Confiscato il patrimonio del “chirurgo delle cosche”, cautelati beni per 25 milioni

Reggio Calabria Cronaca

Arriva la confisca per i beni riconducibili a Francesco Cellini, medico chirurgo finito nelle maglie degli inquirenti un paio di anni fa e che gli avevano allora contestato che nella sua clinica privata avesse fatto ricoverare persone legate alla ‘ndrangheta - tra cui ed anche due importanti latitanti - permettendogli così di accedere a trattamenti penitenziari “meno afflittivi” rispetto al carcere.

Stamani la Guardia di Finanza reggina, con l’aiuto dei colleghi dello Scico, il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata e sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia (diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri), hanno eseguito infatti un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale locale (presieduta da Ornella Pastore), su richiesta dell’Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Walter Ignazitto.

La misura ha così portato a cautelare l’ingente patrimonio del medico, che è stimato in un valore di circa 25 milioni di euro. A Cellini, inoltre, è stata riconosciuta “la pericolosità sociale qualificata” dovuta alla sua presunta contiguità alla ‘ndrangheta; e quella “generica”, poiché gli si contestano anche delle attività illecite in materia fiscale e tributaria. Il professionista, così, è stato sottoposto alla Sorveglianza Speciale con obbligo di soggiorno.

IL PRESUNTO PROFILO CRIMINALE

Per gli investigatori la figura definita “criminale” del chirurgo emergerebbe nell’ambito di alcune inchieste antimafia. In particolare viene citata l’operazione “Sansone” (QUI) - condotta dai Carabinieri - e nel corso della quale lo stesso, all’epoca medico responsabile e legale rappresentante della cooperativa Anphora, che gestiva la clinica “Nova Salus” di Villa San Giovanni, sarebbe risultato in rapporti con Pasquale Bertuca, considerato il boss dell’omonima cosca di ‘ndrangheta.

L’ipotesi è che Cellini, come accennavamo all’inizio, abbia dato la sua disponibilità al ricovero nella stessa struttura sanitaria di soggetti mafiosi a questi vicini.

Nell’ambito di un’altra operazione, la “Meta” (QUI), eseguita dai Ros dei Carabinieri, sarebbero invece emersi dei rapporti tra il medico ed il boss calabro-milanese Giulio Giuseppe Lampada e con il politico Alberto Sarra.

La tesi è che insieme a quest’ultimi avesse progettato la costruzione - comunque mai avvenuta - di una clinica all’interno di una proprietà di Lampada nella frazione di Gallico.

LE CURE AI LATITANTI E AL FERITO IN UN AGGUATO

A Cellini però, si imputano anche diversi casi di presunta evasione fiscale, così come reati di falso in bilancio e di emissione di fatture per operazioni inesistenti, finalizzate al reimpiego di proventi illecitamente acquisiti.

Fatti questi che emergerebbero da alcune verifiche eseguite dalle fiamme gialle tra il 2002 e il 2011 nei confronti della cooperativa “Anphora”.

Nel tutto si inseriscono poi le dichiarazioni rese da più collaboratori di giustizia - ed in particolare e da ultimo quelle di Giuseppe Liuzzo -, che per gli investigatori dimostrerebbero dei collegamenti tra Cellini e la ‘ndrangheta e risalenti già ai primi anni novanta, quando il professionista avrebbe effettuato delle prestazioni sanitarie agli allora latitanti Pasquale e Giovanni Tegano e a Vincenzo Zappia quando questi rimase ferito durante un agguato a colpi d’arma da fuoco.

IL PRIMO SEQUESTRO DI BENI

Alla luce di queste risultanze, la Dda di Reggio Calabria aveva delegato delle indagini finalizzate ad accertare l’eventuale pericolosità sociale del medico e a ricostruirne il patrimonio e quindi verificare se questo fosse derivato da attività illecite.

Le investigazioni economico-patrimoniali avevano portato a ricostruire il complesso dei beni di cui Cellini e la sua famiglia disponessero sia direttamente che indirettamente e nell’ultimo trentennio.

Secondo gli inquirenti, quindi, vi sarebbe stata una sproporzione tra il profilo reddituale e quello patrimoniale, motivo per il quale, nel 2018, il Tribunale, sempre su richiesta della Dda, aveva già sequestrato la società “Anphora Scarl”, che gestiva la nota clinica “Nova Salus”; la “Nuova Anphora Srl” e la “Nuova Salus Srl in liquidazione”, tutte di Villa San Giovanni e attive nel settore sanitario-riabilitativo, affidandone la gestione ad amministratori giudiziari (QUI).

IL DOMINUS OCCULTO

Nel dettaglio, nel corso degli accertamenti, i Gico appurarono come Cellini, definito esclusivo dominus occulto” delle società appena citate, e nelle cui compagini figuravano, invece, soggetti terzi e conviventi, ovvero legati da vincoli di parentela o fiduciari, avesse impresso alla gestione una “connotazione clientelare” stabile, “strumentale e condizionata alle volontà degli esponenti apicali della ‘ndrangheta reggina”, tale che le aziende sono state poi ricondotte dal Tribunale nel genus delle “imprese mafiose” poiché considerate fortemente caratterizzate dall’asserita “contiguità ‘ndranghetistica” del medico.

Attraverso degli accertamenti bancari sulle movimentazioni di decine di conti corrente, i Finanzieri hanno rilevato, nel corso degli anni, l’utilizzo ritenuto illecito e promiscuo, da parte di Cellini, di cospicue risorse finanziarie prelevate dalle casse sociali per essere reimpiegate, a fini personali – come ad esempio per l’acquisto di immobili – e quindi sottraendole ai creditori.

Quanto alla liceità dei redditi prodotti dal professionista e dalla famiglia, e sempre secondo gli specialisti del Gico, a partire dal 2000 - i redditi erogati a favore del medico dal Servizio Sanitario Nazionale, sarebbero stati percepiti in “costanza di una condizione di incompatibilità, in violazione dei particolari vincoli stabiliti dalla normativa di categoria” pertanto, ai fini della ricostruzione della capacità economico-patrimoniale, sarebbero da considerarsi “frutto di illecito”.

LE IMTIMIDAZIONI AI DIPENDENTI

Altri approfondimenti patrimoniali avrebbero poi portato alla luce la presunta riconducibilità indiretta a Cellini di altri cespiti intestati a terzi che, pur costituitisi in giudizio, non dimostrerebbero “l’estraneità al complessivo programma illecito del proposto”, sostengono sempre gli investigatori.

Risulterebbero poi degli atti di donazione ai familiari conviventi di cespiti che - ritenuti frutto di sottrazione di risorse dalle casse delle società - il Tribunale ha dichiarato nulli, poiché “preordinati all’elusione della misura di prevenzione patrimoniale”.

Da ultimo, e dopo il sequestro del 2018, Cellini, esautorato dalla gestione della clinica, si ritiene nel tentativo di mantenerne comunque il controllo, avrebbe intimidito i dipendenti che erano collaborativi con l’Amministrazione Giudiziaria e così da boicottarne la gestione, venendo così denunciato e rinviato a giudizio per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

IL PATRIMONIO “SIGILLATO”

Pertanto, con il provvedimento di oggi, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, ha condiviso l’intera ricostruzione economico-patrimoniale e le argomentazioni formulate dalle fiamme gialle, anche in sede di controdeduzioni alle memorie e perizie tecniche presentate dai legali del medico, e ha così disposto a sui carico la confisca dell’intero compendio aziendale (comprensivo delle quote e di 13 immobili) delle società “Anphora Cooperativa Sociale”, compresa la clinica “Nova Salus”; della “Nuova Anphora” e “Nova Salus in liquidazione”; di due fabbricati a Villa San Giovanni e uno a Scilla (RC), e di rapporti bancari, polizze assicurative e disponibilità finanziarie.

Come dicevamo Cellini è stato sottoposto alla Sorveglianza Speciale con obbligo di soggiorno e per quattro anni, provvedimento motivato, secondo quanto scrive il magistrato, dal fatto che “attraverso svariate condotte perpetratesi senza soluzione di continuità dal 1988, è risultato aver usufruito dell’appoggio, della protezione, della sovvenzione economica e della sponsorizzazione delle cosche Tegano, Bertuca e Serraino, senza tralasciare relazioni più o meno occulte con appartenenti alla zona grigia, sfruttando le sue conoscenze nella società civile e negli ambienti politici”.

Inoltre, sempre per il medico e anche per i suoi conviventi, è stato disposto il divieto, in via anticipata, e come previsto dalla normativa antimafia, di ottenere licenze o autorizzazioni, concessioni, erogazioni, abilitazioni, iscrizioni in pubblici registri, e in elenchi di fornitori di beni e servizi riguardanti la Pubblica Amministrazione, e la sospensione della relativa efficacia.