I Gallace, il business del movimento terra e l’infiltrazione negli appalti toscani

Catanzaro Cronaca

Mentre in Calabria scattava l’operazione Molo 13 (QUI), e su ordine della Dda di Catanzaro si procedeva all’arresto di 20 persone ritenute far parte del clan Gallace di Guardavalle, contestualmente in Toscana i carabinieri del Ros e del comando di Livorno, hanno avviato un blitz correlato all’inchiesta calabrese.

Si tratta dell’operazione chiamata in codice “Geppo Calatruria(QUI) e con la quale i militari - su ordine del Gip di Firenze e su richiesta del Sostituto Eligio Paolini della Dda locale - hanno arrestato 17 persone.

Una dozzina quelle finite in carcere e cinque, invece, sottoposte ai domiciliari ma tutte indiziate, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, alla concorrenza illecita con violenza e minaccia, sub-appalto irregolare ed altro.

Contestato anche il reato associativo per quanto riguarda, anche qui come in Calabra, il traffico internazionale di stupefacenti, la detenzione di droga ai fini di spaccio, il favoreggiamento personale, il tutto aggravato sia dal metodo mafioso che dall’avere agevolato la cosca catanzarese dei Gallace.

I DUE FILONI DI INDAGINE

I provvedimenti colpiscono su due distinti piani, quello imprenditoriale e quello del narcotraffico, soggetti e imprenditori ritenuti contigui alla cosca calabrese, e derivano da una complessa indagine strutturata su altrettanti filoni reciprocamente convergenti, e condotta dal Ros fiorentino e dai militari di Livorno.

Il primo filone (ovvero quello che è stato definito semento “Geppo”), riguarda l’ingente approvvigionamento di cocaina da parte del Gallace e la successiva distribuzione in Toscana, nel cui ambito è stato arrestato un importante latitante di ‘Ndrangheta.

Il secondo (il segmento “Calatruria”), invece, fotografa l’infiltrazione in Toscana della Cosca nel settore del conferimento inerti attraverso il controllo diretto su una storica azienda del Mugello, che avrebbe condizionato la concorrenza locale: in pratica, “imponendo la forza criminale della consorteria mafiosa” si sarebbe aggiudicata importanti commesse pubbliche a discapito di altre aziende del settore.

IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO TERRA

Globalmente l’indagine, i cui primi accertamenti risalgono alla fine del 2018, si è evoluta su due direttrici principali: quella riguardante il controllo del mercato del movimento terra (tra estorsioni e concorrenza illecita) in diverse provincie toscane, così come tramite attività estorsive e la concorrenza illecita con violenza o minaccia.

Secondo gli inquirenti, il tutto sarebbe stato messo in atto da soggetti di vertice da una storica impresa del settore, la “Cantini Marino Srl” di Vicchio (nel fiorentino), per il tramite dell’impresario Graziano Cantini e del suo principale collaboratore Nicola Verdiglione.

La tesi è che entrambe fossero collegati direttamente a soggetti organici ai Gallace cioè Domenico Vitale e Nicola Chiefari – e che abbiamo sfruttato “scientemente” la forza della cosca per imporsi sul mercato, “infiltrandosi” di fatto in importanti commesse pubbliche in Toscana.

Imposizione che sarebbe avvenuta, su diversi imprenditori o tecnici del settore, in relazione alla fornitura di materiale per i lavori da eseguire in un importante cantiere dall’appalto milionario: parliamo delle opere di completamento della variante SRT 429 “Di Val d'Elsa”, nel tratto Empoli-Castelfiorentino, lotti V° e IV.

Parimenti sono stati riscontrati dei presunti legamidi comodo” con la Pubblica Amministrazione aretina, esattamente col Consorzio Bonifica Valdarno, per l’assegnazione diretta di lavori da importi contenuti (ovvero sotto soglia), su cui sono in corso approfondimenti investigativi.

Tra gli episodi contestati svetta l’estorsione a carico di un impresario calabrese che sarebbe avvenuta con il concorso di un imprenditore crotonese, Francesco Lerose, arrestato oggi anche nella parallela operazione denominata “Keu” (QUI), una inchiesta antimafia della Procura di Firenze per reati in materia di smaltimento illecito di rifiuti ed altro, aggravati dall’agevolazione mafiosa.

“Il rilevante compendio probatorio raccolto nel procedimento - afferma infatti il Gip nell’ordinanza - evidenzia, al di là degli episodi clamorosi di intimidazione, un sodalizio tra gli indagati … finalizzato ad acquisire il monopolio di attività economiche del settore cui opera la Cantini Marino srl, strettamente collegata alla Figlinese Inerti srl, nonché (in maniera meno ‘scoperta’, dato lo spessore criminale dei suoi componenti) la Idrogeo srl (con la precisazione che rispetto a quest’ultima il quadro probatorio non può ritenersi esaustivo)”.

Secondo il magistrato, l’acquisizione di questo presunto monopolio di fatto sarebbe stata possibile grazie alla “presenza di due grossi esponenti della criminalità calabrese, operanti in Toscana nel Valdarno da epoca risalente, che non si limitano a dare il proprio benestare ma altresì influiscono, con la forza intimidatrice della organizzazione criminale di appartenenza, in modo da determinare equilibri che fuoriescono da quelli normali del libero mercato, secondo una logica non concorrenziale bensì impositiva e di assoggettamento”.

LA DROGA E L’ARRESTO DEL LATITANTE

Quanto al lato dell’inchiesta relativo al narcotraffico internazionale, invece, quest’ultimo filone ha consentito di arrivare al sequestro, tra maggio 2017 e agosto 2019, di un totale di circa 191 chili di cocaina e nel cui contesto si è giunti - sempre a cura dei Carabinieri di Livorno e del Ros – alla localizzazione e all’arresto, ad agosto 2019, del latitante Francesco Riitano (QUI).

Il ricercato fu individuato, sotto falso nome, a Giardini Naxos, nel messinese, ed a suo carico pendeva un provvedimento cautelare del Gip di Milano (nell’ambito dell’indagine “Area 51”) emesso a coronamento di un’inchiesta antidroga condotta dai militari lombardi.

Riitano fu individuato grazie “al suo solido legame” con uno degli indagati di oggi, Domenico Vitale, che lo avrebbe incontrato periodicamente in località segrete, così come emerso nell’inchiesta.

Gli inquirenti sostengono che “il duo Riitano/Vitale” rappresenti il vertice del gruppo, diretta emanazione della Cosca Gallace.

In questo filone investigativo è stata individuata una base logistica in provincia di Pisa, presso il capannone di uno degli indagati, che si ritiene sia stato utilizzato sia per stoccare grosse quantità di stupefacente che per nascondere armi, parte delle quali sequestrate lo scorso 7 gennaio dai Carabinieri di Livorno in occasione di un’operazione - collegata alla presente inchiesta - condotta dalla Dda di Cagliari, e che ha portato all’arresto di Robertino Dessì (che è tra gli odierni arrestati), in quanto considerato organico ad un altro gruppo criminale di matrice sarda specializzato in assalti a furgoni portavalori.

La sinergia tra i Carabinieri di Livorno e i colleghi Cagliari ha consentito il sequestro, il 31 luglio scorso, a Cagliari, di un imponente quantitativo di armi ed esplosivo destinato agli assalti.

Nel corso dell’operazione di oggi, oltre agli arresti, sono state eseguite numerose perquisizioni anche a carico delle società del settore edile interessate a lucrare dalle condotte mafiose del gruppo smantellato.

Contemporaneamente è in esecuzione un’altra ordinanza di custodia cautelare per traffico di internazionale di sostanze stupefacenti a cura della Guardia di Finanza, su mandato della Dda di Catanzaro, all’indirizzo di esponenti della Cosca Gallace.

Il blitz è stato condotto dal Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri, insieme al Comando Provinciale di Livorno, con il supporto dei Comandi Carabinieri di Toscana, Liguria, Lombardia, Lazio, Sardegna, del 4° Nucleo Elicotteri di Pisa, del Nucleo Cinofili di Firenze Castello, del 6° Btg “Toscana”.