Saracena: intitolata strada a Filippo Di Benedetto, lo Schindler calabrese in Argentina

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L’amministrazione comunale di Saracena ha deciso di intitolare una strada a Filippo Di Benedetto, lo Schindler calabrese in Argentina. Di Benedetto, nativo di Saracena dove negli anni tra il 1947 e il 1949 ha ricoperto il ruolo di sindaco del PCI, è stato sindacalista e paladino dei diritti umani. A lui l'amministrazione ha intitolato una strada nei pressi della piazza principale del borgo che è stata ufficializzata - dopo l'ok della Prefettura - con una semplice ma partecipata cerimonia.

“Avevamo detto che volevamo fare della memoria un tassello importante per il racconto delle figure che hanno portato alto il nome di Saracena in Italia e nel mondo e così abbiamo fatto. Dopo la celebrazione dello scorso anno della figura di Di Benedetto che abbiamo anche raccontato a tanti studenti della nostra cittadina ma anche della Calabria intera, aggiungiamo oggi l'intitolazione della strada alla sua persona come impronta perenne per la nostra comunità della sua figura che ci tramanda il valore dell'uomo, il rispetto della diginità, la coerenza della responsabilità”, ha detto il Sindaco Renzo Russo alla cerimonia alla quale ha preso parte anche il figlio Claudio, il vice sindaco di Saracena Biagio Diana e gli assessori Rosanna Propato, Franco Gagliardi ed il capogruppo di maggioranza, Andrea Forte.

Di Benedetto nei primi anni cinquanta è andato in Argentina, a Buenos Aires, dove ha esercitato il lavoro di ebanista ma ha continuato a coltivare la sua passione più grande: la politica, diventando il referente ufficiale del Partito Comunista Italiano in Argentina. Il sindacato, tra le fila della Inca Cgil, lo vide impegnato come responsabile del patronato e poi come presidente della Filef, la Federazione Lavoratori Emigranti e Famiglie. Negli anni in cui in Argentina i militari hanno preso il potere, Di Benedetto è diventato figura di primo piano tra gli emigrati italiani nel paese dei gauchos.

Quando la giunta golpista ha iniziato a mostrare la sua ferocia anche molti italiani sono stati oggetto della repressione militare, basti pensare che 1976 al 1978 sono state presentate più di 1600 denunce all’ambasciata italiana di Buenos Aires, riguardanti persone scomparse con passaporto italiano. Di Benedetto ha avuto il coraggio di sfidare uno dei regimi più violenti della storia dando rifugio ai braccati, ha preparato passaporti falsi, fornito biglietti aerei, accompagnato molti connazionali in aeroporto per permettergli di ritornare in patria e salvarsi dalle oppressioni o addirittura dalla morte. Le vicende di aiuto agli italiani in Argentina hanno poi fatto incontrare Di Benedetto con Enrico Calamai, viceconsole italiano a Buenos Aires e Gian Giacomo Foà, giornalista del Corriere della Sera.