Operazione “Cavallo di Troia”, latitante rintracciato e catturato nel reggino

Vibo Valentia Cronaca

Un latitante di origine calabrese - con interessi economici e imprenditoriali stabilmente radicati in provincia di Torino – è stato catturato oggi dalla Guardia di Finanza del capoluogo piemontese.

L’uomo è stato arrestato all’interno di un garage di un casolare nelle campagne di Caulonia, nel reggino, dove è stato rintracciato nel cuore della notte.

L’attività investigativa è stata eseguita dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria della città dello Stretto, con il supporto del Gruppo di Locri e della Sezione Aerea di Lamezia Terme, assistiti dai colleghi del Reparto torinese, che hanno condotto le indagini, coordinate dalla Procura locale.

Il ricercato, sulla base del quadro accusatorio delineatosi nel corso delle investigazioni, allo stato in fase di indagini preliminari, è indiziato di concorso in associazione per delinquere di stampo mafioso e di reati di natura economica e tributaria.

Era irreperibile dal dicembre 2021, quando le fiamme gialle torinesi, corso dell’operazione denominata “Cavallo di Troia” (QUI), aveva eseguito delle misure cautelari a carico di otto persone indagate, a vario titolo, per reati fiscali, fallimentari - aggravati dall’agevolazione mafiosa - e per concorso alla ‘ndrangheta. Allora vennero anche sequestrati beni per circa due milioni e mezzo di euro (QUI).

In particolare sono state individuate tre società edili che gli inquirenti ritengono essere al servizio di esponenti dei Bonavota (QUI), ‘ndrina radicata nel territorio di Carmagnola (nel torinese) e collegata all’omonima cosca calabrese del vibonese.

L’ipotesi è che gli indagati - tra cui il latitante arrestato oggi - avrebbero gestito queste imprese, anche tramite dei prestanome, forti dell’appoggio fornitogli dalla cosca, in grado di garantire importanti commesse per la realizzazione di opere, e della “protezione” in caso di difficoltà.

Gli stessi, abbattendo fittiziamente i debiti tributari e previdenziali, avrebbero attuato, inoltre, una sorta di doping fiscale, risultando così avvantaggiati rispetto alla concorrenza delle aziende operanti negli stessi settori.

L’operazione delle Fiamme Gialle avrebbe consentito, inoltre, di delineare un “sistema” connotato da continuativi e sistematici depauperamenti dei patrimoni aziendali: un metodo che avrebbe consentito da un lato che le imprese fossero messe in una situazione di completa spoliazione delle risorse, anche destinate al pagamento di stipendi e contributi dei dipendenti e, da un altro, si sarebbe destinata parte dei profitti alla criminalità organizzata.