Spirlì: “Non torno indietro, sono io a meritare le scuse”. E la Santelli getta acqua sul fuoco

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Nino Spirlì

Non ha intenzione di chiedere scusa Nino Spirlì, vice presidente della Regione Calabria, finito nell0occhio del ciclone dopo le polemiche scaturite dalle discutibili affermazioni per aver rivendicato termini, come 'ricchione', 'negro' e 'zingaro', parlando anche di 'lobby frocia', durante un convegno della Lega a Catania.

Interpellato dall’agenzia Adnkronos prima di fare il suo ingresso nel tribunale di Catania, Spirlì ha difeso “il diritto di dire tutte le parole anche se poi non le dico”. Ma è andato oltre, ha infatti affermato di dover ricevere le scuse perché stasolo dicendo che ci sono parole che vanno tutte quante tutelate, usarle è a discrezione delle persone, ma non si può vietare agli italiani di usare il dizionario, vale per 'ricchione' e tutti gli altri termini”.

Spirlì, come lui stesso afferma, sarebbe finito in una sorta di trappola, dal momento che “si vuole cancellare parte della cultura italiana, le parole possono avere anche un significato pesante, ma è una cosa discrezionale, compete alla persona. Altrimenti si arriva a un dizionario che permette l'utilizzo di solo 200 parole, quelle che piacciono al regime”.

“Se mi dicono 'ricchione' - prosegue con l'AdnKronos - non lo sento dispregiativo, se me lo dicono in maniera tranquilla, tra amici capita spesso, per gioco, di dirselo, 'ricchio', come stai?', magari tra eterosessuali, il problema non è la parola, ma l'intenzione, l'eventuale violenza. È come dire che gli spaghetti alla puttanesca non si possono fare, perché si offendono le prostitute”, ha provato a spiegare usando una metafora gastronomica. Prosegue poi affermando che “non possiamo rinunciare a una parte della nostra identità, la lingua è il massimo strumento di identità di un popolo”.

Acqua sul fuoco anche da parte della presidente della Regione, Jole Santelli, che, interpellata da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro nel corso della trasmissione su Radio Rai 1 “Un giorno da pecora” ha finito per difendere il suo vice. “Nino ha fatto generalmente riferimento alla dittatura del politically correct. Essendo un autore televisivo ed un artista, credo che abbiano forzato un po’ la mano con le sue dichiarazioni. Io non capisco perché non si possa dire “nero”. Credo che abbia utilizzato una frase ideomatico-linguistica calabrese. Nino è una delle persone più colte che io conosca e capita a volte che come artista sia sopra le righe”