Sullo sporco dell’ospedale ci facevano i milioni: arrestati i vertici della società di pulizie

Cosenza Cronaca

Una “rapina” a volto scoperto - tramite raggiri e piani astuti - quella compiuta dalla società aggiudicataria dell’appalto delle pulizie e dei relativi servizi integrativi dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza.

È questo quanto emergerebbe dalla minuziosa attività di indagine - svolta dal 2018 ad oggi - dai Carabinieri e dalle fiamme gialle del capoluogo bruzio, sotto la preziosa guida della Procura cittadina.

Per chiudere il cerchio, all’alba di oggi, le forze dell’ordine hanno fatto scattare l’operazione “Silence” (QUI) ed hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip del Tribunale di Cosenza, nei confronti di funzionari e dirigenti della società, che sono accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato e di frode in pubbliche forniture.

Di pari passo con gli arresti, è stato dato corso al sequestro - nei confronti di un altro indagato - di un ingente patrimonio del valore di oltre 3 milioni di euro.

Nei confronti della società è stato inoltre disposto il sequestro di somme di denaro, nonché declaratoria di incapacità a contrarre con la Pubblica Amministrazione, su cui il Gip si è riservato di decidere all’esito del già disposto interrogatorio del legale rappresentante.

Nello stesso procedimento, la Procura ha richiesto nei confronti dei cinque indagati l’applicazione della misura cautelare interdittiva dal pubblico ufficio per i reati di abuso di ufficio e falso in atto pubblico: anche qui il Gip si è riservato di decidere all’esito dei già disposti interrogatori degli indagati.

LE INDAGINI

I primi passi dell’attività investigativa sono stati mossi nell’aprile 2018, dopo che la Procura aveva disposto un’ispezione igienico-sanitaria nei locali dell’ospedale, eseguita dai militari del Nucleo Operativo della Compagnia di Cosenza e del Nas, insieme a personale dello Spisal di Catanzaro e dall’ispettorato Territoriale Regionale del Lavoro di Reggio Calabria.

IL SEQUESTRO DI REPARTI SPORCHI

Nell’occasione sarebbero emerse delle gravissime carenze igienico-sanitarie, tanto da determinare il sequestro di alcuni locali, sale operatorie e reparti ospedalieri.

Da qui, la stessa Procura ha disposto un approfondimento investigativo sul rispetto delle condizioni contrattuali del bando di gara del 4 maggio 2012, indetto dalla Regione Calabria in relazione ai “Servizi di pulizia e servizi integrativi” presso l’Azienda Ospedaliera bruzia.

L’ulteriore attività investigativa era stata poi delegata ed eseguita dai Finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria e dai Carabinieri della Compagnia locale, con il contributo dell’ispettorato Territoriale del Lavoro e della Vigilanza Ispettiva dell’Inps di Reggio Calabria.

Dal lavoro degli investigatori sarebbe emerso un quadro definito dagli inquirenti “allarmate”, soprattutto dal punto di vista igienico-sanitario, a causa dell’assoluta inadeguatezza, sia sul piano quantitativo che qualitativo, dei servizi svolti dalla società affidataria dell’appalto.

LE PULIZIE “STRAORDINARIE” MAI EFFETTUATE

A ciò si sarebbe aggiunto un presunto indebito arricchimento per la società realizzato attraverso le condotte degli indagati, destinatari della misura cautelare, nei loro ruoli di referenti locali e dirigenti nazionali della società aggiudicataria dell’appalto delle pulizie.

L’ipotesi è che producendo dei dati non veritieri sarebbero riusciti ad ottenere il pagamento di ore di lavoro relative a servizi integrativi e complementari in realtà mai effettuate e per un ammontare di oltre 3 milioni di euro, l’equivalente del sequestro odierno.

IL CONTROLLO MINUZIOSO SU OGNI DIPENDENTE

Particolarmente impegnativa per gli investigatori la ricostruzione dei complessi meccanismi contabili e procedurali, attraverso i quali si sarebbe realizzato l’ipotizzato arricchimento illecito.

In questa attività, si sarebbe rivelato particolarmente prezioso il contributo dell’ispettorato del Lavoro e della Vigilanza Ispettiva Inps di Reggio Calabria, che hanno analizzato manualmente, lavoratore per lavoratore, i dati estrapolati dalle banche dati informative dell’Istituto di previdenza e dell’ispettorato Nazionale del Lavoro, poi comparati con quelli previsti da contratto e le ore pagate dall’azienda pubblica.

Questa lavoro certosino avrebbe portato alla luce un’evidente sproporzione tra le ore di lavoro effettuate dai dipendenti della ditta appaltatrice e quelle effettivamente pagate dall’azienda Ospedaliera.

Le attività investigative – sviluppatesi con intercettazioni telefoniche, copiose acquisizioni di documentazione, escussione a sommarie informazioni del personale medico e degli addetti alle pulizie, attività condotte dai Carabinieri della Compagnia di Cosenza, corroborate da puntuali riscontri contabili e approfondimenti sul contratto stipulato e sui successivi atti amministrativi adottati, a cura dei Finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria – avrebbero fatto emergere altri comportamenti ritenuti rilevanti penalmente e a discapito dell’intera comunità che si sarebbe così ritrovata ad avere i locali dell’ospedale non adeguatamente puliti, per l’inadeguatezza ed insufficienza delle risorse impiegate oltre che per la carente attività di controllo.

LE DENUNCE DEI PRIMARI

Agli atti dell’indagine innumerevoli sono le segnalazioni redatte dei primari dei vari reparti dell’ospedale che contestavano la qualità del servizio reso.

In particolare, gli accertamenti svolti avrebbero evidenziato come le prestazioni di servizi di igiene e cura alla persona rese dalla società privata presso gli Ospedali cosentini, di competenza del personale “Oss”, di fatto venivano svolte anche da personale addetto alle pulizie.

Ne sarebbe dunque conseguito che il personale assunto per espletare servizi di pulizie veniva, almeno in parte, destinato a servizi di assistenza ai degenti, in spregio alle norme di igiene ed in violazione altresì delle norme contenute nel Codice degli appalti che prevedevano l’instaurarsi di un diverso iter amministrativo.

UN “FURTO” DI OLTRE 4 MILIONI

Da un’accurata ricostruzione delle prestazioni pagate per servizi mai resi, da agosto 2014, data di avvio delle condizioni di appalto, a novembre 2018, gli inquirenti hanno stimato l’importo sottratto illecitamente di poco più di tre milioni.

A questa somma va aggiunta quella ulteriore di circa 1,3 milioni di euro determinata da fatture non ancora pagate, in ordine alle quali la società ha avanzato azione civile esecutiva nei confronti dell’azienda ospedaliera.

Parallelamente, sarebbe stata riscontrata anche una responsabilità per gli stessi pubblici ufficiali che, senza controllare in alcun modo l’effettività delle prestazioni rese e neppure la documentazione a supporto dello svolgimento dei servizi espletati, hanno liquidato le fatture per servizi considerati come non resi.

Al riguardo, la Procura cosentina ritiene che il comportamento - penalmente sanzionabile - dei funzionari e dirigenti pubblici indagati, sia nella fase di contrattazione e predisposizione dell’appalto, sia nella esecuzione dello stesso, “sia essenziale ed imprescindibile ai fini della realizzazione dell’illecito arricchimento in contestazione”.

“Gravi, univoci e concordanti” sono ritenuti dalla Procura gli elementi accusatori, tanto da avanzare la richiesta interdittiva su cui il Gip, all’esito del già disposto interrogatorio, dovrà pronunciarsi.