Arte: cristianizzazione di un culto nel racconto onirico di Serafino Stasi

Cosenza Attualità Melissa Acquesta

L’opera, di cui si consiglia una fruizione individuale, ha inizio con una porta che si chiude (la luce naturale è esclusa da questa particolare conversazione), il buio, accogliente, sussiste il tempo necessario allo spettatore di acuire i sensi e prendere confidenza, in modo inatteso, con lo spazio coinvolto e così, in quest’utero artificiale dagli echi primordiali si fa esperienza simultanea di Parola, Suono e Immagine: nuvole di pietra & tiglio lavorato. La dea madre, istallazione di Serafino Stasi, allestita all’interno dello storico Palazzo Mazza, aperta al pubblico dal 6 fino al 31 Agosto a Longobucco.

Il giovane Stasi: storyteller, fotografo, video maker indipendente, emergente di talento nel campo delle arti visive, realizza un percorso, dalle atmosfere oniriche, in cui immagini della Dea Madre, veneri che affiorano nelle raffigurazioni fotografiche di manufatti litici, sembrano susseguirsi, animarsi e raccontarsi con la voce narrante che accompagna il visitatore e illustra in sequenza narrativa l’evoluzione iconografica che porterebbe a fondere la rappresentazione del mito di Iside/Isis (pronuncia greca del nome egizio Aset/Eset o Au Set), dea simbolo di femminilità e fertilità che istituì il matrimonio ed insegnò alle donne le arti domestiche come tessere e macinare il grano, raffigurata in trono intenta ad allattare il figlio Horus, generato senza attivo supporto maschile, con il modello figurativo cristiano tradizionale di Maria che allatta Gesù Bambino. Innegabilmente Iside fu una delle divinità più venerate in tutto il bacino del Mediterraneo; in epoca tolemaica (305 - 30 a.C.) il culto si diffuse nel mondo ellenico, fino a Roma; diventato misterico per i legami della dea con il mondo ultraterreno, nonostante fosse ostacolato dilagò in tutto l'Impero romano.

Con l’affermarsi del Cristianesimo sotto gli imperatori Costantino I(imp. da 306 a 337 d.C.) e Teodosio I(imp. da 370 a 395 d. C.) e con il conseguente rifiuto e persecuzione delle altre religioni a Roma e nei domini, vari templi consacrati ad Iside furono riadattati e consacrati come basiliche dedicate alla Vergine, così come a volte furono modificati/adattati i dipinti e le opere raffiguranti la dea egiziana, è quindi ragionevole supporre che già l'arte paleocristiana si sia ispirata alla raffigurazione classica di Iside per rappresentare la figura di Maria. Ed è proprio la figura di Maria, in pietra aggettante, ad offrirsi all’obiettivo di Serafino Stasi dalle mura della Chieda Matrice di Longobucco; è proprio la figura litica che lo ha accompagnato sin dall’infanzia ad aver ispirato il connubio tra ragionamento e racconto che è alla base dell’istallazione, inizio e fine del cerchio speculativo che diventa chiaro anche al visitatore grazie al sapiente dialogo che l’artista sa instaurare tra l’interno di Palazzo Mazza che ospita le riproduzioni e l’esterno della chiesa, posti uno di fronte all’altra, cosicchè quando, alla fine, ad aprirsi è la porta quello che, di colpo, vediamo sono le fattezze di pietra della Madonna che capiamo essere rimasta fuori in attesa come sapesse che dentro si stesse “parlando” di lei.