Presunto caso di malasanità al reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Polistena

Reggio Calabria Salute

Riceviamo e pubblichiamo una nota dell’avvocato Antonino Napoli in qualità di assistente dei genitori del piccolo D.S.A., bambino che sarebbe la presunta vittima di un caso di malasanità all’ospedale di Polistena:

Nel processo che si sta celebrando presso la sezione distaccata di Cinquefrondi del Tribunale di Palmi contro i dottori P. I. e F. R. accusati di lesioni gravissime nei confronti del piccolo D. S. A. il Giudice Monocratico, dott. Giuseppe Ramondino ha ammesso la costituzione di parte civile dei genitori Rosanna Laruffa e Francesco De Salvo, in proprio e nella qualità di genitori esercenti la potestà parentale sul minore, assistiti dall’avvocato Antonino Napoli e delle associazioni Codici Onlus e Codici Salute, rappresentati dagli avvocati Ivano Giacomelli e Concetta Polifrone.

I difensori degli imputati, a fronte delle richieste di ammissione di parte civile, nulla hanno osservato in merito alla costituzione dei genitori, in proprio e nella qualità di genitori esercenti la potestà parentale, mentre si sono opposti alla costituzione delle associazioni Codici Onlus e Codici Salute. Il Giudice ha ammesso la costituzione sia dei genitori che delle associazioni Codici Onlus e Codici Salute ritenendo che entrambe rappresentano interessi collettivi stante gli scopi sociali di tutela e promozione della salute in ogni suo aspetto anche nei confronti delle vittime della sanità. Il processo è stato rinviato all’udienza del 22 ottobre 2013 davanti al Tribunale di Palmi in ragione della soppressione della sezione distaccata di Cinquefrondi.

Il dott. P. I., difeso dagli avvocati Antonio Strangi e Vincenzo Borgese, ed il dott. F. R., difeso dall’avvocato Antonio Romeo, sono accusati, per come si legge dal capo di imputazione, di non aver effettuato tempestivamente un taglio cesareo alla sig.ra Rosanna Laruffa – che, alla 36a settimana di gravidanza ad alto rischio, caratterizzata da rilevanti problemi di ipertensione, versava in una condizione di travaglio pre–partum con sofferenza fetale – e non aver assicurato una sollecita ed adeguata terapia neonatale al piccolo A., determinando l’aggravamento di un’encefalopatia ipossico-ischemica insorta a livello fetale negli ultimi giorni della gravidanza e così concorrendo a cagionare al piccolo A. D. S., nato alle ore 8.45 del 31.08.2010, lesioni gravi e gravissime.

Più in particolare, la sera del 30.08.2010 la sig.ra Laruffa, avvertendo contrazioni che progressivamente aumentavano e si facevano dolorose, contattava telefonicamente il dott. R., suo ginecologo di fiducia, senza però ricevere indicazioni di recarsi in ospedale. Successivamente, avvertendo dolori ancora più forti, si recava di propria iniziativa presso il presidio ospedaliero di Polistena, da dove suo marito Francesco De Salvo contattava telefonicamente più volte il Dott. R., il quale però non acconsentiva alla richiesta del De Salvo di recarsi in ospedale, affermando che avrebbe seguito la situazione da casa tenendosi in contatto con l’ospedale. Nonostante la situazione di travaglio fetale e benché già alle ore 2.30/2.50 lo stato ipertensivo della sig.ra Laruffa fosse stato ricondotto a livelli compatibili con un taglio cesareo, il Dott. I., ginecologo di turno quella notte, non attivava le procedure per l’effettuazione del parto cesareo, ma manteneva la paziente in osservazione sino alle ore 8.30 del mattino, quando, dopo che alle 7.30 un esame cardiotocografico aveva evidenziato un tracciato anormale e dopo che alle 8.25 un’ecografia effettuata dal Dott. R., frattanto giunto in ospedale per l’inizio del suo turno intorno alle ore 8, aveva rivelato la riduzione del liquido amniotico ed una flussimetria alterata, si procedeva agli atti preparatori del taglio cesareo, che veniva posto in essere intorno alle ore 8.45.

Al momento del parto, inoltre, non veniva predisposto quanto necessario per l’immediato trasferimento del nascituro in una struttura ospedaliera dotata di terapia intensiva neonatale, a ciò si provvedeva solo dopo più di un’ora dal parto, dapprima cercando infruttuosamente disponibilità di posti presso la TIN di Reggio Calabria e poi rivolgendosi alla TIN di Lamezia Terme, dove, peraltro, il piccolo A. doveva essere portato mediante elisoccorso a seguito dell’accertata difficoltà di reperire un’ambulanza in sede. In questo modo il Dott. R. ed il Dott. I., per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza, sottovalutando la gravità della situazione di travaglio pre-partum della Sig.ra Laruffa e di sofferenza fetale del nascituro, non avviando la partoriente ad una struttura ospedaliera adeguata, dotata di reparto di terapia intensiva neonatale, ritardando di cinque-sei ore l’effettuazione del taglio cesareo rispetto al momento in cui questo era necessario e praticabile ed inoltre provvedendo con ulteriore ritardo al trasferimento del neonato presso un ospedale dotato di TIN, concorrevano ad aggravare nel piccolo A. D. S. un’encefalopatia (leucoencefalomalacia periventricolare) ipossico-ischemica insorta a livello fetale negli ultimi giorni della gravidanza e così cagionandogli una compromissione della funzione neuro-psichica foriera di lesioni gravi e gravissime.

In sostanza per la Procura della Repubblica di Palmi, per i periti del Tribunale ed il consulente dei genitori del piccolo A. vi sarebbe stata colpa grave consistita in negligenza e/o imperizia da parte dei medici ginecologi imputati per il mancato monitoraggio di gravidanza ad alto rischio, per non aver trattato adeguatamente o ignorato lo stato di ipossia fetale, nell'aver eseguito il parto cesareo in ritardo, nel non aver attuato i protocolli del caso, per mancata, ritardata o errata diagnosi durante la gravidanza, per aver somministrato farmaci non appropriati al trattamento della patologia.”


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