CGIL: alla manifestazione interviene il padre di un ragazzo disabile

Cosenza Attualità

Riceviamo e pubblichiamo una nota di Vincenzo Gallo, padre di un ragazzo con grave disabilità intervenuto alla manifestazione della Cgil contro le politiche di austerità:

Ringraziamenti

Ringrazio il segretario la CGIL di Cosenza per avermi invitato ad intervenire nell’ambito di questa manifestazione, in qualità di padre di un ragazzo con grave disabilità. Sono grato sia a Giovanni Donato e sia a Nina Daita, responsabile nazionale delle politiche per la disabilità della CGIL, per essere stati molto vicini alle persone con disabilità e alle loro famiglie in questo periodo così difficile. Non posso, pertanto, che apprezzare questa iniziativa della Confederazione europea dei sindacati e mi sorprende che manifestazioni analoghe non siano state promosse anche da altre organizzazioni, anche imprenditoriali.

Le politiche di austerità e le critiche degli economisti keynesiani

Le politiche di austerità stanno aggravando la situazione economica dell’Europa e dell’Italia e stanno spingendo alla disperazione migliaia di cittadini. I fautori dell’austerità espansionista hanno finora sostenuto che ridurre il deficit sarebbe bastato a far ripartire l’economia. Di parere del tutto opposto sono stati però molti altri esperti, ignorati dai media. E’ da ricordare ad esempio la lettera di numerosi economisti italiani e stranieri inviata a varie autorità nel giugno 2010. Anche premi Nobel come Stiglitz e Krugman, di scuola keynesiana, che hanno sostenuto Obama nell’ultima campagna elettorale negli Stati Uniti, hanno lanciato numerosi appelli, in quanto considerano un suicidio queste politiche. Ritengono che deve, naturalmente, essere attuato un piano a medio termine per ridurre il disavanzo pubblico, ma se questo è troppo sbilanciato può facilmente essere controproducente, annullando la ripresa.

Non c’è inoltre alcuna prova a favore dell’efficacia delle politiche di austerità. Krugman sostiene che nell’esperienza passata in nessun caso i tagli di bilancio hanno effettivamente generato un aumento dell’attività economica. Il FMI infatti ha studiato 173 casi di tagli di bilancio in singoli paesi e ha scoperto che il risultato coerente è la contrazione economica. Anche durante la grande depressione degli anni trenta non c’è stata uniformità di vedute tra gli economisti, ma allora per fortuna hanno prevalso le tesi di Keynes. Mi ha colpito leggere al riguardo la trascrizione di un dibattito radiofonico mandato in onda dalla BBC nel 1933, durante il quale Keynes sosteneva che le politiche di austerità sono un assurdità in un periodo di crisi. In Inghilterra allora il debito pubblico era pari al 180% del PIL. Keynes evidenziava, con grande semplicità e buon senso, che ogni volta che qualcuno taglia la sua spesa, sia esso soggetto pubblico o privato, altri troveranno il loro reddito decurtato o saranno licenziati.

A loro volta queste persone saranno costrette a ridurre la loro spesa e quando questo processo si è innescato è difficile fermarlo. Secondo Keynes ci può essere solo un obiettivo nel risparmiare, ed è quello di sostituire un tipo di spesa con un’altra spesa più saggia. Quello della diminuzione dell’attività è un modo incredibilmente miope per cercare di pareggiare il bilancio. E’ evidente infatti che nel rapporto debito/PIL, bisogna tenere sotto controllo il debito, ma senza far crollare il PIL, altrimenti il rapporto aumenta comunque, come sta avvenendo in tutta Europa.

Nei giorni scorsi il Fondo Monetario Internazionale ha incredibilmente ammesso che i moltiplicatori fiscali sono stati sottostimati, cioè che l’effetto delle misure restrittive è stato molto maggiore di quanto era stato da loro previsto. Il risultato molto negativo delle politiche di austerità in Italia è sotto gli occhi di tutti. Il PIL dal novembre 2011 al novembre 2012 è passato da -0,5% a -2,5%, la produzione è calata, c’è stato un aumento della disoccupazione e del debito. I dati della Banca d’Italia sulla situazione calabrese, diffusi qualche giorno fa, fanno emergere un quadro sempre più allarmante, con un’impennata del numero persone in cerca di occupazione e un nuovo calo degli occupati.

I tagli ai fondi per i disabili

E’ giusto pertanto che in Italia si taglino gli sprechi e i privilegi, ma per favorire la crescita e ridurre gli squilibri sociali, mentre non è accettabile colpire soprattutto le fasce più deboli della popolazione e cittadini in stato di disagio estremo. Il 10% delle famiglie italiane possiede circa il 50% della ricchezza. Nonostante ciò c’è chi ha ritenuto iniquo anche prevedere un contributo di solidarietà del 3% per coloro i quali hanno un reddito eccedente i 150.000 euro, mentre quasi nessuno ha ritenuto di condannare con forza il tentativo di togliere ogni sostegno anche alle persone più fragili ed indifese.

Da sottolineare che le persone con disabilità – di sei anni e più – che vivono in famiglia sono risultate 2 milioni e 600 mila, pari al 4,8% della popolazione italiana. Risultano occupate meno del 18% delle persone con disabilità in età lavorativa, contro poco più del 54% delle persone non disabili. Nella graduatoria delle risorse destinate alla protezione sociale delle persone con disabilità, l’Italia con 438 euro pro-capite annui si colloca molto al di sotto della media dei Paesi dell’Unione Europea, pari a 531 euro. In questo contesto il Governo Berlusconi ha previsto nell’estate del 2011 un incredibile taglio di 40 miliardi su 140 miliardi di manovra, puntando ad approvare una pesante riforma fiscale e assistenziale. In particolare aveva previsto un taglio di 4 miliardi nel 2012, di 16 miliardi nel 2013 e di 20 miliardi nel 2014.

Ciò avrebbe comportato probabilmente un azzeramento anche delle indennità di accompagnamento, che sono pari a circa 500 euro mensili per i disabili non autosufficienti, quando una badante per una giornata richiede 1000 euro. Bisogna dare atto al governo Monti di avere accantonato la riforma fiscale ed assistenziale prevista dal precedente esecutivo, in seguito alle proteste di persone disabili e loro associazioni.

E’ da sottolineare, però, che oltre ai tagli alla sanità e ai servizi comunali, il Governo non ha finora rifinanziato il fondo per le politiche sociali, che nel 2008 ammontava a 2.520 milioni, mentre per il 2013 è prevista una copertura di poco più di 200 milioni. Nel disegno di legge sulla stabilità il Governo aveva previsto in un primo momento persino di assoggettare ad IRPEF le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento e di ridurre i permessi retribuiti per chi deve assistere familiari con disabilità. Fortunatamente queste norme sono state ritirate in seguito a pressioni pervenute da più parti.

Il fondo per la non autosufficienza è stato istituito nel 2008 (in seguito all’approvazione Legge del 27 dicembre 2006, n. 296) con l’obiettivo di fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne una dignitosa permanenza presso il proprio domicilio, evitando il rischio di istituzionalizzazione. Nel 2008 è stato finanziato con 300 milioni di euro, con 400 milioni per il 2009 e per il 2010, ma dal 2011 non gode più di alcun finanziamento.

La protesta delle persone con disabilità

Ciò ha spinto persone con gravissima disabilità, in particolare malati di Sla, ad attuare qualche settimana fa uno sciopero della fame per poter ottenere un sostegno adeguato. Da sottolineare che queste persone respirano perché è stato inserito nella loro trachea un tubo attaccato a un ventilatore polmonare. Si nutrono solo grazie ad una sostanza semiliquida che è pompata nello stomaco attraverso un foro praticato nell’addome. Il loro fisico è pertanto profondamente debilitato. Ma bisogna tenere presente che persone ad esempio con disabilità intellettiva non sono in grado di attuare alcuna forma di protesta. Accedere a questo fondo è pertanto estremamente importante per tutte le persone con gravi disabilità.

Bisogna tenere conto, inoltre, che il fondo per la non autosufficienza ha permesso di finanziare negli ultimi anni anche servizi di assistenza domiciliare erogati da alcuni Comuni, come quello di Cosenza, che assiste numerose famiglie sin dal 1998, attraverso una cooperativa sociale. I suoi dipendenti rischiano ora di essere licenziati se non si dovesse trovare altra copertura finanziaria. Il loro contratto già scaduto è stato rinnovato solo per tre mesi fino a dicembre, in attesa di trovare una soluzione. Mi auguro, pertanto, che i diritti delle persone con disabilità sanciti dalla Costituzione italiana, così come da una Convenzione Onu, recepita anche nel nostro paese, non vengano ancora ignorati. Spero che tutti i cittadini possano avere un’adeguata assistenza sanitaria e sociale e un reddito minimo garantito, per poter vivere dignitosamente, come già avviene in quasi tutti i paesi europei.


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