A far shopping invece di lavorare, chiuse le indagini per 22 dipendenti pubblici

Reggio Calabria Cronaca

Chiuse le indagini per 22 dipendenti pubblici della città metropolitana di Reggio Calabria accusati di truffa aggravata ai danni dell’ente di appartenenza.

La Guardia di Finanza - coordinata dalla Procura dello Stretto, diretta da Giovanni Bombardieri - ha notificato difatti l’avviso nei confronti dei lavoratori ritenuti assenteisti dopo le investigazioni eseguite dai militari sotto la direzione dell’Aggiunto Gerardo Dominijanni e del Sostituto Paolo Petrolo.

Oltre tre mesi di riprese video e di servizi di osservazione, pedinamento e controllo, eseguiti nell’ambito dell’operazione denominata “Via Vai”, avrebbero consentito di smascherare la presunta truffa ai danni dell’Ente da parte dei dipendenti pubblici che, secondo gli inquirenti, tramite quello che definiscono “un collaudato sistema basato su favori reciproci ed espedienti” avrebbero attestato la loro presenza al lavoro negli uffici di appartenenza, riuscendo però ad assentarsi indisturbati ed anche per diverse ore al giorno.

Alcuni impiegati, addirittura, non avrebbero neppure fatto ingresso nella sede, sebbene figurassero regolarmente in servizio. Un “sistema”, insomma, che per gli investigatori sarebbe stato così pervasivo e diffuso nell’amministrazione da non poter far credere di essere stato realizzato, e nel tempo, se non grazie ad atteggiamenti di complicità tra i singoli indagati. Il tutto per perseguire benefici personali, in un clima di disinteresse cronico per le funzioni pubbliche svolte e di totale assenza di senso del dovere.

L’ipotesi è che i dipendenti attestassero falsamente la loro presenza al lavoro raccogliendo a rotazione più badge e vidimandoli, facendo sì che il solo “vidimatore” entrasse in servizio e che, solo in seguito, arrivassero alcuni degli altri: riuscendo così ad eludere ogni forma di controllo interno.

I militari avrebbero accerto che, in media, ciascun dipendente arrivasse ad assentarsi anche per diverse ore al giorno, su un orario previsto giornaliero di 6 ore di servizio.

Molti impiegati sarebbero arrivati la mattina con oltre 2 o 3 ore di ritardo e senza vidimare la loro presenza: il collega d’ufficio avrebbe, infatti, già provveduto ad attestare per loro l’entrata. Un favore che sarebbe stato poi ricambiato all’uscita dai colleghi “ritardatari”. Così, insomma, diversi impiegati potevano abbandonare, in modo del tutto arbitrario, il loro ufficio e con largo anticipo, senza dover registrare la fine del proprio turno.

Alcuni, addirittura, “coperti” da colleghi, non si sarebbero neppure presentati sul luogo di lavoro, pur risultando regolarmente in servizio.

Con questo stratagemma, in ogni singolo gruppo, ciascun dipendente poteva rimodulare autonomamente la propria giornata lavorativa, assentandosi liberamente e a propria discrezione, per poter così fruire di lunghe pause caffè nei diversi bar della città, o per andare a fare shopping lungo il corso, a fare la spesa o, addirittura, per dedicarsi ad un’altra attività lavorativa.

Diversi indagati, poi, rientravano tranquillamente in ufficio dopo essersi assentati anche per diverse ore con buste della spesa al seguito.