Dopo Parigi, Tokyo e Zagabria a Crotone in mostra le opere del maestro Slavenski

Crotone Tempo Libero
Boris Glumac Slavenski

L’Associazione culturale “Crotone-Città Futura” presenta la mostra monografica del pittore croato Boris Glumac Slavenski, che si terrà martedì 6 dicembre alle 10:30 nei locali della “Lega navale” di Crotone, dove le opere rimarranno esposte sino al prossimo 8 gennaio.

Si tratta di quindici tele tra le più rappresentative della produzione artistica del giovane maestro croato, nato a Zagabria nel 1965 e prematuramente scomparso nell’ottobre del 2017.

L’esposizione crotonese si affianca a quelle del 1986 a Parigi; di Tokio nel 1989; di Zagabria nel 1990 e alla “Triennale” di Milano nel 1995.

Nel 2003, nelle attività del “Maggio Crotonese”, venne organizzata una personale del maestro Boris Glumac Slavenski nel locale Museo di Arte Contemporanea che, a distanza di circa un ventennio, fu un preludio della più corposa esposizione che avrà inizio il 6 dicembre prossimo presso i locali della Lega navale pitagorica.

La presentazione dell’iniziativa sarà l’occasione con la quale l’associazione culturale “Crotone- Città Futura”, presieduta da Sergio Iritale, intende farsi conoscere dalla cittadinanza, dalle istituzioni e dagli organi di informazione, inaugurando un ciclo di attività, nell’ambito della promozione culturale nel territorio, “che si ha l’ambizione di rendere intenso e proficuo per il rilancio e la ricrescita delle iniziative di altissima qualità nel campo delle arti figurative, della musica, del teatro, della danza e delle attività artistiche in ogni sua forma di espressione, sulle tracce di un recente passato che ha reso celebre la città di Crotone nei circuiti europei di produzione e promozione culturale”, afferma lo stesso Iritale.

L’ARTISTA

Per comprendere a pieno l’arte pittorica di Boris Glumac Slavenski, bisogna partire dalla situazione politica dell’ex Jugoslavia, di cui la sua Croazia faceva parte. Un coacervo di paesi diversi e di diverse etnie, lingue, religioni, tenute insieme coartatamente in una repubblica federale a regime socialista fino al 1980, quando la morte del dittatore Tito la avvia a completa dissoluzione.

L’opposizione del serbo Milosevic alle spinte nazionalistiche degli altri paesi balcanici dà inizio a contrasti armati e ad una lunga e sanguinosa guerra civile, a cui non è indifferente l’adolescente Glumac, che già avviato alle arti figurative, a soli 19 anni lascia la sua patria per Parigi.

Il substrato su cui si innesta la sua visione dell’arte, che cerca a Parigi di liberare da retaggi più provinciali, per incontrare ed immergersi in un clima artistico più internazionale, gli deriva dalle avanguardie russe e in particolare da Malevich, che aveva appresa e superata la rivoluzionaria lezione del futurismo italiano, con l’abolizione della visione prospettica e il moltiplicarsi dei punti di vista.

Pur vivendo tra la Francia e Svizzera, il profondo legame con la sua terra rimarrà sempre fortissimo, come fortissimo fu l’affetto filiale che lo legò sempre al fine intellettuale Pedrag Matvejevic, scrittore e slavista di fama internazionale.

In Glumac la tristezza può definirsi una costante e si riflette nelle sue opere, disseminate di figure spettrali. I suoi volti sono maschere tragiche ricoperte di biacca, in cui le donne sono ritratte come geishe malinconiche e gli uomini come tristissimi pierrot, innamorati della luna, nei quali anche un tocco di rosso sulle labbra ha il valore di una ferita.

Per dirla con la musica di Schoenberg “per consolare il mio dolore /cerco sulle rive oscure/ le bianche rose – meraviglie/ pallidi fiori della luna”.

Glumac stesso è un pierrot che ha disimparato il riso e dipinto di bianco con un raggio di luna, realizza nell’arte l’unico modo che conosce perché il suo male abbia fine.

Un filo profondo lega le arti figurative, la musica, la letteratura; un’energia circolare le pervade, come espressioni di una bellezza che arricchisce gli animi, ma anche testimonianza del vivere umano sempre uguale nel tempo e nello spazio.

“Ho sempre creduto fermamente nel ruolo politico della promozione culturale, come mezzo di ascesa, di riscatto e di rigenerazioni delle comunità locali. Creare eventi di alto respiro lascia segni e semi che maturano e innalzano. La profonda decadenza culturale ed economica che oggi la città di Crotone vive è anche figlia della mancanza di visione, dall’ incapacità di pensare in grande nel governo della cosa pubblica” afferma Sergio Iritale.

“Da ex politico – aggiunge - mi piace ricordare l’esaltante esperienza del Festival dell’Aurora, che tanti semi ha lasciato in città e che forse meritava una continuità nel tempo. Da privato cittadino mi preme ricordare le iniziative del Maggio Crotonese, che ha promosso tanti giovani, e che già nel 2003 organizzò, Glumac vivente, una sua personale nel Museo d’arte contemporanea, da me promosso e realizzato. Oggi con l’associazione Crotone, città futura, riproponiamo la presente mostra, in una città ormai priva di tante strutture culturali, che erano il suo vanto”.