Colpo a “Cosa Nostra” palermitana: 31 arresti, il blitz arriva in Calabria

Reggio Calabria Cronaca

Trentuno persone indagate a vario titolo di associazione mafiosa, detenzione e produzione di stupefacenti, detenzione di armi, favoreggiamento personale e estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Sei i sequestri preventivi.

Questo l’esito dell’operazione scattata all’alba a Palermo e condotta i sinergia dalla Polizia e dai Carabinieri del capoluogo siciliano che ha hanno eseguito gli arresti conducendo in carcere 29 dei coinvolti mentre gli altri due sono finiti ai domiciliari.

Sotto la lente degli investigatori, coordinati dalla Dda palermitana, le famiglie mafiose dei mandamenti di Ciaculli e Brancaccio, che comprende clan come Corso dei Mille e Roccella, e di cui si ritiene di aver ricostruito i relativi organigrammi.

L’ordinanza di oggi segna l’epilogo di una fase operativa già avviata lo scorso 20 luglio, nell’ambito dello stesso contesto investigato, quando è stato eseguito un fermo di indiziato di delitto, emesso sempre dalla Dda locale, a carico di numerosi indagati per associazione mafiosa ed estorsione aggravata.

LE INDAGINI DELLA POLIZIA

La Squadra Mobile di Palermo e il Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine della stessa Polizia stanno eseguendo le misure cautelari, personali e reali, non solo nel capoluogo siciliano ma anche in Calabria, in particolare a Reggio Calabria, così come ad Alessandria, in Piemonte, e a Genova, in Liguria.

Gli indagati sono accusati di aver fatto parte, in concorso ed insieme ad altre numerose persone, di Cosa Nostra, “promuovendone, organizzandone e dirigendone le relative illecite attività e per essersi, insieme, avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti contro la vita, l’incolumità individuale, la libertà personale, il patrimonio, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per se e per gli altri, per intervenire sulle istituzioni e sulla pubblica amministrazione”.

Il provvedimento scaturisce da una complessa attività di indagine avviata nel 2019 e supportata da presidi tecnici, e che ha fa ritenere appunto di aver ricostruito l’attuale organigramma delle famiglie di Brancaccio che comprende le famiglie di Brancaccio, Corso dei Mille e Roccella.

Le indagini attuali, avviate successivamente agli ultimi arresti eseguiti nel novembre 2019 e mirate ad individuare i protagonisti della riorganizzazione delle famiglie, duramente colpite dagli inquirenti, hanno consentito di ricostruire gli assetti delle famiglie mafiose di Brancaccio, identificando i probabili vertici, gregari e soldati.

dalle acquisizioni info-investigative il giudice li ha ritenuti indiziati gravemente di numerosi reati, come appunto quello dell’associazione mafiosa, ma anche del “pizzo”, ovvero le estorsioni ai danni di numerosissimi commercianti e imprenditori, così come della gestione delle numerose piazze di spaccio sparse sul territorio di Brancaccio.

“Settori” che avrebbero consentito di accumulare i guadagni necessari a mantenere in vita l’associazione ed a remunerare i sodali liberi e le famiglie di quelli detenuti.

LE INDAGINI DEI CARABINIERI

Nella parte delle indagini sviluppata dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo, si è andati invece a colpire un gruppo di soggetti che si ritiene legati direttamente a Giuseppe Greco e Ignazio Ingrassia che, forti dei loro storici legami con “Cosa Nostra”, sarebbero stati in grado di coadiuvare i due vertici nella gestione del mandamento mafioso e nella conduzione delle attività illecite che alimentavano le casse della famiglia mafiosa di Ciaculli.

Secondo gli investigatori, l’agguerrita compagine criminale, per il tramite dei suoi collaboratori, si sarebbe dunque occupata dell’imposizione delle cosiddette sensalerie sulle compravendite di immobili ricadenti sotto l’area di influenza, commettendo vere e proprie estorsioni ai danni di quei cittadini che, per concludere affari immobiliari, si sarebbero visti costretti ad accettate l’opera di mediazione degli indagati.

Un altro settore illecito è quello della coltivazione di piantagioni di cannabis-sativa, da cui veniva ricavato lo stupefacente destinato alle piazze di spaccio del capoluogo.

Le acquisizioni dei militari del Nucleo Investigativo hanno anche evidenziato che la compagine criminale avrebbe tratto parte del suo sostentamento anche dalla gestione delle acque irrigue, impropriamente sottratte direttamente alla condutturaSan Leonardo”, di proprietà del “Consorzio di Bonifica Palermo 2”.

Gli affiliati alla famiglia mafiosa di Ciaculli sarebbero, infatti, intervenuti direttamente sulle condotte del consorzio, forzandole e incanalando l’acqua in vasche di loro proprietà, per poi ridistribuirla ai contadini che operano nell’agro Ciaculli-Croceverde Giardini e Villabate.

Questa circostanza, oltre a costituire un guadagno illecito per l’organizzazione mafiosa, avrebbe permesso alla famiglia mafiosa di Ciaculli di accreditarsi verso numerosi produttori agricoli, ergendosi a punto di riferimento per la gestione di uno dei beni essenziali per eccellenza: l’acqua.

Un altro “affare” sul quale gli uomini di Ciaculli avrebbero imposto il controllo, è stato rintracciato nella gestione delle piattaforme di gioco per le scommesse on-line illegali.

Dalle indagini è anche emerso che la compagine mafiosa avrebbe avuto anche a disposizione un vero e proprio arsenale di armi.