Stroncata la filiera della coca e della marijuana, sei arresti nel reggino

Reggio Calabria Cronaca

Gli inquirenti l'hanno definita una vera e propria filiera che parte dalla produzione e coltivazione per poi passare alla lavorazione e al commercio di marijuana e cocaina, e che avrebbe permesso di immettere sul mercato grossi quantitativi di droga, con conseguenti ed importanti guadagni per il gruppo criminale.

Un business a cui si ritiene di aver messo oggi la parola fine con l’operazione chiamata in codice Dioniso”, che ha spalancato le porte del carcere per cinque persone, mentre un’altra è finita ai domiciliari e un’altra ancora è stata sottoposta invece all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

A tutti e sette gli indagati, a vario titolo ed in concorso, si contestano la coltivazione, detenzione, vendita e acquisto di ingenti quantitativi di stupefacenti.

GLI INDAGATI

Sono stati raggiunti da un ordine di arresto in carcere, dunque, Fabio Bono, 42enne di Taurianova; Giuseppe Sicari, 33enne di Taurianova; Giuseppe Bianco, 40enne di Africo; Bruno Criaco, 65enne di Africo; Bruno Stelitano, 70enne di Africo.

Arresti domiciliari, invece, per Fabio Messina, 31enne di Brancaleone; mentre Angelo Ferraro, 49enne di Palizzi, è stato sottoposto all’obbligo di presentazione.

IL PRIMO SEQUESTRO

Il blitz arriva al termine delle investigazioni condotte dai carabinieri della Compagnia Taurianova, coordinati dal Pm Davide Lucisano della Procura di Palmi.

Investigazioni che sono state eseguite tra il gennaio 2019 e il maggio 2020 e supportate anche da ampie attività di intercettazione telefonica e ambientale, videoregistrazioni, osservazioni e pedinamenti.

Tutto parte da un corposo sequestro di circa 118 kg di marijuana, divisa in numerosi sacchi, ritrovata nel gennaio 2019 in una abitazione della frazione di Amato di Taurianova e nella disponibilità di un 31enne, Antonino Sorrenti, allora arrestato in flagranza dai militari di San Martino.

La grande quantità di droga scoperta, e la tipologia di imballaggio, ha fatto fin da subito ipotizzare agli investigatori che la “partita” fosse solo una parte di un più esteso contesto delinquenziale che riguardava la produzione e lo smercio di stupefacente, e che evidentemente sarebbe avvenuta anche con la complicità di altri.

L’avvio delle attività, in breve tempo, ha consentito di appurare come il carico sequestrato fosse stato commissionato e gestito anche dallo zio dell’arrestato - Giuseppe Sorrenti, 52enne di Taurianova nel frattempo deceduto - e che fosse destinato principalmente a Giuseppe Bianco, di Africo, oggi finito in arresto.

LA BASE NEL CAPANNONE

L’indagine, nel complesso, ha però consentito di far luce sull’esistenza di un gruppo criminale più ampio, che si ritiene composto da soggetti in gran parte pregiudicati, e attivi sulla provincia reggina.

Il gruppo, in pratica, che si sarebbe occupato della produzione, della detenzione e del commercio di grossi quantitativi di droga e che avrebbe avuto come sua base principale un capannone industriale a Rizziconi, di proprietà di Giuseppe Sorrenti: capannone che avrebbe rappresentato un importante luogo di incontro e di accordi dello stesso gruppo.

Secondo gli inquirenti, però, gli indagati avrebbero utilizzato anche dei terreni in disuso nella Piana di Gioia Tauro per coltivare delle estese piantagioni di marijuana, una delle quali è stata scoperta e sequestrata dai Carabinieri di Taurianova, in una zona rurale di Cittanova, nel luglio 2019, quando furono arrestati in flagranza quattro giovani del posto: Giuseppe Startari (34 anni), Giuseppe Sicari (28) 1993, Carmelo Avati (30) e Paolo Monterosso (32) (QUI)

I quattro furono sorpresi a curare circa 3.200 piante di marijuana (di altezza variabile tra il mezzo metro ed il metro e mezzo), dalle quali, come emerse dai successivi accertamenti, si sarebbero potute ricavare oltre 541 mila dosi medie singole di stupefacente.

IL DOMINUS DEGLI AFFARI

Gli stessi arrestati, come è stato poi accertato, avrebbero avuto principalmente delle funzioni esecutive nella coltivazione delle piante, per conto di Giuseppe Sicari e di Giuseppe Sorrenti, ritenuto il dominus degli affari: quest’ultimi sono considerati come degli “importanti intermediari in un ampio mercato illegale di droga” con la partecipazione e la collaborazione, a vario titolo, degli altri arrestati di oggi.

Nel corso indagini, infatti, tra i pregiudicati dei due versanti della provincia reggina sono stati documentati doversi accordi per la compravendita di vari quantitativi di marijuana - fino a 150 kg per cessione - da immettere nel mercato nazionale, oltre che singole vendite al dettaglio, sia di marijuana ma anche di cocaina, “ad indicazione di una diversificata disponibilità di droga e una pluralità di canali di approvvigionamento e vendita”, affermano gli investigatori.

L’AFFIDABILE NELLA RETE DI SPACCIO

Per gli inquirenti, poi, in questo contesto sarebbe significativo il ruolo del brancaleonese Fabio Messina, che in più circostanze avrebbe ceduto svariati quantitativi di stupefacente agli altri indagati, come “affidabile soggetto ben inserito nella rete di spaccio”.

Solo pochi giorni prima dell’operazione di oggi, Messina è stato arrestato in flagranza insieme alla moglie venticinquenne, Valentina Bevilacqua, dai Carabinieri a Bianco in quanto, fermato a bordo della sua auto mentre era in viaggio con i figli minorenni, è stato trovato con circa 200 grammi di cocaina, che nascondeva all’interno di una scatola di riso,a dimostrazione di una continuità e attualità delle condotte criminose”, ribadiscono ancora i militari.

L’ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE

Sempre gli inquirenti spiegano poi come gli indagati abbiano operato in modo “professionale e imprenditoriale”, avendo cura di evitare conversazioni telefoniche, anche per semplici incontri, così da non rischiare di essere intercettati.

Prima di arrivare all’accordo conclusivo di una cessione, poi, venivano spesso consegnati, persino tramite di minorenni, dei campioni di stupefacente presso il capannone industriale di Rizziconi, che però era monitorato 24 ore al giorno dai Carabinieri.

Tra l’altro, alcuni dei coinvolti risultano legati tra di loro da legami di parentela, il che confermerebbe l’esistenza di una struttura “fondata su forti ed impermeabili vincoli di sangue, anche per la conduzione di singole attività delittuose”.

Alcuni degli africesi arrestati, poi, sono ritenuti contigui per vincoli di parentela e per frequentazioni con soggetti appartenenti alla cosca locale di ‘ndrangheta dei Morabito-Bruzzaniti-Palamara, elemento questo che ne confermerebbe la loro pericolosità.

Durante le indagini, ancora, viene ritenuto significativo anche l’arresto del catturando Antonio Stelitano (QUI), 38enne pregiudicato e anch’egli considerato contiguo ai Morabito-Bruzzaniti-Palamara di Africo.

L’uomo è figlio di Bruno, oggi arrestato. Nel maggio del 2019 era evaso dai domiciliari ad Africo per fuggire e trovare rifugio a Roma, dove, in breve tempo, è stato però individuato, localizzato e catturato, proprio su indicazione dei Carabinieri di San Martino di Taurianova, grazie al monitoraggio svolto nel corso dell’attività.

L’operazione è stata eseguita nelle province di Reggio Calabria, Chieti e Milano, dai Carabinieri del capoluogo dello Stretto, con il supporto dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria, del Nucleo Cinofili di Vibo Valentia e dei Comandi competenti per territorio.

L’ordinanza di applicazione della misura cautelare personale è stata emessa dal Tribunale di Palmi su richiesta della Procura della Repubblica locale.