‘Ndrangheta, è rientrato in Italia “il boss dei boss”

Reggio Calabria Cronaca

È rientrato in Italia Domenico Paviglianiti, il boss dei boss”, arrestato lo scorso 3 agosto a Madrid (LEGGI). Destinatario di un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti di 11 anni, 8 mesi e 15 giorni, per associazione mafiosa, omicidio e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, è stato scortato da personale dello Scip, il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale, guidata dal Prefetto Vittorio Rizzi.

Il mandato di arresto europeo è stato eseguito dalla Polizia spagnola Udyco Central, nell’ambito di un’operazione di polizia portata avanti dalla cooperazione fornita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Bologna, coordinati dal Procuratore della Repubblica Giuseppe Amato e dai sostituti Roberto Ceroni e Michele Martorelli, in collaborazione con Eurojust (Filippo Spiezia) e in stretto raccordo con il Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia (progetto I-Can e team Enfast).

La cattura e il rientro in Italia del latitante rappresenta un risultato proprio del progetto “I-Can” (Interpol Cooperation Against ‘ndrangheta) contro la ‘ndrangheta, promosso dall’Italia insieme e Interpol e che ha agevolato la cooperazione internazionale di polizia permettendo ad oggi la cattura all’estero di 20 latitanti di ‘ndrangheta.

L'ARRESTO

Le indagini, avviate a gennaio 2021, sono partite dal provvedimento della Procura felsinea nei confronti di Paviglianiti in merito a un ricorso in Cassazione promosso dalla stessa autorità giudiziaria che aveva rilevato un calcolo sbagliato della pena così da consentire al 60enne di essere rimesso in libertà nell’ottobre del 2019 (QUI).

In quell’occasione Paviglianiti ha lasciato l’Italia e ha trovato rifugio in Spagna approfittando di uno strutturato circuito relazionale in quel paese, consolidatosi attraverso i traffici illeciti.

Le investigazioni, che si sono avvalse di attività di analisi, con intercettazioni e servizi di polizia giudiziaria, hanno permesso di scoprire non solo il luogo dove il 60enne si nascondeva, ma anche il sostegno dei familiari che avrebbero aiutato il latitante. Per questo motivo è stato iscritto il reato di favoreggiamento aggravato dal metodo mafioso.

Le forze dell’ordine hanno quindi avviato indagini ad ampio spettro con intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione, controllo e pedinamento, esame di tabulati telefonici su tutta la cerchia dei familiari, alcuni trasferiti in Spagna proprio dopo la “scomparsa” di Paviglianiti, controlli che sono stati effettuati anche in Spagna.

Qui sono stati inoltrati diversi Ordini di Indagine Europei (O.I.E.) che hanno permesso di aprire un vero e proprio canale di collegamento tra Forze di polizia, con reciproci e aggiornati scambi informativi.

Un collegamento che, insieme alle attività svolte in Italia, ha consentito di scoprire l’esatta localizzazione di Paviglianiti a Madrid e di giungere alla sua cattura.

Sono state recuperate diverse migliaia di euro in contanti, anche numerosi telefoni cellulari (alcuni verosimilmente dei cryptophone) la cui prossima analisi non è escluso possa fornire rilevanti informazioni sul recente periodo di attività del latitante e sui soggetti che gli hanno garantito sostegno.

CHI È PAVIGLIANITI

Paviglianiti, originario di San Lorenzo, è ritenuto elemento di spicco del clan operante oltre che a San Lorenzo anche a Bagaladi e Confofuri e nel nord Italia, in particolare in Lombardia e nel Sud America per la gestione del traffico internazionale di stupefacenti.

Il 60enne è stato condannato all’ergastolo, pena sostituita con la reclusione a trenta anni, per una serie di omicidi, associazione di tipo mafioso e reati concernenti gli stupefacenti, commessi a partire dagli anni ’80.

Ha infatti avuto un ruolo di primordine nel corso della “seconda guerra di mafia”, quando insieme ad altre famiglie di ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria ha appoggiato la cosca De Stefano nella sanguinosa faida con quella dei Condello.