Assolto. Ma adesso voglio la verità

Catanzaro Cronaca

Abbiamo ricevuto una lettera di Sabatino Savaglio, riguardo la sua assoluzione nell'inchiesta “Why not”. La proponiamo integralmente.

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Il giudice dell'udienza preliminare di Catanzaro con la sua sentenza di oggi ha posto fine, per quanto riguarda la mia persona ad una vicenda che era stata più volte ed a più voci giustamente definita kafkiana, assurda, ridicola, illogica e senza alcun presupposto né fattuale né giuridico. Lo stesso ufficio di Procura, in sede di requisitoria, non aveva avuto remore ad affermare, testualmente, che su di me non c'era "uno straccio di prova", chiedendo di conseguenza la mia assoluzione. La fiducia da me riposta sul sistema giustizia, complessivamente inteso, è stata alla lunga ripagata.
Ma alcune riflessioni serie e drammatiche devono ora essere fatte. La vicenda processuale "Whynot" è una storia nella quale la mia persona non sarebbe mai dovuta entrare ed è necessario capire come, perché, per mano di chi e per colpa di chi vi sono stato invece trascinato dentro. E dell'intera vicenda, ben oltre i fatti che mi hanno riguardato personalmente, bisognerà chiarire la genesi, le motivazioni, a chi ha apportato vantaggi e da chi è stata utilizzata come cortina fumogena per coprire veri misfatti.
Chi avrebbe dovuto davvero essere la principale persona indagata, e su cui davvero gravano, per quanto emerso nel rito abbreviato e in sede di udienza preliminare, gravi circostanziati e seri indizi di colpevolezza, ha tirato in ballo da subito il mio nome per tre motivi ben definiti: il primo, e più banale, può essere forse individuato in un'antipatia personale nei miei confronti, dato storicamente registrato ben prima che la vicenda pseudo imprenditoriale della Why Not avesse inizio. Il secondo, più serio, è quello della prevenzione rispetto a ciò che da uomo pienamente libero- quale ero e quale sono - ed in qualità di testimone non indagato avrei potuto tranquillamente affermare se citato a difesa di altri indagati. Il terzo, a maggiore rilevanza pubblica, è il peso che avrebbe potuto avere quanto da me scritto e quanto avrei più liberamente potuto scrivere - se non indagato e quindi maggiormente attendibile e senza dover tenere conto delle implicazioni processuali - in qualità di blogger, di collaboratore saltuario di testate giornalistiche o come semplice dispensatore di opinioni. Questo terzo punto è dimostrato da come in molti interrogatori, vengo citato quasi esclusivamente per la mia attività pubblicistica, prima come collaboratore di un'agenzia di stampa e poi come "addetto stampa" della Compagnia delle Opere e di Saladino (ruolo sempre ricoperto a titolo volontaristico).
Già in passato, prima del silenzio autoimpostomi per rispetto di chi doveva serenamente giudicare, avevo avuto modo di affermare che ero stato utilizzato come carne da macello nella vicenda dello scontro tra Procure - quella di Salerno e quella di Catanzaro. Tale giustificazione della mia chiamata in presunto correo è storicamente e documentalmente dimostrata da quanto dichiarato dai magistrati catanzaresi, a dicembre del 2008, ed in primis dal procuratore generale Enzo Iannelli, prima agli organi di stampa e poi al CSM quando, per difendersi dalle accuse di De Magistris (e di Salerno), affermarono, senza pudore alcuno, che loro non avevano affossato l'inchiesta ma anzi stavano triplicando il numero degli indagati. Lo stesso Iannelli, qualche mese dopo, con ancor meno pudore affermò, sempre a mezzo stampa, che tra Salerno e Catanzaro non vi era stata alcuna guerra!
Che io sia stato utilizzato semplicemente come numero, posso ora pubblicamente svelare, è dimostrabile facilmente da due informative della Guardia di Finanza contenute nel mastodontico fascicolo processuale e datate rispettivamente 5 e 16 dicembre 2008 dove una semplice nota a piè di pagina sul mio nome, nell'elenco dei componenti degli organi societari della Sial spa, mi indica come "molto vicino a Saladino Antonio" . Proprio quell'informativa servì da base probatoria - dimostratasi invero del tutto inefficace ed inconcludente - per inserire il mio nome nel "contestuale avviso di chiusura indagini e informazione di garanzia" firmato lo stesso 16 dicembre (!) dai magistrati inquirenti Iannelli, Garbati, Lauri, De Lorenzo e Curcio.
L'inconsistente ed irrilevante contenuto di quell'informativa, che mi indicava come semplice sindaco supplente - e quindi senza poteri, senza retribuzione, e senza responsabilità - di una società a capitale interamente pubblico bastò a chi guidava la Procura Generale di Catanzaro per scrivere che mi ero appropriato, insieme ad altri, rispettivamente di 6 e 2 milioni di euro (sigh!) e quindi a formulare nei miei confronti l'infamante ipotesi di gravissimi reati come il peculato e la truffa: "reati fine" che avrebbero dovuto motivare la mia appartenenza ad una presunta associazione a delinquere.
Nonostante gli accertamenti bancari sul mio conto avessero già potuto dimostrare le mie non certo floride - e questo è un eufemismo - condizioni patrimoniali.
Non è mancato chi, nel tritacarne mediatico giudiziario, ha cercato di utilizzare questa vicenda per usare il mio nome come quello di persona già macchiata, perché "già indagato nell'inchiesta Whynot", per accostarlo in modo diffamatorio ad altre pseudo inchieste giornalistiche.
Ho dato mandato a un avvocato di valutare la possibilità di ogni azione risarcitoria, nei confronti sia dei "dichiaranti" sia di alcuni specifici ed individuati organi di (pseudo) informazione, ma nessuna somma potrà mai ristorare i danni umani, materiali, professionali, di immagine e di salute che questa vicenda mi ha prodotto.
Quel che è certo è che da oggi riprenderò in modo più deciso la mia battaglia affinché la vicenda Whynot, che va a chiudersi nell'aspetto giudiziario, possa essere ricostruita nella sua verità politica, sociologica e "storica".

Sabatino Savaglio

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