Incassano oltre un milione e mezzo con le truffe sui testamenti: “pizzicati” in nove

Catanzaro Cronaca

Il sistema era tanto semplice quanto efficace: si individuavano degli anziani, di età piuttosto avanzata, senza familiari, che avevano però un bel gruzzolo di denaro depositato alle Poste. Poi ci si preoccupava di trovare tutta la documentazione inerente al defunto.

Successivamente si selezionava un erede ad hoc e, contestualmente, si pubblicava un testamento, evidentemente falso, mentre tramite un procuratore speciale nominato appositamente veniva incassata l’eredità o, come accertato in alcuni casi, si tentava quanto meno di riscuoterla.

In ragione di ciò, prima di incassare l’eredità venivano aperti una serie di conti correnti risultati riconducibili ai falsi eredi o a società altrettanto fasulle ed inesistenti.

Questo il raggiro che si ritiene sia stato messo in piedi da nove persone che stamani, tra Catanzaro e Gimigliano, sono finite in arresto - due in carcere e sette ai domiciliari - con l’accusa di aver fatto parte di un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, alla falsità in testamenti, al riciclaggio e all’auto riciclaggio, oltre che all’accesso abusivo ad un sistema informatico e alla corruzione.

L’indagine è stata sviluppata su due filoni investigativi convergenti eseguiti rispettivamente dai Carabinieri e dalla Squadra Mobile del capoluogo di regione, dal marzo del 2020 al luglio dell’anno successivo.

Filoni che hanno portato a sospettare l’esistenza del gruppo che falsificava i testamenti e reimpiegava poi le somme ottenute, si stima quasi un milione e mezzo complessivi, sia in conti correnti personali che in quelli di alcune aziende considerate riconducibili a loro stessi.

Il tutto sarebbe avvenuto anche con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di società fantasma intestate a prestanome o comunque sempre riconducibili agli arrestati.

Nel corso delle investigazioni si è giunti a ritenere di aver identificato il ruolo esercitato da ogni presunto appartenente al gruppo, e di individuare anche chi ne fosse a capo.

Nell’inchiesta è coinvolto un dipendente di Poste Italiane che secondo gli investigatori, e in cambio di denaro, accedendo illecitamente ai sistemi telematici interni, avrebbe ricercato e indicato i soggetti per i quali procedere alla falsificazione: quasi sempre persone senza discendenti diretti e con ampi patrimoni mobiliari.

Alcuni degli indagati, tra i quali finanche dei professionisti, poi, nelle fasi di apertura dell’eredità si sarebbero prestati come testimoni o procuratori speciali in sede di esecuzione dei testamenti, “pur a conoscenza della loro falsità”, sostengono gli inquirenti.

Oltre alle misure cautelari personali, a carico degli indagati, sono stati poi eseguiti dei sequestri preventivi di natura patrimoniale sia dei conti correnti che dei beni immobili e mobili.

GLI ARRESTATI

In carcere sono quindi finiti due catanzaresi: Marco Scalzo (34 anni) e Luciano Crispino (61). Ai domiciliari, invece, sono stati sottoposti: Ortenzia Fabiano (63 anni, di Gimigliano); Roberto Barbuto (57 anni, di Catanzaro); Sonia Matera (5 anni, di Milano); Giuseppe Aiello (39 anni, di Crotone): Sara Moumen (28 anni, di Casablanca, Marocco); Gianfranco Cappellano (27 anni, di Catanzaro); e Elio Bruno Raffaele (57 anni, di Catanzaro).

L’OPERAZIONE

Le investigazioni sono state effettuate, oltre che con le attività di carattere tradizionale anche con l’attivazione di presidi di natura tecnica.

L’operazione è stata condotta dalla Compagnia dei Carabinieri di Catanzaro e dalla Squadra Mobile della Questura locale, quest’ultima supportata in fase esecutiva dal Reparto Prevenzione Crimine “Calabria” di Vibo Valentia. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Procura della Repubblica.