Operazione “Alba di Scilla 3”, in manette 7 presunti appartenenti alla cosca “Nasone-Gaietti”

Reggio Calabria Cronaca

Sette soggetti, considerati appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta dei “Nasone-Gaietti” di Scilla, nel reggino, sono i destinatari di un ordine di arresto emesso dal Gip di Reggio Calabria su richiesta della Dda (Direzione Distrettuale Antimafia) ed eseguito dai carabinieri del Comando Provinciale della città dello Stretto in un blitz mattutino denominato operazione "Alba di Scilla 3".

Le sette persone sono ritenute responsabili a vario titolo dei reati di associazione di tipo mafioso, concorso in tentata estorsione aggravata “dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso”, concorso in intestazione fittizia di beni.

09:02 | LE INVESTIGAZIONI - avviate nel giugno del 2011 a seguito dell’arresto per estorsione di Giuseppe Fulco - rientra in una più ampia manovra investigativa coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nei confronti della cosca e che ha già portato all’arresto di 17 persone ed al sequestro di beni per un ammontare complessivo di oltre 15 milioni di euro.

Le indagini, coordinate dalla Procura Distrettuale di Reggio Calabria, avrebbero consentito di confermare “l’esistenza a Scilla – sostengono gli inquirenti - di un’associazione mafiosa denominata cosca Nasone-Gaietti costituita ed organizzata al fine di assumere il controllo sul territorio del comune di Scilla delle attività economiche, degli appalti pubblici e privati a mezzo estorsioni, intimidazioni sugli imprenditori, avvalendosi per dette finalità della forza e dell’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento che ne deriva”.

Maggiori dettagli saranno forniti nel corso di una conferenza stampa, che sarà tenuta presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria alle 11 dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho e dal Procuratore Aggiunto della Repubblica di Reggio Calabria, Michele Prestipino Giarritta.


13:00 | I DETTAGLI

L'attività investigativa avrebbe fatto emergere la capillare pressione estorsiva esercitata dalla cosca su imprenditori locali, con particolari interessi delle famiglie mafiose sugli importanti appalti dei lavori dell'Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. Negli ultimi anni decine i danneggiamenti effettuati sul territorio per imporre la forza intimidatrice.

Fulco, il primo arrestato si sarebbe più volte recato sul cantiere esigendo dall'imprenditore la somma di 6.000 euro, corrispondente a circa il 3% dell'intero importo dei lavori, per la prosecuzione degli stessi. In questo caso la cosca avrebbe esercitato la pressione mafiosa tramite due danneggiamenti a distanza di pochi giorni subiti dalla ditta nel cantiere Anas nel tratto Scilla-Favazzina sulla statale SS18. Fulco era stato arrestato in flagranza di reato dopo aver intascato il pizzo dall'imprenditore.

Le successive investigazioni hanno poi consentito di monitorare e delineare le dinamiche interne dell'organizzazione criminale, individuando ruoli, compiti e gerarchie interne. "Il quadro emerso - affermano gli inquirenti - è quello classico della struttura della 'ndrangheta calabrese fondata sullo stretto legame esistente tra le varie 'ndrine basato sui vincoli di parentela tra gli associati, in modo tale da costituire una granitica ed impenetrabile compagine".

Dalle indagini è emersa la responsabilità della cosca sulla quasi totalità degli episodi di danneggiamento nel territorio di Scilla, che hanno interessato tutto il tessuto economico, dal piccolo commerciante alla grande impresa appaltatrice.

Proprio i lavori di ammodernamento della Autostrada A3 Sa-Rc sono stati il bersaglio privilegiato, con il danneggiamento dei mezzi di lavoro, come segnale lanciato dalla consorteria criminale alla ditta appaltatrice.

I danneggiamenti, pianificati nei minimi dettagli, ed accompagnati dalla minuziosa conoscenza delle aree di cantiere da parte degli arrestati, erano finalizzati a mettere i responsabili delle varie ditte in contatto con gli emissari criminali di volta in volta designati. Solitamente i componenti del clan danneggiavano attraverso incendi o corpo contundente i macchinari di lavoro, a bordo dei quali veniva solitamente collocata una bottiglia contenente del liquido, avvolta da nastro isolante e dotata di miccia.

La conoscenza precisa dei luoghi e delle realtà lavorative delle ditte impegnate era talvolta favorita dalla assunzione presso le stesse ditte di accoliti che sarebbe stati veri e propri collegamenti con i criminali di riferimento. Nel caso in cui il segnale non veniva immediatamente recepito, veniva attuata una escalation di intimidazioni fino a raggiungere gli obiettivi desiderati.

Il provvedimento cautelare, richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, ha individuato altri componenti dell'associazione di tipo mafioso che opera a Scilla e contesta ai danni di tre indagati il reato di intestazione fittizia di beni.

Sarebbe stata ricostruita anche un'altra estorsione avvenuta tra l'aprile e maggio 2012 ai danni di un'altra ditta, alla quale era stato richiesto il pagamento di 500 euro mensili a titolo di tangente.

Nel provvedimento cautelare è stato contestato a carico di tre arrestati anche il reato di intestazione fittizia di proprietà di beni immobili, conti correnti ed aziende. Le indagini patrimoniali, infatti, avrebbero dimostrato anche che il possesso e la riconducibilità in capo a Matteo Gaietti di un esorbitante ed ingiustificabile patrimonio (costituito da immobili, attività commerciali e depositi di denaro) costituirebbe il frutto del reimpiego del denaro "illecitamente acquisito". Gli accertamenti avrebbero permesso anche di ricostruire il modus operandi utilizzato da Gaietti, occultare il possesso di questo illecito tesoro, accumulato in un ventennio di profitti frutto della "promozione, direzione ed organizzazione della 'ndrangheta operante a Scilla e territori limitrofi”, sostengono gli inquirenti.

Sarebbe stato dimostrato che Gaietti si è servito dei propri familiari, intestando loro i beni, per eludere eventuali provvedimenti ablativi nei suoi confronti.

La cosca mafiosa avrebbe condizionato il regolare e quotidiano svolgimento della vita economica e sociale della comunità scillese. Come sottolineato nell'ordinanza dal Giudice delle indagini preliminari, nel corso dell'indagine "le attività tecniche di intercettazione sono state valorizzate dalle dichiarazioni testimoniali rese dalle vittime, rappresentando una formidabile occasione storico-culturale, che si auspica imita bile nel mondo dell'imprenditoria che opera sul territorio" .

Nel corso dell'operazione odierna sono stati impiegati oltre 100 Carabinieri. Gli arrestati sono stati associati presso le Case Circondaria di Reggio Calabria e Ragusa, dove è stato arrestato uno degli indagati che si trovava lì occasionalmente per ragioni di lavoro.