Hakuna Matata, il corto girato nel carcere di Reggio a Strasburgo

Reggio Calabria Attualità

Dalla Casa circondariale di Reggio Calabria, singolare set cinematografico per la realizzazione di un cortometraggio ‘Hakuna Matata’, inviato all’Europa un messaggio di vita e speranza che nasce proprio tra le mura di carcere reggino e che è stato raccolto dal regista Aldo Iuliano nell’ottobre scorso, nell’ambito del progetto ‘Cinema dentro le mura’, promosso dalla Provincia di Reggio Calabria guidata da Giuseppe Raffa e dall’associazione E20 presieduta da Michele Geria.

L’anteprima è stata proiettata nella prestigiosa cornice della sede del parlamento Europeo di Strasburgo in apertura della visita della delegazione della Provincia reggina guidata dal presidente del Consiglio, Antonio Eroi. Interpreti l’attore reggino Gigi Miseferi, l’attore Salvatore Striano, già detenuto, con all’attivo anche il ruolo di protagonista nel film "Cesare deve morire" diretto nel carcere di Rebibbia dai fratelli Taviani e attualmente l’unico italiano candidato al premio Oscar, già vincitore dell’ Orso d’oro a Berlino e di cinque David di Donatello. Il cortometraggio intende tessere una tela tra il ‘dentro’ ed il ‘fuori’, due dimensioni che la condizione di detenzione, e dunque di privazione della libertà personale, impone sia alla persona in stato di restrizione che alla sua famiglia. Ed infatti la trama del corto è ispirata a due storie vere, due testimonianze delle mogli di due detenuti del carcere di Reggio Calabria. Un modo per raccontare la vita dentro le mura dove tutti gli affetti subiscono dei traumi. Particolarmente sensibile la direzione dello stesso istituto penitenziario reggino, rappresentata da Maria Carmela Longo, e da tutto lo staff che alcuni fa allestì un’area di accoglienza per i più piccoli in attesa di incontrare i genitori in stato di detenzione.

Un’area colorata ed accogliente il cui nome è proprio Hakuna Matata, locuzione Swahili, comune in molte regioni dell’Africa centro-orientale (in particolare nella zona di Kenya e Tanzania), tradotti in lingua Italiana "non ci sono problemi", divenuta celebra anche il suo impiego del cartone della Walt Disney ‘Il Re Leone’. Lo stesso nome è stato scelto per il titolo del corto girato tra le mura del carcere reggino. Un contributo per raccontare un’esperienza di privazione e distacco che tuttavia non recide i legami, non spegne gli affetti e non cancella l’umanità. Una proiezione intensa di uno spaccato carcerario che il cinema si propone di esplorare per portarlo alla luce, rendendolo conoscibile e squarciando quelle ombre che spesso le sbarre rendono invalicabili. Dietro quelle sbarre, infatti, non ci sono solo gli errori o i presunti tali, ci sono le persone che li hanno commessi e le famiglie che fuori aspettano. L’arte si pone così a servizio del presidio costituzionale della Rieducazione della Pena, spina dorsale, almeno sulla carta, della Civiltà giuridica europea.