Estorsione ai dipendenti: sequestrati beni a 3 imprenditori lametini

Catanzaro Cronaca

Beni per circa 1,6 milioni di euro sono stati sequestrati dal Gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia Terme a tre imprenditori indagati per estorsione ai danni dei dipendenti. Gli imprenditori, tutti appartenenti allo stesso gruppo familiare, sono indagati per i reati di associazione a delinquere, estorsione e frode fiscale. I sigilli sono stati posti a quote societarie intestate ai tre imprenditori i ed a un loro congiunto, del valore di circa 1.100.000,00 euro, un'imbarcazione del valore di 175.000,00 euro; titoli e disponibilità finanziarie per 323.658,55 euro.

L’operazione, denominata “primo maggio”, era stata avviata nel 2011 a seguito della denuncia di un dipendente, rivoltosi alla guardia di finanza lametina perché stanco di subire vessazioni - sotto il profilo economico e morale - dal proprio datore di lavoro. Le indagini, oltre a far constatare la veridicità di quanto dichiarato dal lavoratore, permettevano di far luce su un più vasto fenomeno di sfruttamento illecito dei dipendenti, attuato sistematicamente da quattro imprese lametine, amministrate dal ristretto nucleo familiare indagato ed attive nella gestione di aree di servizio e distribuzione di carburanti.

In particolare, i finanzieri avevano scoperto che le società degli indagati, almeno dal 2001, costringevano sistematicamente numerosi dipendenti, con l’implicita prospettiva di licenziamento, ad accettare gravose condizioni lavorative (rinuncia a ferie, riposi e indennità aggiuntive; prestazioni di lavoro eccedenti le ore previste non retribuite, ecc..) Ma soprattutto a restituire in contanti ai datori di lavoro circa la metà dello stipendio indicato in busta paga.

Le indagini, svolte con intercettazioni ambientali e telefoniche, esame delle movimentazioni finanziarie, escussioni testimoniali e riscontri contabili, nonostante la ritrosia di quasi tutte le vittime nel riferire le reali condizioni lavorative per il timore di essere licenziati, consentivano di verificare la reale estensione del fenomeno illecito, risultato tale da rappresentare una sostanziale fonte di arricchimento per gli amministratori/soci delle imprese coinvolte che, solo riguardo alla restituzione di somme, superava i 550 mila euro.