La scalata della ‘ndrangheta in Trentino dagli anni ’90 ad oggi: schiaffo alla “locale” di Bolzano

Reggio Calabria Cronaca

Se qualcuno avesse ancor qualche dubbio sulla capacità di infiltrazione della ‘ndrangheta in territori dell’estremo nord del paese, di certo l’operazione di stanotte, denominata Freeland (QUI), non potrà che levare ogni perplessità.

La criminalità calabrese è riuscita addirittura a “contaminare” il lontano Trentino Alto Adige, e non da oggi, non da un anno, ma da quasi 30 di anni.

Almeno così ritengono gli investigatori della squadra mobile di Trento che insieme ai colleghi dello Sco, hanno indagato sulla presenta di una cosiddetta locale di ‘ndrangheta proprio a Bolzano.

E nemmeno una locale qualunque: emanazione, seppur con ampi margini di autonomia, della ‘ndrina reggina degli Italiano-Papalia di Delinauova, rispettava pedissequamente le regole condivise e dal senso di comune appartenenza ad un corpus più ampio facente capo al cosiddetto e temuto crimine di Polsi.

All’alba di questa mattina la parola fine ce l’hanno così messa gli inquirenti, che su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica trentina hanno fatto scattare le manette per venti persone, finite tutte in carcere, e ritenuti a vario titolo associati alla ‘ndrangheta.

A tutti vengono ora contestati l’associazione mafiosa, l’estorsione, il sequestro di persona, l’illecita vendita di stupefacenti, la detenzione illegale di armi ma anche la bancarotta fraudolenta, la contraffazione di documenti e il favoreggiamento.

Le indagini, come accennavamo condotte dalla Mobile e dal Servizio Centrale Operativo della polizia, sono partite nell’estate del 2018, dopo alcune dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che asseriva di essere a conoscenza dell’esistenza di un “locale da anni attivo a Bolzano.

Le investigazione hanno poi confermato il suo racconto aggiungendo anche altri dettagli che hanno permesso di svelare l’esistenza addirittura dagli anni novanta della filiale della criminalità calabrese in Trentino.

LA SCALATA CRIMINALE

Nel corso degli anni si sarebbe consolidato nella regione, compiendo una vera e propria scalata criminale, scalzando la criminalità locale nella gestione del traffico di droga e divenendone un punto di riferimento per l’approvvigionamento.

Nel corso delle indagini e in più d’una occasione gli indagati hanno fatto riferimento finanche a contatti con i cartelli colombiani per la fornitura della cocaina. Inoltre sono stati sequestrati diversi carichi di stupefacente proveniente dalla Calabria e diretti a Bolzano; uno di quest’ultimi intercettato anche a Trento prima che potesse raggiungere l’Alto Adige.

Le indagini avrebbero quindi permesso di evidenziare come la compagine ndraghetista altoatesina, una volta divenuta egemone nella gestione delle piazze di spaccio, abbia stretto alleanze anche con la criminalità locale e del Triveneto, utilizzata per lo smercio della droga e per l’approvvigionamento di armi.

Tra gli arrestati, indiziati di concorso esterno in associazione mafiosa, vi sono anche due soggetti originari di Bolzano, rispettivamente di 32 e 45 anni, così come di Padova e Treviso, finiti anch’essi in carcere questa notte.

Inoltre, si sarebbe scoperto come la locale avesse anche contatti con soggetti rom, al punto da farli figurare come lavoranti in una ditta di costruzioni per garantirgli i benefici alternativi alla detenzione.

La pervicacia ed allo stesso tempo la pericolosità del gruppo calabrese stanziatosi in Trentino si rivelerebbe non soltanto nell’ambito delle attività strettamente criminali, ma anche con una intensa infiltrazione nel tessuto economico altoatesino, in particolare nel settore edile e della ristorazione.

IL CAPO E I FRATELLI CALABRESI

Al vertice si ritiene vi fosse un sessantenne originario di Delianuova ma da molti anni residente a Bolzano, titolare di una ditta di costruzioni e di un bar, quest’ultimo che sarebbe stato utilizzato per gli incontri tra gli esponenti della stessa locale.

A quest’ultimo, in aggiunta ad una serie di reati tra cui l’associazione mafiosa, il traffico di droga e la detenzione illegale di armi, è stata contestata anche la bancarotta fraudolenta.

Secondo gli inquirenti si sarebbe appropriato indebitamente del denaro di una ditta di costruzioni, di cui era amministratore, e dichiarata fallita dal Tribunale, e pertanto sottoposta a procedura concorsuale per garantire i creditori, impedendo che quest’ultimi vedessero soddisfatti i loro crediti.

Allo stesso modo tra i presunti compartecipi dell’associazione risulterebbero due fratelli calabresi, di 65 e 57 anni, da anni residenti in Alto Adige e titolari di un bar e pizzeria nel capoluogo altoatesino.

LE ESTORSIONI ED IL SEQUESTRO DI PERSONA

Nel corso delle indagini sono state scoperte anche delle estorsione ad un meccanico di Bolzano e un sequestro di persona subito da un ristoratore.

Entrambi gli episodi, il primo addirittura per evitare di pagare una riparazione e l’altro per riscuotere un presunto debito, confermerebbero le modalità e la forza intimidatoria raggiunta gruppo e tipiche delle ‘ndrine calabresi.

Proprio i legami con quest’ultime, in primis gli Italiano-Papalia ma anche i “Barbaro-Papalia”, egemoni a Platì e con ramificazioni fino a Buccinasco, in provincia di Milano; e gli “Alvaro-Macrì-Violi” di Sinopoli, sarebbero stati una costante per la locale di Bolzano e per finalità che riguardavano il traffico di droga ma anche il reperimento di armi da avere a disposizione in Trentino.

Esponenti di ‘ndrine calabresi della fascia ionica e tirrenica reggina sono stati anch’essi raggiunti dagli arresti eseguiti questa notte dalla Polizia di Stato anche in Calabria.