Lamezia. Don Pino Latelli riflette sulla solitudine nei Riti della Settimana Santa

Catanzaro Attualità
Don Pino Latelli- Diocesi Lamezia Terme

Quest’anno la chiesa ha vissuto la Settimana Santa in modo veramente singolare a causa dell’emergenza sanitaria internazionale che ha determinato la celebrazione dei riti pasquali senza la presenza fisica di fedeli e a porte chiuse nel rispetto delle stringenti regole imposte per il contenimento della diffusione del virus. Su questa desolante novità ha riflettuto don Pino Latelli, parroco in solido della Chiesa del Carmine di Lamezia Terme, che ha dato una sua chiave di lettura a questa inedita realtà caratterizzata da tanta solitudine.

«Comunque – ha chiarito don Pino – sia la Santa Sede che la nostra Diocesi di Lamezia Terme hanno cercato di «superare il senso di solitudine dando ai fedeli la possibilità di unirsi in preghiera nelle loro case e seguire le cerimonie religiose attraverso dirette televisive e in streaming nei giorni feriali, nelle domeniche e nei giorni in cui la chiesa celebra il Mistero centrale della vita di Gesù: la Passione, la Morte e la Resurrezione di Gesù. Prezioso il sussidio curato dall’Ufficio Liturgico Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana che ha dato la possibilità di vivere in famiglia la Settimana Santa e il triduo Pasquale. La chiesa – ha continuato - avrebbe desiderato celebrare la Pasqua, che è il passaggio dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, con la partecipazione del popolo come è sempre stato ma, purtroppo, noi sacerdoti ci siamo trovati a celebrare i divini misteri soli e senza il concorso del popolo».

La chiesa vuota genera, senza dubbio, un senso di solitudine, di disagio e di tristezza, sentimenti che vengono però superati dalla consapevolezza che sull’altare i sacerdoti non sono soli essendo spiritualmente accanto a loro tutta la comunità.

«Nella celebrazione della messa, in questi tristi giorni di prova, - ha sostenuto don Pino - avvertiamo ancora di più la presenza della chiesa intera che a gran voce e all’unisono eleva con insistenza il grido di sofferenza e di aiuto a Dio perché ponga fine a questa terribile epidemia. Anche le campane hanno continuato a suonare per ricordarci che, seppure lontani, siamo sempre uniti nella preghiera».

«La nuova esperienza, imposta dal virus, è stata vissuta anche dal Pontefice nel corso della Adorazione Eucaristica il venerdì che –ha aggiunto il religioso - ha preceduto la Settimana Santa quando, in una piazza San Pietro vuota e in un silenzio assordante, ha raccolto l’angoscia e il grido disperato dell’intera umanità atterrita dalla paura e dall’angoscia presentandoli alla misericordia del Padre per chiedere la fine della pandemia. Papa Francesco, in quella solitudine diventata comunione con il mondo intero nelle drammatiche difficoltà del presente, avrà certamente avvertito nel suo animo che, spiritualmente, tutti gli uomini, con il peso della sofferenza e con il volto bagnato da lacrime di dolore, eravamo lì, in quella piazza deserta, accanto a Lui, stretti in un unico straordinario abbraccio. Eravamo tutti in quella piazza deserta anche Venerdì Santo quando il Papa ha stretto a sé, poggiandola sul suo capo, la Croce consegnata da un infermiere nell’ultima stazione della Via Crucis. In questo semplice ma eloquente gesto di intimità e di abbandono fiducioso a Gesù crocifisso, Papa Francesco, visibilmente commosso, ancora una volta ha fatto sentire la sua vicinanza e il suo amore al popolo di Dio, abbracciando il dolore e la sofferenza del mondo in particolare dei crocifissi del nostro tempo di pandemia. Sono convinto che piazza San Pietro non sia mai stata così piena come in queste due circostanze e “anche la luna – come affermò San Giovanni XXIII nel discorso sulla luna pronunciato l’11 ottobre 1962 dalla finestra del palazzo Apostolico – si è affacciata dal cielo a guardare a questo spettacolo”. E’ la stessa esperienza del nostro Pastore Giuseppe Schillaci che, in un giorno triste che rimarrà impresso nella nostra memoria, si è recato al Cimitero di Lamezia Terme per pregare per le vittime del coronavirus: nella solitudine di quel mattino, avrà sentito nel profondo del cuore che l’intera chiesa di Lamezia gli era vicino con l’affetto e la preghiera. E’ la stessa esperienza del Papa, dei vescovi, del nostro vescovo Giuseppe e dei sacerdoti vissuta anche nella celebrazioni della Settimana Santa: pur celebrando in chiese vuote abbiamo sentito il conforto dall’unione spirituale del popolo di Dio. Coraggio, dunque, andiamo avanti insieme, in questa difficile situazione, vivendo con fede il dono della comunione spirituale uniti nella preghiera. Sostenuti dall’esempio di Papa Francesco e del nostro Pastore Giuseppe Schillaci,- conclude il sacerdote – lasciamo che il nostro cuore sia illuminato dalla luce Pasquale e, specialmente noi sacerdoti, portiamo il profumo di Cristo risorto nelle situazioni di povertà, di solitudine e di dolore che tanti uomini e donne stanno vivendo in questo drammatico tempo di pandemia».