Il brigantaggio nelle Calabrie tema di un incontro promosso da Anassilaos a Reggio

Reggio Calabria Tempo Libero

Il brigantaggio nelle Calabrie: fra legittimismo e rivendicazione sociale (1860-1870)” è stato il tema dell’incontro promosso dall’Associazione Culturale Anassilaos, congiuntamente con lo Spazio Open e con il patrocinio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria, presso lo Spazio Open disponibile sul sito facebook di Anassilaos e su You Tube a partire da mercoledì 22 giugno.

Relatore il dott. Fabio Arichetta, socio della sopra citata Deputazione di Storia Patria della Calabria nonché della Società Napoletana di Storia Patria e dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Il Brigantaggio si manifestò in Calabria sin dalla seconda metà del 1400.

Nel XVI secolo tale fu l’allarme suscitato dalla sua diffusione, che anche per questo motivo, oltre che per l’importante incremento demografico, il Vice regno spagnolo decise di istituire un’ulteriore Regia Udienza da collocare a Catanzaro o a Reggio Calabria, oltre a quella già presente a Cosenza per svolgere funzioni giurisdizionali di tribunale d’appello e di tutela e monitoraggio dell’ordine pubblico a livello periferico.

Durante l’incontro è stato evidenziato come il brigantaggio calabrese, nei diversi periodi storici, abbia sempre mantenuto una relazione ambigua con la Corona, che in determinati momenti, con indulti e amnistie, incentivava l’arruolamento nelle milizie, mentre in altri operava feroci repressioni del fenomeno. I briganti, infatti, vennero arruolati dal Cardinale Ruffo contro la Repubblica Partenopea e, nel successivo decennio francese, per contrastare napoleonici e murattiani.

Dopo la II Restaurazione, il brigantaggio fu perseguito con forza da Ferdinando I e, poco prima dell’Unità d’Italia, anche da Francesco II. Dopo l’Unità d’Italia il legittimismo borbonico cercò, nella provincia di Reggio, dove era maggiormente radicato, di raccordarsi con il brigantaggio locale, attraverso la figura del Generale Carlista Borjes. I risultati conseguiti furono tuttavia irrisori. Ciò soprattutto perché i briganti, male armati e sostanzialmente dediti alla commissione di reati, non si presentavano come un gruppo militarmente preparato alla lotta e politicamente motivato. A ciò si aggiunse un’azione repressiva militare e politica da parte del governo che spense ogni rigurgito legittimista nella provincia di Reggio, al punto che questo territorio fu escluso dall’applicazione della legge Pica tra 1863 ed il 1865.

Il governo, inoltre, si sforzò di portare avanti un’attenta azione politica, volta a evidenziare i pregi del nuovo regno e la speranza che infondeva attraverso la partecipazione dei deputati calabresi ai lavori parlamentari e l’avvio delle prime opere a carattere viario e infrastrutturale sul territorio. Per quanto riguarda l’aspetto della rivendicazione sociale, a parere dello studioso, tale aspetto è considerato non rilevante dalla nuova storiografia che ha superato l’interpretazione del brigantaggio come momento di rivendicazione sociale. Al contrario, proprio il mondo contadino fu il primo a pagare il prezzo più alto al brigantaggio in termini di danni e costrizioni.