Fatto fuori per una relazione extraconiugale, dopo 17 anni luce sull’omicidio Belsito

Vibo Valentia Cronaca

Arriva la svolta sull’efferato omicidio dell’allora 34enne Domenico Belsito, assassinato a Pizzo nella sera del 18 marzo 2004.

A chiudere il cerchio - a poco meno di 20 anni - è stata la Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, e ben sei persone sono state raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere in quanto ritenute, a vario titolo, responsabili in concorso di quell’assassinio.

GLI ARRESTATI

Nelle prime ore della giornata i militari del Nucleo investigativo di Vibo hanno eseguito così gli arresti, ordinati dal Gip del Tribunale di Catanzaro, nei confronti di Nicola Bonavota, di 45 anni; Domenico Bonavota, di 42 anni, catturato a Sant’Onofrio, in un covo, dagli stessi carabinieri la scorsa estate (QUI), dopo quasi due anni di latitanza; Onofrio Barbieri, di 41 anni; Francesco Salvatore Fortuna, di 41; Salvatore Mantella, di 47; mentre risulta ancora latitante il 47enne Pasquale Bonavota, già colpito da numerosi ed altri gravi provvedimenti ristrettivi.

LE INDAGINI

Al risultato di oggi si è giunti grazie alle indagini eseguite dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia, coordinate dal sostituto procuratore Andrea Mancuso.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, in quella sera primaverile, Domenico Belsito era appena sceso dalla sua autovettura nei pressi di un noto bar di Pizzo, quando lo raggiunse una raffica di colpi di pistola con i sicari che si dileguarono poi a bordo di un’autovettura, risultata rubata e ritrovata, ancora in fiamme, a pochi chilometri di distanza, nei pressi di una masseria.

La vittima, dopo alcuni giorni di agonia e nonostante i tentativi disperati dei sanitari dell’Ospedale Civile di Vibo Valentia, era deceduta il successivo 1° aprile.

IL MOVENTE

La sentenza di morte sarebbe stata eseguita perché il 34enne, appartenente alla Locale di Sant’Onofrio e già sposato, avrebbe intrattenuto una relazione extraconiugale con la sorella di un altro affiliato.

Il laborioso lavoro investigativo - ricostruito dalla Direzione Distrettuale Antimafia - nonostante il lungo arco di tempo trascorso dall’efferato evento, che scosse all’epoca la tranquilla cittadina napitina, avrebbe dunque individuato nei vertici della stessa Locale Sant’Onofrio i mandanti e negli elementi dell’emergente gruppo criminale di Andrea Mantella, oggi collaboratore di giustizia, gli esecutori materiali del brutale omicidio, maturato nell’ambito di logiche di scambio, finalizzate a sancire l’alleanza tra i due sodalizi ‘ndranghetistici.

La spedizione di morte, infatti, avrebbe fatto seguito, a pochi giorni di distanza, al raid punitivo eseguito da killer della Locale nell’abitazione di Antonio Franzè, di 66 anni, rimasto ferito alla spalla destra da colpi di arma da fuoco, e ritenuto colpevole di avere mancato rispetto a Mantella, sminuendone la reputazione in città.

Anche del tentato omicidio, secondo il richiamato provvedimento giudiziario, dovranno rispondere i soli Mantella, Fortuna e Domenico Bonavota.