Basta con la retorica!"


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