La criminalità calabrese e la “mani” sull’economia riminese, 11 indagati

Calabria Cronaca

La criminalità organizzata infiltrata anche nella realtà del riminese con un gruppo di almeno una ventina di persone e al cui vertice si ritiene vi fosse un uomo di origini calabresi ma da anni presente nella nota cittadina della riviera romagnola.

A questa conclusione sono giunti gli inquirenti che stamani hanno fatto scattare l’operazione “Never Dream” (QUI), nel corso della quale Guardia di Finanza e Carabinieri hanno indagato 11 persone.

Tre sono quelle finite in carcere; due, invece, quelle ai domiciliari; altrettante quelle interdette dall’esercizio attività d’impresa; applicato poi un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e un altro di dimora.

Eseguiti poi sette sequestri - funzionali alla confisca per equivalente - come profitto derivante da reati tributari, di riciclaggio ed auto-riciclaggio di proventi illeciti e di usura.

Gli inquirenti contestano dunque i reati di associazione per delinquere finalizzata all’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, di dichiarazione dei redditi fraudolenta, di omessa dichiarazione ed indebita compensazione di falsi crediti fiscali.

Ma anche quelli di truffa, di occultamento o distruzione di documenti contabili, di omesso versamento dell’Iva, riciclaggio ed autoriciclaggio; ed ancora: usura, estorsione, trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori, indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento, falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate.

Ad alcuni indagati sono stati contestati anche la falsità materiale ed ideologica e la sottrazione di cose sottoposte a sequestro.

Come dicevamo, il blitz è scattato a Rimini ma dall’Emilia Romagna si è allargato anche alla Calabria così come alle Marche, Lombardia e Puglia.

Gli investigatori ritengono quindi di aver inferto un colpo all’infiltrazione della criminalità nell’economia riminese: è qui che il gruppo avrebbe avuto infatti la sua base ma mantenendo ramificazioni e interessi economici anche in altre, in particolare a Vibo Valentia, Pesaro, Varese, Monza Brianza e Bari.

L’EMERGENTE PANORAMA DELINQUENZIALE

L’indagine – che si è sviluppata con numerosi servizi di osservazione, controllo e pedinamento – ha avito come obiettivo quello di identificare compiutamente tutti “gli attori” inseriti nell’emergente panorama delinquenziale ma anche e contestualmente di identificare, sotto l’aspetto societario, contabile e fiscale, dei soggetti economici coinvolti, così come delle persone fisiche ad essi effettivamente riconducibili e dei collegamenti tra queste esistenti.

Quindi, si è proceduto ad individuare degli illeciti penali, determinando il relativo danno all’Erario. Gli inquirenti hanno poi mappato rapporti bancari, così da volgere delle specifiche indagini finanziarie per risalire alle risorse economiche o ad ogni altro bene nella disponibilità degli indagati, anche per il tramite di cosiddette teste di legno”.

Un complesso e articolato lavoro, svolto in sinergia tra i militari della Sezione Operativa dei Carabinieri di Riccione e dal Nucleo Operativo delle fiamme gialle riminesi.

Un lavoro realizzato con l’aiuto di prolungate intercettazioni telefoniche ed ambientali (eseguite dai Carabinieri), indagini fiscali e finanziarie (eseguite invece dalla Guardia di Finanza), riscontri documentali ed esame di ingente documentazione contabile, societaria e bancaria sottoposta a sequestro nel corso delle numerose perquisizioni e tramite l’assunzione di informazioni dalle persone informate sui fatti.

UN QUADRO INDIZIARIO PRECISO

Alla fine si ritiene di avere definito un quadro indiziario preciso ed esaustivo, che avrebbe evidenziato tutti gli elementi di colpevolezza a carico di ben 22 persone indagate, oltre al coinvolgimento, a vario titolo, per quanto attiene ai reati tributari, di ben 36 imprese dislocate in tutta Italia e due situate invece in Lituania.

Nello specifico, si è stato constatato a carico di cinque aziende l’utilizzo e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per un imponibile complessivo di circa 20 milioni ed un’Iva che si aggira intorno ai 3,4 milioni.

Quanto al reato di indebita compensazione di crediti inesistenti, le indagini avrebbero evidenziato il grado di ingegno ed accuratezza del disegno criminale, considerato che il presunto promotore del gruppo, con la collaborazione diretta ed indiretta di tutti i suoi sodali e, in particolare, anche grazie ad un consulente fiscale (anch’egli indagato e messo ai domiciliari) avrebbe appreso o trovato una “falla nel sistema” ed ideato, pianificato e costruito in questi ultimi anni un meccanismo per produrre impressionanti surplus di Iva a credito.

Il tutto sia utilizzando fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, che mediante esportazioni fittizie di ingenti quantitativi di materiali verso l’estero - la Lituania, in particolare - con lo scopo di ottenere un ingente arricchimento patrimoniale personale.

Successivamente, le società riconducibili allo stesso “dominus”, avrebbero usato questi crediti Iva fittizi per compensare le imposte dovute e per operazioni di accollo di debiti tributari, effettuate con la stipulazione di specifici contratti con società terze beneficiarie, per un importo accertato di circa 1,4 milioni di euro.

I BENI CAUTELATI

Durante l’operazione, si è proceduto inoltre a delle articolate indagini finanziarie che hanno anche evidenziato delle condotte da parte del sodalizio, e stroncate sul nascere.

In pratica, mediante il “riciclaggio” o “auto-riciclaggio” di parte del denaro proveniente dalla commissione dei reati tributari, qualcosa come circa 315 mila euro, si sarebbe arrivati ad un “graduale e consistente arricchimento del patrimonio personale” sia del presunto “capo” che di altri soggetti considerati appartenenti all’associazione, oltre che terzi che avrebbero avuto contatti più o meno assidui con gli indagati.

A coronamento delle indagini, quindi, sono state oggi disposte le misure cautelari personali e il sequestro di cinque unità immobiliari, un terreno, quote sociali per circa 46 mila euro, 12 mezzi tra autoveicoli, motoveicoli e ciclomotori; saldi attivi di 20 rapporti finanziari: il tutto per circa 9 milioni di euro.

L’inchiesta è stata coordinata e diretta dai sostituti Paolo Gengarelli e Luca Bertuzzi, della Procura di Rimini. L’ordinanza è stata emessa dal Gip del Tribunale locale, Benedetta Vitolo.