Operaio morto infilzato da un muletto, a processo il datore di lavoro

Catanzaro Cronaca
Roberto Mancuso

Aveva riferito che a condurre il muletto fosse il suo dipendente rimasto vittima dell’ennesimo incidente mortale sul lavoro. In realtà non solo quel mezzo - da cui l’operaio rimase orribilmente infilzato - lo avrebbe guidato il suo datore di lavoro, ma questi ne avrebbe anche causato la morte per grossolana e macroscopica imprudenza, negligenza e imperizia” - usando le parole del Pubblico Ministero - ed impartendogli un ordine che l’avrebbe esposto a un pericolo gravissimo, purtroppo concretizzatosi.

Dopo due lunghi anni, si avvicina l’ora della giustizia per i familiari di Roberto Mancuso, il 42enne di Sorbo San Basile, nel Catanzarese, deceduto in seguito a un infortunio avvenuto presso l’azienda agricola Muraca, a Gimigliano, il 13 agosto 2019 (LEGGI QUI).

Gli anziani genitori e alcuni fratelli della vittima, che ha lasciato anche la moglie e quattro figli, attraverso un consulente personale, Giuseppe Cilidonio, si sono affidati e sono assistiti da una società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini.

In relazione alla richiesta di rinvio a giudizio da parte del Pm della Procura di Catanzaro, Andrea Giuseppe Buzzelli, titolare del fascicolo per omicidio colposo a carico del titolare dell’azienda, che produce conserve, Antonio Muraca, 35 anni, di Cicala, il Gip Teresa Guerrieri, con atto del 13 maggio, ha fissato per il prossimo 10 novembre, alle 9.30, nel palazzo di giustizia di viale Argento, l’udienza preliminare di un processo dal quale i congiunti della vittima si attendono una “pena esemplare” e anche che sia ristabilita la verità.

Inizialmente, infatti, avevano testimoniato tutti, colleghi compresi, che fosse Mancuso a movimentare quel carrello elevatore che si è ribaltato, ma la famiglia ha messo in dubbio fin da subito tale circostanza, anche in ragione del fatto che il mezzo aveva una griglia di protezione anche in caso di cappottamento e che avrebbe protetto il conducente, il quale invece era stato infilzato alla schiena dalle lame delle forche del macchinario.

Alle fine le istanze e i solleciti alla Procura per fare piena luce sui fatti hanno ottenuto risposta. Il Pm ha disposto una perizia cinematica per ricostruire la dinamica del sinistro chiedendo anche al consulente medico legale che aveva effettuato l’autopsia un approfondimento specifico sulle inclinazioni dei fendenti.

Da quanto appreso, quindi, non vi sarebbe stato l’operaio alla guida ma il suo datore di lavoro in persona, che è stato quindi iscritto nel registro degli indagati.

A conclusione delle indagini preliminari la posizione del giovane imprenditore agricolo appare ulteriormente aggravata dalla ricostruzione della dinamica del sinistro.

Muraca, “alla guida del carrello elevatore”, scrive il Sostituto procuratore nella richiesta di rinvio a giudizio, “nel tentativo di raggiungere un’area di deposito situata in cima a un salita del cortile pertinenziale dell’azienda, si è ribaltato andando a colpire con le forche del macchinario - bloccate in alto per evitare che fossero di intralcio alla manovra di accelerazione necessaria ad affrontare la salita - da tergo, all’altezza del fianco destro, il suo dipendente”.

Lavoratore al quale, aggiunge il Pm, “aveva precedentemente dato disposizioni di appoggiarsi sulla parte anteriore del macchinario per fungere da carico, in modo da aumentare l’aderenza e la trazione del mezzo”.

La tesi è che così facendo il titolare abbia procurato al dipendente un “emoperitoneo traumatico massivo con perforazione traumatica del peritoneo e dell’intestino, nonché emotorace con fratture costali multiple, lesioni che nell’arco di pochi minuti ne hanno causato il decesso per shock emorragico”.

Muraca dovrà rispondere anche di alcune violazioni riscontrate dallo Spisal in occasione del sopralluogo nell’azienda e delle indagini condotte dopo l’infortunio mortale, in ordine alla presunta mancata dotazione del personale dei dispositivi di protezione individuale e di attrezzature adeguate, all’informazione e alla formazione dei dipendenti, alla non conformità dei luoghi di lavoro, carenti di segnaletica di sicurezza e di avviso, soprattutto nelle zone di pericolo.

Violazioni in ordine alle quali - conclude Buzzelli - lo Spisal impartiva le prescrizioni di legge, rimaste del tutto disattese”.

Nel 2019 in Italia (dati Asaps) sono morte 146 persone per incidenti con mezzi agricoli e 217 sono rimaste ferite seriamente.