Elezioni Regionali, i vescovi calabresi: “La regione va liberata da mali antichi e curata in modo nuovo”

Calabria Politica

Lanciano un appello corale al cambiamento i vescovi della Calabria e lo fanno con un lungo messaggio rivolto a tutte le forze sociali, sindacali, finanziarie, economiche, imprenditoriali e politiche. “Non vogliamo interferire sull’autonomo percorso di alleanze e schieramenti partitici, ma soltanto, com’è nostro dovere morale, richiamare l’attenzione di tutti sul futuro della nostra casa comune”, scrivono.

“Consapevoli come siamo della presenza in politica, e nel sociale – che l’anticipa e la fonda – di persone di grande sensibilità civile, di forte rigore morale, di spessore, di competenza, animati dal desiderio di agire rettamente e nella verità e soprattutto a vantaggio del bene comune”.

Il desiderio dei vescovi, come scritto nel messaggio, è dunque quello di “contribuire alla vita buona e giusta e alla qualità di vita della Calabria. In questo tempo di pandemia, tale obbiettivo è risultato ancora più stringente; tanti sono stati, infatti, gli aspetti critici venuti in superficie: ritardi, carenze e nodi, molti dei quali ignorati dai più, ma comunque pubblici e sorprendenti e, proprio per questo, avvertiti con maggiore acutezza dal nostro popolo”.

“La Calabria va continuamente liberata da mali antichi, e curata in modo nuovo, perché le realtà sofferte nei vissuti di ognuno sembrano scendere dai campanili delle nostre Chiese e versarsi sulle coste dei nostri mari, metafora di un continuo ritorno, nelle distese di argilla: metafora di movimenti sempre franosi, di scontro con l’asperità dei monti, simbolo della durezza della nostra storia. Questa nostra terra, segnata da grandi contraddizioni e contrasti, ha bisogno di risanare, con una terapia intensiva, l’azione amministrativa e politica, puntando a curare quei mali che non hanno più l’ossigeno di respiro verso il bene comune; di debellare la sempre vegeta preoccupazione degli interessi privatistici, per come le cronache degli ultimi tempi ci raccontano”.

“Attraverso la sana politica e la sana amministrazione, la Calabria deve riguadagnare fiducia in se stessa, eliminando promesse illudenti, ma senza fondamento, premesse a elemosine e provvidenze assistenzialistiche, prime vere minacce alla democrazia e alla dignità degli onesti e, in particolare, dei più giovani, che aborriscono qualunque forma di assistenzialismo e di corruzione. Permangono, purtroppo, assistenzialismi spaccianti come “favore” ciò che invece è un diritto della persona e del cittadino, mentre con la piaga mai spenta del clientelismo si continua ad incrementare e offendere il ceto degli ultimi, degli scartati e dei senza-diritti, facendo pericolosamente spazio alle forze occulte deviate e alle mafie. Vi sono diritti fondamentali che precedono la politica, perché derivano dalla dignità conferita ad ogni persona in quanto creata da Dio. La Calabria ha una storia da preservare, ma ne ha un’altra parallela e contingente da abbandonare”.

Fanno poi una lista delle criticità della regione, come i “bilanci mal fatti, quando non sfacciatamente falsi, facendo registrare record negativi a Comuni e Aziende Sanitarie in insanabile dissesto”, l’assenteismo e la scarsa produttività “che restituisce l’immagine di un insufficiente e deplorevole senso del dovere e di vocazione al lavoro”.

Fanno accenno anche al “servizio sanitario paurosamente frodato, che ha seminato per anni vittime inconsapevoli e che attende di essere condannato senza appelli in chi ha sbagliato, o ha omesso” e parlano della “svendita della nostra terra, spesso alla connivenza falsata dal rispetto al malaffare, immiserendo e deturpando l’immenso suo bacino di bellezza, di energia e di risorse ambientali”.

Nell’elenco finisce anche la “persistenza della corruzione in tanti - abito ordinario e sistema di condotta -, sia nello svolgimento dei pubblici servizi, sia nella pessima prassi dell’assenteismo sul posto di lavoro. Fino a quando durerà lo sfruttamento del lavoro nero? Scegliamo il futuro secondo criteri e principi”.

E ribadiscono ancora il concetto di “etica della politica come vincolante per tutti, a qualsiasi schieramento, gruppo o partito si appartenga. Essa consiste: nella ricerca del “vero” bene comune. Al di là degli interessi di parte, per edificare la nuova Calabria di oggi e di domani; nel coltivare la competenza e la responsabilità, in un’epoca fluida; nell’ottica della collaborazione con gli orizzonti della nuova politica governativa nazionale ed europea; nella ricerca di alleanze e strategie collaborative lungimiranti, affinché non si resti irretitida miopie partitiche, partigiane, colluse, trasversali; nella rottura con qualsiasi collegamento con le forze diaboliche e malefiche della ’ndrangheta, con altre ad esse colluse e, in generale, con quelle occulte, comunque appartenenti alla criminalità organizzata; nella vigilanza, che esige il massimo rigore nell’escludere candidature da sottobosco inquinato, aborrendo tutto ciò che possa essere premessa a future e sicure Commissioni di accesso e Commissariamenti, sempre in crescente dinamismo e frenante per mesi – a volte per anni – la regolare e ordinaria amministrazione della cosa pubblica”.

E ancora la “fallimentare pratica di voti di scambio come architrave dei consensi in vista dell’ascesa a ruoli e incarichi di potere, sorretti da una logica oligarchica, offensiva e deprimente. Vanno perciò individuati candidati con competenze tecniche e specifiche, che godano di riconosciuta stima pubblica, noti per specchiate qualità morali, responsabili e motivati, sinceramente amanti del bene comune, in vista del progresso della nostra Regione. Una politica che ispira fiducia può rimotivare il dovere del ritorno al voto della nostra gente, perché ancora una volta non vinca il partito degli astenuti”.

Per questo i vescovi mettono sul tavolo la “ricetta” della buona politica che supportata dalle “migliori ed eccellenti intelligenze nel campo della finanza, dell’economia, della cultura, dell’imprenditoria e dell’innovazione” deve essere applicata occorre sui principali temi che attendono inversioni di tendenza”.

Fanno una lista dei temi da affrontare, come il “lavoro, oggi in gravissima crisi, quale effetto della pandemia sociale, seguita alla pandemia sanitaria; in particolare, occorrerà saper gestire il problema dei cassintegrati, favorire nuove opportunità lavorative, invertire il trend dell’inoccupazione giovanile, non far evaporare i finanziamenti europei per efficaci e duraturi piani di sviluppo, particolarmente nel campo della transizione ecologica”.

Secondo tema è quello della “salute pubblica: la gestione della legislazione concorrente Stato-Regione ha mostrato distanze e voragini come effetto delle prassi immorali e amorali che hanno tenuto banco negli ultimi anni. Ci sono pieghe che vanno disciolte e piaghe che vanno curate senza accontentarsi di pubbliche denunce, chiare, ma non risolutive, e neanche di giustizialismi detonanti”.

E ancora, attenzione dei vescovi per l’ambiente. E per la terra, le risorse idriche ed energetiche, la qualità dell’aria, le scelte produttive tecnologiche e industriali che “evitino l’innalzamento della temperatura del pianeta, come stabilito dall’Unione Europea”.

Quarto punto, ma non meno importante è per i vescovi “l’innovazione, tecnologica e digitale, verde e circolare, sociale ed economica. Oggi siamo protesi verso la “quinta rivoluzione industriale” ed ancor di più la Calabria non può fallire le sfide delle grandi transizioni, per implementare quel cambio di paradigma economico e sociale ispirato a criteri di vera ed autentica sostenibilità, anticipato da Papa Francesco nelle sue encicliche e nella prospettiva dell’economia di Francesco”.

Fanno poi accenno alla “coesione sociale. Alla Calabria spesso è mancata la capacità di essere vera comunità. Invece di essere tutti per uno, spesso si è avuta l’impressione di essere stati tutti contro tutti, peraltro gettati nell’isolamento a seguito del distanziamento sociale. Nella politica, nelle istituzioni, nella scuola e nella cultura, nel mondo dell’imprenditoria, nelle professioni, nella società, è necessario riconoscere le nostre responsabilità, e andare oltre: oltre la cultura delle contrapposizioni e delle antinomie; oltre per costruire nuovo capitale relazionale e nuove dinamiche collaborative; oltre interessi di parte, dividendi politici, obiettivi di breve periodo, recuperando la capacità di esprimere visioni frutto di collaborazioni ampie, plurali e convergenti. Un nuovo, autentico e non fittizio patto di collaborazione è possibile”. Per i vescovi è quindi necessario quello che chiamato “ giubileo sociale per la nostra Calabria”.

Parlano poi del “bene dell’acqua. Si rilanci la campagna per salvare l’acqua in Calabria dalle minacce di privatizzazione contenute nel Pnrr del governo Draghi. Dopo le chiare parole di papa Francesco sull’acqua nella Laudato SI (30), anche noi come Conferenza Episcopale Calabra invitiamo tutte l comunità cristiane a difendere il più importante bene comune che abbiamo (insieme all’aria)".

Per i vescovi “il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr), pur con i limiti di dotazione riservati al Sud Italia da più parti evidenziati, potrà comunque essere un valido strumento a supporto di queste grandi sfide. Ma occorre avere piena consapevolezza che senza un vero cambiamento di capacità, competenza, coesione, armonia ed innovazione sia nella pubblica amministrazione che nell’impresa, nel mondo delle professioni e nella società civile, anche questa opportunità storica verrà colpevolmente ed irrimediabilmente vanificata. L’uomo al centro dei processi, da slogan deve trasformarsi in soggettività di futuro sostenuta dalla Grazia e da una autentica fruttificazione e comunione dei talenti. Dio e l’Uomo insieme per costruire la Calabria di domani”.