Operazione “Redde rationem”, i nomi degli imprenditori arrestati

Cosenza Cronaca

Gli arrestati nel corso dell'operazione denominata "Redde rationem", effettuata dalla Guardia di Finanza, sono i responsabili della società di riscossione tributi So.ge.fi.l Riscossione: Mario Lo Po, 50 anni, la sorella Maria Grazia Lo Po, 45 anni, Giovanna Trovato, 36 anni, moglie di Lo Po, e il fratello di questa, Leonardo Trovato, 33 anni. Ci sono poi altri 14 indagati, tra cui alcuni amministratori di comuni calabresi.

La guardia di finanza ha effettuato delle indagini molto rapide, seppur specialistiche, per arrivare all'arresto dei quattro dirigenti della So.ge.fi.l, i fratelli Lo Po, finiti in carcere, e i fratelli Trovato, ai domiciliari. La società si occupa della riscossione dei tributi per circa 80 comuni in Calabria, Basilicata e Campania, tra cui Catanzaro e anche Casal di Principe (Caserta). Il denaro incamerato però, secondo le accuse, era utilizzato per scopi privati dagli arrestati, e solo in minima parte versato ai comuni, tra cui alcuni che sono finiti in dissesto per il mancato incasso. Tra i comuni che riuscivano invece a farsi pagare, ci sono Limbadi, Cariati e Nicotera, è stato sottolineato in conferenza stampa. Inoltre la società non avrebbe pagato, per lungo tempo, i suoi dipendenti e neanche le tasse che doveva allo Stato.

I finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno sottolineato che nella contabilità c'era una notevole confusione, probabilmente creata ad arte. Sarebbero stati sottratti almeno 15 milioni di euro. Le indagini sono iniziate per la denuncia di alcuni comuni, che non ricevevano i corrispettivi attesi dalle tasse dei contribuenti. Ci sono in corso dei sequestri per equivalente di appartamenti, ville, box e terreni nella disponibilità di due degli indagati.

Le accuse sono di associazione per delinquere e peculato. Ma a carico degli amministratori della società sono stati contestati diversi reati societari, tra cui, in particolare, il falso in bilancio, la formazione fittizia del capitale sociale e l’ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza. Le società di riscossione hanno infatti l’obbligo di disporre di un capitale sociale di almeno 10 milioni di euro a garanzia di eventuali pretese erariali. I soci avrebbero apportato invece crediti inesigibili per circa 7 milioni e mezzo di euro. (AGI)