Giornalismo: di romantico è rimasto ben poco

Calabria Attualità
Cosimo Bruno, Giuseppe Soluri, Enzo iacopino, Tiziana Ferrario, Roberto Natale e Carlo Parisi

Un giornalismo responsabile, dalla forte e chiara identità. Scomodo al potere. Questo il leit motiv di un incontro vivace, ospitato ai cantieri nautici dei Laghi di Sibari, sede del Circolo della stampa del Pollino-Sibaritide, che, per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia, con lo sguardo rivolto all’informazione, ha saputo far convergere nel cuore della Calabria i vertici nazionali e regionali degli organismi di categoria. Ovvero il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino (calabrese di Reggio Calabria), quello della Federazione Nazionale della Stampa, Roberto Natale, il segretario del Sindacato dei giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, e il presidente dell’Ordine regionale, Giuseppe Soluri, che ha aperto i lavori lanciando l’appello ad “una maggiore responsabilità”. Con loro anche Tiziana Ferrario, agguerrito mezzobusto del Tg1, “divorziata” dal suo direttore, Augusto Minzolini, “per una visione, grazie a Dio, completamente opposta del fare informazione ed essere giornalisti”.

Tutti a Sibari, chiamati a fare il punto sullo stato dell’ “informazione ieri e oggi” da Cosimo Bruno, consigliere nazionale dell’Ordine e presidente del Circolo della stampa del Pollino (24 anni di attività, 100 soci). Un mestiere, quello del giornalista, che la Ferrario, ospite d’onore di un pomeriggio dai toni caldi, ma costruttivi – a volte succede – ha inquadrato senza giri di parole: “Di romantico, nel giornalismo, è rimasto ben poco. Ed è giusto ribadirlo, soprattutto ai giovani che continuano a sognare di fare i giornalisti”. Perché, “se all’estero si muore per difendere il diritto-dovere di informare, da noi, in Italia, non va meglio: al Tg1, il primo telegiornale della tv pubblica, abbiamo Minzolini che, con sanzioni dell’Agcom e carta di credito, ci costa come due direttori, ma ci fa perdere ascolti. E credibilità”. Morde, la Tiziana nazionale, che oggi, di mestiere, dice di “fare il consigliere dell’Ordine” e autodenuncia “la vergogna di continuare a prendere lo stipendio da un’azienda pubblica. La Rai”.

Una lotta, finita (a suo favore, peraltro) in tribunale, per il diritto di lavorare e fare correttamente il proprio mestiere, che, sia pure foriera di nobili intenzioni, si ridimensiona – e parecchio – di fronte al valore di “quegli 83 giornalisti morti per l’unità del nostro Paese, il cui nome – ha ricordato Carlo Parisi – è inciso su una lapide ritrovata qualche giorno fa negli scantinati dell’Inpgi”. Eroi del giornalismo, oltre che dell’amor patrio, “che avevano ben chiara la propria identità – ha sottolineato il segretario regionale della Fnsi – a differenza di quanto, purtroppo, accade, e spesso, ai giorni nostri: giornalisti, gli uni contro gli altri, schierati con il padrone”. In altre parole, gli editori, “ladri di sogni”, come li ha, ancora una volta, marchiati Enzo Iacopino, aggiungendo che “in Calabria il problema è di proporzioni sconvolgenti: giornalisti che non vengono pagati da mesi o tenuti buoni con promesse da 2 euro a pezzo”.

Una denuncia pesante, quella del presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, ma affatto nuova per Roberto Natale e Carlo Parisi che, nella Giunta Esecutiva della Fnsi, il fenomeno “editori senza scrupoli” lo combattono da anni. “Perché dobbiamo metterci tutti quanti in testa – sono state le parole del presidente della Federazione della Stampa – che il primo, grande, problema da affrontare è quello della precarizzazione estrema della categoria: oltre a mettere a rischio la professione stessa del giornalista, mette a repentaglio la libertà dell’opinione pubblica”. Presidente, prego, un sogno? “Vorrei un’informazione che si ponesse l’obiettivo di far crescere un’opinione diffusa, non di manipolarla”. Come diceva. Per informare liberamente, il nemico lo si combatte. Ma come si fa a fare il cronista di razza con la paga (quando c’è) di una colf?