L’usura nella Capitale con la “voce” della ‘ndrangheta. Tre arresti, anche la compagna di un Gallace

Calabria Cronaca

Un presunto giro di usura, estorsione e abusivo esercizio del credito - fortificato forse dall’ombra della ‘ndrangheta - quello scoperto nella Capitale dove, dalle prime luci dell’alba, gli uomini della Questura e della Guardia di Finanza hanno fatto scattare l’Operazione “Recupero” eseguendo due arresti in carcere ed uno ai domiciliari, emessi dal Gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia locale, nei confronti di Umberto Romagnoli, di 73 anni, sua figlia Francesca, di 37 anni, e il “luogotenente” Fabrizio Profenna, di 53 anni.

LE INDAGINI

Gli investigatori, coordinati dalla Dda, ritengono di aver ricostruito numerosi “rapporti usurari che sarebbero stati gestiti dai Romagnoli, e che nel caso di una mancata o ritardata restituzione del denaro, avrebbero estorto, insieme a Profenna, e con minacce e violenza, i crediti che vantavano.

Emblematiche - secondo gli inquirenti - sarebbero in tal senso le parole che avrebbe proferito proprio Umberto Romagnoli:

“…io te pio a bastonate… non è cattiveria… però devi fare la persona seria… io i soldi che c’ho me li sò fatti con l’anni de galera non me li hanno regalati a me”, “…a me quelli grossi mi piacciono perché fate il botto quando cascate”.

Accanto ai due uomini, finiti in carcere, emerge poi la figura di Francesca Romagnoli, figlia di Umberto, per la quale sono stati disposti gli arresti domiciliari.

La donna, che si ipotizza abbia anche partecipato fattivamente ad alcuni episodi di usura, è la compagna di Bruno Gallace, primogenito del più noto Giuseppe Antonio (pregiudicato per associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti ed oggi defunto) e fratello di Vincenzo, considerato un esponente di vertice dell’omonima cosca calabrese di Guardavalle (QUI), da anni stanziata sul litorale romano, soprattutto tra Nettuno e Anzio.

L’operatività dei Gallace come locale di ‘ndrangheta in provincia di Roma emerge in una sentenza del giugno 2018 della Corte di Appello di Roma che ha confermato e inasprito le condanne per associazione mafiosa comminate in primo grado dal Tribunale di Velletri a diversi presunti esponenti del clan.

Secondo gli inquirenti il legame tra i Gallace e i Romagnoli sarebbe stato rimarcato talvolta proprio da Umberto per conferire maggiore forza intimidatoria alle proprie minacce”.

Da quanto ricostruito, i presunti usurai avrebbero imposto dei pagamenti settimanali per il rientro del debito, applicando tassi di interesse del 40% mensile per prestiti fino a 5 mila euro. Superato questo importo il tasso sarebbe stato invece del 10% mensile ma, in questo caso, il pagamento a “capitale fermo”, in quanto le rate non decurtavano il capitale iniziale.

Una vittima, per esempio, per un prestito di 80 mila euro, sarebbe stata costretta a pagarne 8 mila al mese senza che l’importo iniziale venisse ridotto nel tempo. Per estinguere il debito, infatti, l’usurato sarebbe stato costretto a corrispondere l’intera somma presa a prestito più una rata. In caso di ritardi nei pagamenti, poi, sarebbero state applicate delle “multe” fino all’intero importo della rata non corrisposta.

La perfetta sinergia tra il personale della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, armonizzati dalla regia della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, fa dunque ritenere agli investigatori di aver permesso di smantellare definitivamente quello che viene dagli stessi definito come un “agguerrito sodalizio”, liberando dal giogo dell’usura molte famiglie della Capitale.