Lamezia Terme: l’altare del Papa

Calabria Attualità
La sede presidenziale e le basi

Nel progettare la realizzazione dei tre luoghi chiave della celebrazione (Altare, sede presidenziale e Ambone) e degli altri elementi presenti sul palco della celebrazione eucaristica presieduta dal Santo Padre Benedetto XVI il 9 ottobre prossimo, si è pensato di rendere visibile il legame della Diocesi di Lamezia Terme alla figura del Sommo Pontefice. Nel corso della sua storia la Diocesi di Nicastro (ora Lamezia Terme) ha ricevuto la visita di tre papi ed ha avuto due vescovi che poi sono stati eletti sul soglio di Pietro. I vari elementi sono stati ideati dal direttore dell'Ufficio Liturgico, don Aldo Figliuzzi, e realizzati da Suor M. Ecclesia Pereira osb (Monastero della Resurrezione, San Michele di Serrastretta) - nei dipinti - e dall'antica falegnameria Coschino.

La sede presidenziale

Presiedere (prae-sedere) vuol dire sedere di fronte, essere quindi in evidente rapporto comunicativo con coloro che partecipano alla celebrazione dei santi e divini misteri.

La sede è il luogo liturgico che esprime il ministero di colui che guida l'assemblea e presiede la celebrazione nella persona di Cristo, Capo e Pastore, e nella persona della Chiesa, suo Corpo.

La sede si caratterizza per la presenza dello stemma del Papa Benedetto XVI, perché essa è segno del suo ruolo di capo e di guida del popolo cristiano.

Lo scudo di Papa Benedetto XVI contiene tre simbolismi: nel punto più nobile dello scudo, vi è una grande conchiglia di oro, la quale ha una triplice simbologia.

Essa dapprima ha un significato teologico: vuole ricordare la leggenda attribuita a sant'Agostino, il quale incontrando un giovinetto sulla spiaggia, che con una conchiglia cercava di mettere tutta l'acqua del mare in una buca di sabbia, gli chiese cosa facesse. Quello gli spiegò il suo vano tentativo, ed Agostino capì il riferimento al suo inutile sforzo di tentare di far entrare l'infinità di Dio nella limitata mente umana. La leggenda ha un evidente simbolismo spirituale, per invitare a conoscere Dio, seppure nell'umiltà delle inadeguate capacità umane, attingendo alla inesauribilità dell'insegnamento teologico. La conchiglia, inoltre è da secoli usata per rappresentare il pellegrino: simbolismo che Benedetto XVI vuole mantenere vivo, calcando le orme di Giovanni Paolo II, grande pellegrino in ogni parte del mondo. Essa è anche il simbolo presente nello stemma dell'antico Monastero di Schotten, presso Regensburg (Ratisbona) in Baviera, cui Joseph Ratzinger si sente spiritualmente molto legato.
Nel cantone destro dello scudo (a sinistra di chi guarda) vi è una testa di moro con labbra, corona e collare di rosso. È l'antico simbolo della Diocesi di Frisinga di cui Papa Benedetto è stato vescovo.
Nel cantone sinistro della cappa, compare un orso, di colore bruno che porta un fardello sul dorso. Un'antica tradizione racconta come il primo Vescovo di Frisinga, san Corbiniano (nato verso il 680 in Chartres, Francia, morto l'8 settembre 730), messosi in viaggio per recarsi a Roma a cavallo, mentre attraversava una foresta fu assalito da un orso, che gli sbranò il cavallo. Egli però riuscì non solo ad ammansire l'orso, ma a caricarlo dei suoi bagagli facendosi accompagnare da lui fino a Roma. Per cui l'orso è rappresentato con un fardello sul dorso.
La facile interpretazione della simbologia vuole vedere nell'orso addomesticato dalla grazia di Dio lo stesso Vescovo di Frisinga, e suole vedere nel fardello il peso dell'episcopato da lui portato.

La base per l'immagine della Madonna della Quercia

La base riporta gli elementi dello stemma del Beato Papa Giovanni Paolo II, il quale atterrò a Lamezia Terme in occasione della sua Visita Pastorale in Calabria nel 1984.

Lo stemma del beato è un omaggio al mistero centrale del cristianesimo: quello della Redenzione.
Raffigura principalmente una croce, la cui forma presenta un'inusuale spostamento della parte verticale della croce a motivo della grande e maestosa M maiuscola: questa M sta a significare la presenza della Madonna sotto la croce e la sua eccezionale partecipazione alla Redenzione.


La base per la prima pietra della chiesa di San Benedetto

Sul fronte della base è raffigurata un lato della medaglia di San Benedetto che presenta una croce, al cui interno e attorno alla quale si trovano le lettere iniziali di un'orazione o esorcismo, che recita così (in latino e in italiano)

Crux Sancti Patris Benedicti

Croce del Santo Padre Benedetto

Crux Sacra Sit Mihi Lux

La Santa Croce sia la mia luce,

Non Draco Sit Mihi Dux

Non sia il demonio mio condottiero

Vade Retro Satana

Fatti indietro, Satana

Numquam Suade Mibi Vana

Non mi attirare alle vanità,

Sunt Mala Quae Libas

Sono mali le tue bevande

Ipse Venena Bibas

Bevi tu stesso il tuo veleno.

In questo breve testo, la vittoria sul demonio viene attribuita alla croce di Gesù Cristo, che è luce e guida per il fedele, e che si oppone al veleno ed alla cattiveria del tentatore. Con il segno di salvezza (la croce), San Benedetto si liberò dal veleno che alcuni cattivi monaci gli offrirono: «...a mensa, secondo una loro usanza, presentarono all'abate per la benedizione il recipiente di vetro che conteneva la mortale bevanda. Benedetto alzò la mano e tracciò il segno della croce. Il recipiente era sorretto in mano ad una certa distanza: il santo segno ridusse in frantumi quel vaso di morte, come se al posto di una benedizione vi fosse stata scagliata una pietra. Comprese subito l'uomo di Dio che quel vaso non poteva contenere che una bevanda di morte, perché non aveva potuto resistere al segno che dona la vita». L'episodio, secondo il racconto di San Gregorio Magno, dovette ispirare le parole dell'esorcismo riferite alla bevanda che è offerta dal Maligno, così come la protezione attribuita al segno della croce.


Altare e ambone

L’Altare è segno della centralità di Cristo in mezzo al suo popolo.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: “l’Altare cristiano è simbolo di Cristo stesso, presente in mezzo all’assemblea dei suoi fedeli sia come la vittima offerta per la nostra riconciliazione, sia come alimento celeste che si dona a noi” (1383). Al centro dell’Altare è raffigurata la croce di Gesù Cristo: una croce «vuota» (senza crocifisso), perché Colui che vi è stato inchiodato è risorto; una «croce gloriosa» (dorata con pietre), rimando alla risurrezione e segno di vita e di vittoria. Dalla montagna sulla quale poggia la croce sgorgano quattro fiumi. Il simbolo evoca la descrizione dell’Eden di Genesi 2,9-10, dove, all’interno del giardino paradisiaco bagnato dai quattro fiumi, si erge l’albero della vita (figura profetica della croce per i Padri della Chiesa) e con arditezza rimanda alla Chiesa come «figura» del Paradiso, luogo «ritrovato», perché ridonato, della comunione con Dio e della pienezza di vita: la Chiesa nasce dalla croce, si sviluppa a partire da questa, attingendo da essa l’acqua viva dello Spirito, i fiumi delle Scritture e dei sacramenti. I cervi, che vengono a dissetarsi a questa fonte di vita, sono l’immagine dei fedeli che, rigenerati dall’acqua del battesimo e dissetati dalla verità evangelica, entrano nella vita nuova dischiusa dal sacrificio di Cristo. Questa vita nuova, immortale, donata ai credenti non è solo una promessa futura, ma è già fruibile nell’oggi attraverso l’Eucaristia (rappresentata dalle spighe di grano dietro il cerbiatto, simbolo presente nello stemma di Papa Marcello II, vescovo di Nicastro nel 1539-1540) perché l’Eucaristia è un pegno della gloria futura. Nel complesso della raffigurazione il cerbiatto seduto presso le spighe indica come accostarsi per ricevere il Corpo di Cristo non è un atto di presunzione, ma una necessità poiché identifica col Cuore di Cristo, sostiene le nostre forze lungo il pellegrinaggio della vita, fa desiderare la vita eterna e già unisce alla Chiesa del Cielo, alla Santa Vergine Maria e a tutti i Santi. Solo il pane e il vino trasformati in Corpo e Sangue di Cristo, trasformano a loro volta e, per l’azione dello Spirito, fanno diventare i fedeli creature nuove. L'ambone (dal greco anabaino: "su cui si sale") è un luogo liturgico, riservato all'annuncio della parola di Dio che proviene dall'alto e scende a vivificare il popolo redento. Al centro dell'ambone è raffigurato un albero (simbolo presente nello stemma del Papa Innocenzo IX, vescovo di Nicastro nel 1560-1575) simbolo di ogni fedele che nella propria vita ricerca la beatitudine. Dietro l'albero è presente una mandorla blu oltremarino (il colore dell'Assoluto): essa è segno della separazione dal mondo creaturale e rappresenta la divinità di Dio e il mistero della sua assoluta trascendenza. La Santissima Trinità, che nel suo circolo d'amore tende a manifestarsi all'uomo (rappresentata dalla luce che si promana dalla mandorla), è la fonte della luce: «Io sono la luce del mondo, chi segue me... avrà la luce della vita» (Gv 8,12). La Santa Trinità è adorata dai quattro viventi (Ez 1,5-21; Ap 4,6-7), simboli delle potenze dell'universo e – nella tradizione medioevale – simboli degli evangelisti: l'angelo (Matteo) e l'aquila (Giovanni), il bue (Luca) e il leone (Marco) tengono i testi sacri, il Vangelo della vita. È dal libro dei Vangeli che si emana la vera acqua che porta la vita all'uomo: così l'uomo che ascolta la Parola di Dio e la mette in pratica è come un albero piantato lungo corsi d'acqua che darà frutto a suo tempo e le sue opere riusciranno (Sal 1). Ma al fedele è sempre richiesto la ricerca quotidiana di un incontro con la Parola che salva: un incontro dove la Parola ascoltata non è semplicemente udita, ma fatta penetrare nel proprio cuore e nella propria vita. Questo aspetto è simboleggiato dalla caratteristica dell'albero che con le sue radici ricerca l'acqua e per questo le protende verso essa.